I musei sono contenitori di opere d’arte che ci permettono di immergerci nel passato. Spesso però non ci rendiamo conto che questi antichi depositi culturali sono giunti fino a noi per volontà di collezionisti e studiosi che hanno speso la loro vita per creare, attraverso le opere raccolte, dei veri e propri percorsi della memoria.
È il caso delle collezioni conservate nel Museo delle Cappuccine di Bagnacavallo o del corpus di ceramiche devozionali del Museo di San Rocco a Fusignano.
Oltre a questo tipo di “raccolte” esiste anche un’altra forma di salvaguardia del passato, che non si limita agli oggetti e alle testimonianze materiali, ma preserva anche valori immateriali, legati a persone o eventi.
Ne sono esempi emblematici il Museo Baracca che restituisce al visitatore la quotidianità dell’eroe dei cieli, Casa Varoli che fa rivivere uno spazio pregno di spirito creativo e la Casa Museo di Vincenzo Monti, casa natale del poeta dove vide la luce anche parte della sua opera letteraria.
Un itinerario di due giorni alla scoperta di 5 tra musei e case-museo del territorio della Bassa Romagna, un angolo di Romagna compreso nell’entroterra di Ravenna che offre tanto da scoprire.
Per vedere il percorso completo su Google maps clicca qui
Museo delle Cappuccine di Bagnacavallo
L’Ordine delle Suore Cappuccine di clausura, presenti a Bagnacavallo fin dal Settecento, ancora nei primi anni Settanta del secolo scorso trovava posto in questo ampio convento. Con il venir meno dell’istituzione religiosa, il Comune acquistò l’intero complesso per destinarlo a polo culturale cittadino. Grazie a importanti restauri l’antico convento poté così ospitare la Biblioteca Taroni e il primo nucleo di opere d’arte di quello che sarebbe diventato, nel 2008, il Museo Civico delle Cappuccine.
Il percorso espositivo è organizzato in diverse sezioni. Una collezione di arte antica, composta prevalentemente da dipinti, abbraccia un arco temporale che va dal XIII secolo alla fine del XIX secolo.
Di grande interesse storico-artistico è poi la sezione dedicata alle arti figurative d’età moderna e contemporanea, tra cui spiccano di due artisti locali, Edgardo Saporetti e Giuseppe Rambelli.
Trait d’union tra primo Novecento e secondo dopoguerra è poi la sezione dedicata al pittore locale Enzo Morelli (1896-1976), che consta di una ventina di dipinti, più di 2.000 tra disegni e acquerelli, nonché l’archivio personale dell’artista con un prezioso fondo bibliografico d’arte.
Vi è poi una notevole collezione di arte moderna e contemporanea di sculture: opere in bronzo, gesso, terracotta e marmo realizzate da alcuni tra i più noti scultori del Novecento, tra cui si segnalano la testina bronzea Enfant juif dello scultore Medardo Rosso e il bassorilievo bronzeo di Giacomo Manzù raffigurante la Deposizione dalla croce.
Dal 1990, inoltre, è allestito un Gabinetto delle Stampe Antiche e Moderne, che conserva una consistente donazione di stampe antiche raccolte dal collezionista di origini bagnacavallesi Emilio Ferroni: oltre un migliaio di opere grafiche da Dürer fino agli autori contemporanei.
Ad essa si affianca il Fondo Incisioni Contemporanee, con una collezione di circa 11.000 fogli acquisiti per donazione dei singoli autori ai quali il museo ha dedicato eventi espositivi.
Nella casa del Maestro Luigi Varoli a Cotignola si è ritrovata e formata un’intera generazione di artisti locali. Ancora oggi queste stanze trascinano il visitatore nell’atmosfera di una casa d’artista, animata da crani di animali, burattini, gessi, strumenti musicali, maschere, fotografie del primo Novecento, ex-voto, crocifissi lignei e mobili antichi. Il misterioso fascino di questo luogo si estende al grazioso giardino.
Insomma, qui si respira il particolare clima culturale che circondava questo artista, una figura per certi versi isolata e profondamente radicata ai suoi luoghi d’origine, attraverso un percorso che mette in luce le differenti tensioni della sua poetica.
In queste stanze anche i dibattiti politici trovavano un palcoscenico favorevole: le idee nuove e l’aspirazione alla libertà erano i temi preferiti. Non è un caso che negli anni bui delle leggi razziali emanate dal governo fascista, proprio tra queste mura molti ebrei poterono trovare la salvezza: un grande gesto eroico, pregno d’impegno civile e umanitario, che ha valso al maestro Varoli il titolo di Giusto fra le Nazioni.
Artista dotato di grande carica umana, ha svolto l’importante ruolo di “conservatore” delle memorie della sua comunità: nella sua casa e nel suo cortile ha raccolto e protetto opere d’arte, arredi, oggetti di uso comune e anche reperti archeologici, parte dei quali custoditi oggi nella nuova sala archeologica comunale.
Il Museo Baracca di Lugo ha sede nell’antica dimora signorile della famiglia d’origine di Francesco Baracca: un edificio ristrutturato nel 1916, nel segno di quello stile eclettico e contaminato da richiami Liberty tanto di moda in quegli anni. La collezione raccoglie documenti, cimeli, arredi e reperti che narrano la vicenda umana dell’eroe dei cieli.
Al piano terra vi è la principale attrazione del museo, l'aereo di Baracca, lo SPAD VII S 2489 di fabbricazione francese (1917), posizionato come a evocare l'idea stessa del volo. E non mancano alcuni cimeli derivanti dagli aerei abbattuti e scelti dallo stesso Baracca a testimonianza delle più moderne tecnologie dell’epoca.
In altre sale l’attenzione si sposta sulla formazione e sulla persistenza del "mito" di Baracca, attraverso lettere, giornali e pubblicazioni diverse. Ci si inoltra poi nella dimensione privata dell'eroe, con la ricostruzione della sua camera da letto e l’esposizione di alcuni oggetti personali, come la raccolta di medaglie, alcuni attestati e riconoscimenti del periodo 1915-18, accompagnati inevitabilmente dalle parole che Gabriele D'Annunzio pronunciò sul suo feretro.
A Baracca la città riserva poi un intero itinerario: dopo la visita al Museo, si prosegue presso il Monumento all'Eroe, progettato e realizzato nel 1936 dallo scultore faentino Domenico Rambelli, giudicato una delle massime espressioni della scultura italiana del Novecento, e si conclude presso il cimitero cittadino, con la Cappella sepolcrale decorata dal lughese Roberto Sella, al cui interno si può ammirare il maestoso sarcofago realizzato dalla fusione del bronzo dei cannoni austriaci del Carso.
Istituito come Museo dall'Amministrazione Comunale di Fusignano nel 2001, il Complesso di San Rocco risale al Cinquecento, costruito come Hospitale dè Pellegrini e divenuto poi Ospedale dei Poveri Infermi, dopo un lungo e laborioso restauro, ospita oggi la collezione permanente di oltre 200 esemplari di targhe devozionali in ceramica da tutt'Italia donate al Comune da Sergio Baroni. Un corpus di immagini e manufatti ceramici prodotti dal XVI al XX secolo che rappresentano una ricca fonte di informazioni per ricostruire la storia della devozione popolare.
Caratterizzate da svariate forme e dimensioni, le targhe sono infatti espressione figurativa della cultura popolare religiosa, tradizionalmente murate sopra le porte d'ingresso, soprattutto in campagna, per propiziare il soccorso della Vergine e dei Santi.
Al primo piano del Museo, l'esposizione è un vero e proprio viaggio attraverso la storia di Fusignano, dalle origini e lo sviluppo del paese attraverso immagini e oggetti significativi.
Immerso nella campagna di Alfonsine, vi è il palazzo dove il poeta Vincenzo Monti nacque e la cui famiglia ne conservò la proprietà fino al 1914.
Vincenzo Monti (1754-1828), massimo esponente del neoclassicismo italiano, traduttore di Omero e di Voltaire, studioso e riformatore della lingua italiana, uomo di cultura a tutto tondo visse in un periodo storico scosso da avvenimenti politici eccezionali e che rifletté, con la parola e il pensiero, il succedersi di tali trasformazioni.
Il percorso museale è ospitato al piano nobile della casa. La Sala della Culla, conserva alcuni arredi d’epoca, mentre nella Sala dei Documenti sono raccolte pregevoli edizioni originali rarissime delle opere del poeta che ripercorrono tutta la sua carriera, e alcune copie di carteggi intercorsi tra Monti e Manzoni e Leopardi.
Infine nella Sala Montiana si costituisce il primo nucleo del Museo del 1928: il prezioso busto marmoreo realizzato da Cincinnato Baruzzi e decorazioni del pittore alfonsinese Marcello Mariani.