La natura incontaminata dell’Appennino Modenese ha sempre racchiuso una grande forza evocativa, diventando un’ambientazione ideale per decine di sorprendenti miti e malinconiche leggende senza tempo.
E così, sulle alle ali della fantasia, un lago si può trasformare nella tomba di eterno amore per due giovani infelici; una grotta in un impenetrabile covo di fate; una radura in un oscuro nascondiglio di spiriti maligni; un masso squadrato in un fantomatico baule del tesoro.
Nelle “fole” popolari (fiabe in dialetto) il reale si confonde spesso con l’onirico: luoghi re-inventati e personaggi immaginari rappresentano il riflesso dell’anima, della morale e del folclore della gente comune, che si è divertita a proiettare nel favoloso le proprie credenze, esperienze e superstizioni.
Siete pronti a tuffarvi nel passato, alla scoperta della tradizione orale frignanese?
Il seguente itinerario si sviluppa lungo la Strada Statale 12 dell’Abetone e prevede 3 semplici camminate adatte a tutti, che vi permetteranno di respirare atmosfere magiche dal fascino intramontabile.
Nota bene: nonostante i trekking suggeriti non siano impegnativi, è assolutamente raccomandato l’uso di calzature tecniche e indumenti adeguati.
Il nostro viaggio inizia da una delle escursioni più belle e suggestive di tutta la collina modenese.
Lasciamo l’auto nel parcheggio di Granarolo, frazione di Serramazzoni facilmente raggiungibile dalla SS12, e seguiamo l’agevole sentiero n°1, addentrandoci nelle fitte foreste.
Dopo circa un chilometro, la rigogliosa vegetazione si apre per accogliere una meravigliosa oasi naturalistica, caratterizzata da rari esemplari di flora appenninica: ecco le cinque spumeggianti cascate del Rio Bucamante, strettamente legate alla fiabesca storia d’amore proibito tra il pastore Titiro e la nobile dama Odina, giovane castellana del vicino maniero di Monfestino.
Incontratisi fortuitamente, i due si innamorarono all’istante e continuarono a vedersi in gran segreto, fino a quando, un giorno, furono sorpresi dalla domestica della damigella. Immediatamente avvertiti, i genitori di Odina la rinchiusero nel fortilizio senza alcuna pietà.
Tuttavia, l’intensa passione non poteva essere repressa per molto tempo: Odina, infatti, riuscì presto a fuggire e a ricongiungersi con il suo adorato Titiro. A quel punto, ricercati, braccati e ormai senza scampo, i due decisero di gettarsi da una delle cascate, indissolubilmente uniti per l’eternità.
Da quel giorno, in omaggio alla disperata vicenda, i pittoreschi salti d’acqua sono chiamati “Buca degli Amanti”, da cui il nome “Bucamante”.
Ripresa la SS12, superata la località Montecenere e poco prima di entrare nel paese di Lama Mocogno, imbocchiamo la via Ponte d’Ercole.
Arrivati all’area di sosta attrezzata, ci avviamo sul sentiero (indicato dai segni bianchi e rossi) che, con moderati saliscendi fra campi coltivati e castagneti, ci porta velocemente nei pressi di un incredibile monolite di roccia arenaria di 33 metri.
Si tratta di un affioramento geologico unico nel suo genere, circondato da boschi in cui sono stati rinvenuti eccezionali resti di interesse archeologico, a testimonianza dell’assidua frequentazione dell’area fin dall’età protostorica.
Da qui passava la settecentesca Via Vandelli: fortemente voluta dal Duca Francesco III d’Este, il tracciato attraversava l’impervio territorio appenninico, collegando Modena a Massa, in Toscana
Ripetutamente associato a fenomeni soprannaturali e misteriosi, in epoca romana il ponte naturale fu attribuito a Ercole, poiché solo una forza eroica avrebbe potuto sollevare un masso talmente pesante.
Nel Medioevo, invece, l’arco divenne opera del diavolo: la leggenda narra di un contadino che, in cambio della propria anima, chiese al demonio di costruirgli un ponte per poter valicare un fosso in piena. Satana acconsentì di buon grado, ma, in una notte buia, durante il trasporto dell’enorme sasso, fu fatalmente attratto da un festoso raduno di streghe.
Quando si accorse del sopraggiungere dell'alba, il diavolo, odiando la luce, dovette fuggire precipitosamente senza lo spirito dell’uomo, abbandonando il ponte nel luogo in cui oggi lo ammiriamo.
L’acqua e l’amore sono gli elementi protagonisti anche dell’ultima imperdibile meta della nostra giornata: a una decina di chilometri da Pievepelago, ci attende a 1501 metri slm lo spettacolare Lago Santo Modenese, incantevolmente adagiato fra il verde delle montagne dell’Appennino Modenese.
Lo specchio di origine glaciale è da sempre al centro di varie “fole” popolari sulla nascita del suo nome. Una delle più ricorrenti riguarda la storia di un pastorello che, mentre pascolava il gregge nei dintorni del lago ghiacciato, vide sulla riva opposta una magnifica giovane, ma non osò avvicinarsi per parlarle.
Nei giorni seguenti, a forza di scambiarsi continui sguardi complici, tra i due sbocciò un amore puro e travolgente: si racconta che, ad un tratto, spinti da un impulso incontrollabile, entrambi cominciarono a correre l’uno verso l’altro sulla fragile superficie gelata, finendo drammaticamente inghiottiti dalle acque, stretti in un ultimo “santo” abbraccio.
Dopo una pausa sulle rive del lago, vi consigliamo di prendere il sentiero CAI 523 (dal parcheggio seguire i segnavia bianco-rossi), che conduce, con una camminata di mezz’ora in leggera salita, all’altrettanto splendido Lago Baccio, da cui si gode di un meraviglioso panorama.