L’Emilia-Romagna cela tra le sue terre un patrimonio archeologico straordinario legato alla presenza degli Etruschi.
Originario dell’antica regione dell'Etruria (l'attuale Toscana e Lazio settentrionale), a partire dall'VIII secolo d.C. questo popolo iniziò a spostarsi in diverse aree dell'Italia nord-centrale, mischiandosi alle comunità locali e dando vita a piccole realtà agricole e villaggi fortificati fortemente legati alla “madrepatria”.
Da Bologna a Verucchio, passando per l’area attorno a Comacchio e Ravenna, gran parte del territorio emiliano-romagnolo vide così nascere ben presto una società emergente, soprannominata villanoviana (il nome deriva da Villanova di Castenaso nel bolognese in cui furono ritrovate le prime tracce), di cui oggi si possono ammirare molti resti e reperti in molti musei e siti archeologici regionali.
Ecco un percorso tra alcuni comuni della Romagna, alla scoperta di un patrimonio di arte e bellezza unico al mondo.
Verucchio rivela tracce millenarie della presenza etrusca villanoviana databili tra il IX e il VII secolo a.C., soprattutto all’interno delle necropoli rinvenute alle pendici della rupe che ospita oggi il borgo medievale.
L'evidenza archeologica rivela la presenza di un insediamento ben strutturato. Gli scavi condotti nella zona hanno portato alla luce tombe, resti di abitazioni e manufatti che documentano la vita quotidiana di questa antica comunità.
Lo dimostrano i ricchi reperti venuti alla luce dalle necropoli presenti attorno al paese, oggi esposti presso il Museo Civico Archeologico che, assieme all’area degli scavi, fa parte del Parco Archeologico di Verucchio.
Elmi crestati, spade ricurve, vasellame, urne cinerarie, ambre, collane e anelli, ma anche tessuti, rocchetti: un infinito tesoro di immane bellezza e rarità che le necropoli di Verucchio hanno restituito dopo quasi tre millenni di storia e che testimonia una ricca società caratterizzata dalla presenza di famiglie aristocratiche, come testimonia il bellissimo “trono di Verucchio”, una poltroncina in legno ricavata da un unico tronco databile all’ VIII sec. a.C..
Numerosi reperti archeologici rinvenuti nel territorio di Ferrara, in particolare in prossimità di Comacchio, testimoniano la presenza degli etruschi in questo territorio già attorno al VI secolo a.C., soprattutto attorno a un importante porto/avamposto commerciale di nome Spina di cui però nel corso dei secoli si erano perse le tracce.
Nel 1922, durante i lavori di bonifica della Valle Trebba, iniziarono ad emergere i primi oggetti attribuiti alla necropoli della città etrusca e successive campagne di scavo hanno pian piano portato alla luce tantissime testimonianze di questo antico abitato.
Oggi, gran parte di questi ritrovamenti, sono conservati all’interno del Museo Delta Antico di Comacchio, allestito nel settecentesco Ospedale degli Infermi.
In questo incredibile spazio espositivo è possibile ripercorre la storia dell’area del Delta del Po, dalle prime testimonianze dell’età del Bronzo fino al Medioevo, attraverso suggestive ricostruzioni scenografiche, allestimenti 3D e approfondimenti interattivi.
È proprio nelle sale dedicate alla città di Spina viene affrontata la storia di questo importante emporio etrusco attraverso i materiali provenienti dallo scavo dell’abitato e dai ricchi corredi delle sue necropoli.
Reperti della favolosa città di Spina, oltre a testimonianze del mondo greco ed etrusco, sono custoditi anche a Ferrara, a 50 km circa da Comacchio, nelle sale di Palazzo Costabili, uno dei palazzi più prestigiosi del rinascimento estense, capace di offrire al pubblico un patrimonio archeologico unico al mondo.
Il museo ospita, infatti, i reperti di altissima fattura della città etrusca di Spina, congli oggetti che sono suddivisi per corredo e raggruppati a seconda della sepoltura di provenienza. Di particolare fascino sono i grandi vasi attici da simposio, sui quali si possono leggere scene di vita quotidiana, racconti mitologici o legati alla guerra di Troia.
Compaiono opere dei più abili artigiani del tempo e, accanto ad oggetti di grande ricchezza, come i diademi in oro, ve ne sono altri di uso più comune, tra i quali piatti, ciotole, contenitori per l’olio, dadi in osso e pietra. Di produzione etrusca sono invece altri reperti, soprattutto in bronzo, mentre di pregevole fattura sono anche le ceramiche alto adriatiche, prodotte localmente quando cessarono i commerci con la Grecia.