La lotta partigiana ha avuto in questi luoghi una grande importanza nella formazione della coscienza civile che sorse dalle macerie, materiali e morali, della guerra.
Fondamentale fu il ruolo delle popolazioni locali, che fornirono riparo e aiuto – giacigli e cibo, ma anche una rete di comunicazione di primaria importanza strategica – a numerosi soldati e ufficiali alleati sfuggiti ai tedeschi, e ai partigiani. Questo coinvolgimento spesso portò a episodi tragici e a feroci rappresaglie sui civili, ricordati con lapidi, sculture, case museo.
L’itinerario proposto segue gli eventi che costellarono il periodo 1943-1944, attraverso un percorso che collega idealmente i primi momenti all’indomani dell’8 settembre 1943, con il formarsi dei primi nuclei di Resistenza, per arrivare alla liberazione di Cesena, il 20 ottobre 1944.
Il nostro Percorso della Memoria inizia idealmente a La Seghettina, frazione di Bagno di Romagna.
Si tratta di un luogo isolato fra il Lago di Ridracoli e la foresta della Lama. La località è raggiungibile o lasciando l’auto a Corniolo e attraversando San Paolo in Alpe, in circa due ore e trenta minuti, oppure, nel periodo estivo, attraverso un percorso molto più godibile, attraversando il Lago di Ridracoli, in circa tre ore. Raggiunta la diga e lasciata l’automobile, si percorre con la navetta e poi a piedi la strada che porta all’imbarcadero del traghetto elettrico del lago, che lascia sulla sponda opposta. Da qui, in circa due ore di sentiero lungo una vecchia mulattiera, si arriva alla Seghettina: una vecchia casa con una lapide che ricorda la vicenda di numerosi e importanti ufficiali Alleati di spicco, fra cui i generali Neame, O’ Connor e Combe. Questi, fuggiti all’indomani dell’8 settembre dalla fortezza di Vincigliata, nei pressi di Fiesole, cercarono rifugio presso Camaldoli e in seguito arrivarono proprio in questa casa, grazie agli abitanti della zona, che li nascosero dai rastrellamenti tedeschi. Aiutati dai partigiani, riuscirono a riprendere contatto con l’esercito Alleato.
Si ritorna al parcheggio della Diga, riprendendo l’automobile e dirigendosi verso Strabatenza, raggiungibile in una mezz’ora di automobile, percorrendo la strada bianca.
Il borgo di Strabatenza, oggi abbandonato, ebbe un ruolo importante nella lotta partigiana: nella canonica della chiesa di San Donato fu istituita la sede del comando delle Brigate “Romagna”. A pochi passi dalla chiesa, si trova il Monumento all’8a Brigata Garibaldi: inaugurato nel 2010, il grande masso, adornato con la stella della Brigata, ricorda coloro che «scelsero di lottare per la libertà, la democrazia e la dignità dell’Italia».
Da qui si può percorrere il Sentiero del Partigiano Janošik, inaugurato nel 2017 e dedicato alla memoria di Giorgio Ceredi, partigiano dell’8ª Brigata Garibaldi “Romagna”. Si tratta di un anello di percorrenza medio-facile, piacevole da percorrere soprattutto nel periodo primaverile / estivo, segnalato dalla presenza di stelle rosse, che tocca in circa due ore e mezza i ruderi delle case, oggi diroccate, che ospitarono le squadre partigiane: i Fondi, con un delizioso ponticello in pietra, la Casaccia, Ca’ del Tosco.
Dalla zona di Strabatenza si attraversa il borgo di Poggio alla Lastra e si percorre in auto il Passo del Carnaio che porta verso San Piero in Bagno: lungo la strada troviamo un sacrario dedicato alla memoria di quello che è passato alla storia come l’eccidio del Carnaio: qui, il 25 luglio 1944, dopo una lunga giornata di rastrellamenti, 26 cittadini inermi furono fucilati dalle truppe nazifasciste.
Accanto al sacello si snoda il Parco della Memoria, un percorso che utilizza in maniera figurata la strada per separare e connettere gli eventi della grande storia, quella europea e nazionale, a quella locale. La strage del Carnaio è ricordata anche da un lapide posta sulla facciata del Municipio a San Piero in Bagno.
Sempre nel territorio di Bagno di Romagna, si trova il Monte Comero (1373 m s.l.m), su cui nell'estate del 1944 si verificò una delle battaglie più violente fra partigiani e truppe tedesche. Oggi la zona offre splendidi paesaggi e sentieri perfetti per un’escursione di qualche ora, partendo dal Lago Pontini, attraversando il Bosco delle Fate fino alla Fonte Santa, all’Oratorio di San Romualdo, al Casale.
L’itinerario prosegue percorrendo la superstrada E4; all’altezza di Sarsina, si devia verso Tavolicci. In questa frazione del Comune di Verghereto si è verificato uno degli episodi più efferati accaduti in Italia negli anni della guerra: il 22 luglio del 1944, 64 persone, fra cui 19 bambini di meno di 10 anni, vennero trucidate dal IV Polizei Freiwilligen Bataillon Italien (battaglione volontari di polizia italo-tedesca), che poi cercarono di nascondere l’accaduto appiccando il fuoco a una casa del paese.
Oggi è possibile visitare la Casa Museo dell’eccidio, restaurata ed arredata come al tempo della guerra, e il Sacrario dedicato alle vittime.
Da Tavolicci si può percorrere in circa un’ora un sentiero che porta a Ca’ Sem e a Campo del Fabbro, località in cui vennero uccisi gli uomini del paese dopo essere stati costretti ad assistere alla strage.
Ancora nel Comune Verghereto, a Capanne (a una ventina di minuti di auto da Tavolicci), la Brigata aveva organizzato un’infermeria: fra il 6 e il 7 aprile il luogo fu raggiunto dai militari tedeschi che trucidarono sette partigiani.
Torniamo a Sarsina e ci muoviamo in direzione Cesena; in pochissimi minuti giungiamo nella frazione di Sorbano: qui si trova il Parco della Resistenza, “A ricordo dei caduti per la libertà”, per commemorare la feroce rappresaglia nazista del 26-28 settembre 1944, a opera della 114ª Jäger Division tedesca. Il complesso fu ideato e costruito alla fine degli anni Settanta, e comprende sentieri turistici, un parco giochi, un tempio votivo e una scultura, opera di Ilario Fioravanti.
Tornando in direzione Sarsina e passando da Calbano, il percorso si dirige verso Pieve di Rivoschio. Lungo la strada si incontra la frazione di Ranchio, luogo in cui avvenne uno scontro fra tre partigiani e un gruppo appartenente allo stesso reparto che aveva compiuto la strage di Tavolicci: il partigiano Gino Fantini fu catturato, torturato e ucciso.
Continuando da Ranchio si raggiunge a Pieve di Rivoschio, un luogo particolarmente significativo per la Resistenza in Romagna: proprio qui si insediò il primo nucleo partigiano del territorio cesenate, a opera di ex garibaldini reduci della guerra di Spagna, e dal giugno 1944 il Comando della 8a Brigata Garibaldi si installò a Campofiore, due chilometri fuori dal paese.
A Pieve di Rivoschio si trova oggi il Parco della Pace e della Resistenza e la mostra La Linea Gotica - Da Massa a Pesaro, dal Tirreno all’Adriatico, allestita per iniziativa del Coordinamento provinciale per i Luoghi della Memoria.
Si prende quindi la strada in direzione Mercato Saraceno, si attraversa Linaro e si passano Tombette e Ciola: anche questi ultimi due luoghi videro scontri e fucilazioni, assieme a Raggio, rispettivamente il 19 agosto, il 10 settembre e il 16 ottobre 1944.
Arrivati a Mercato Saraceno, si imbocca la superstrada E45 verso Cesena.
A Cesena, numerosi luoghi portano le tracce della guerra e della Resistenza, sia in centro storico, da percorrere a piedi, che nelle campagne circostanti.
Si lascia l’auto fuori dal centro – eventualmente usufruendo dei parcheggi scambiatori e utilizzando i minibus 4, 5 o 6 – e si raggiunge la Rocca Malatestiana. La fortezza tardomedievale, in parte adibita anche a carcere fino agli anni Settanta del Novecento, fu teatro di ben due incursioni partigiane che liberarono i prigionieri, e della fucilazione di otto antifascisti nello Sferisterio, ricordati con una lapide. Nel maggio del 1945 vi furono uccise 17 persone che si trovavano detenute, tra cui alcuni membri della RSI arrestati nel nord Italia.
Scesi dalla Rocca lungo via Malatesta Novello fino a piazza del Popolo, ci si sposta nel loggiato del Palazzo Comunale, in cui si trovano alcune lapidi: una a ricordo dei 126 partigiani cesenati uccisi; una che ricorda la Medaglia d’Argento al valor militare assegnata alla città, per i sacrifici della sua popolazione e per l’attività partigiana svolta nei 14 mesi di occupazione nazifascista; una alla memoria di Gastone Sozzi, dirigente del PCd’I clandestino, ucciso nelle carceri fasciste nel 1928.
Di fronte al Palazzo Comunale, attraversando piazza del Popolo, troviamo la prima delle tracce della tragica vicenda degli ebrei cesenati: tre pietre d’inciampo che ricordano i membri della famiglia Saralvo, che abitavano in un palazzo che dà sulla piazza e che furono deportati ad Auschwitz. La stessa sorte toccò alle famiglie Forti e Jacchia, a cui sono dedicate rispettivamente quattro pietre in corso Garibaldi e due in corso Ubaldo Comandini.
Gli ebrei cesenati uccisi sono ricordati anche da una lapide posta sulla facciata laterale di Palazzo del Ridotto che dà su piazza Almerici, di fronte al luogo in cui sorgeva l’antica sinagoga. In città, infatti, era presente una comunità ebraica almeno fin dal XV secolo, poi espulsa nel 1569 dalla città, come da tutto lo Stato Pontificio.
A Cesena era attivo anche un grande rifugio antiaereo ai piedi del Colle Garampo, in viale Mazzoni (al momento non visitabile), ma numerosi altri luoghi furono utilizzati come riparo durante i bombardamenti: il tunnel detto “foro della Diavolessa”, il campanile e la cripta della chiesa dell’Osservanza, la cripta della chiesa di Santa Cristina, una galleria realizzata appositamente nei sotterranei dell’Abbazia di Santa Maria del Monte (la cui Basilica fu poi danneggiata da un bombardamento).
Vale la pena percorrere la via delle Scalette fino all’Abbazia: alcuni carri armati Alleati la percorsero in discesa verso il centro cittadino per sorprendere l’esercito tedesco, e la strada ne risultò devastata, con il fondo, e soprattutto i gradini, quasi triturati dai cingoli.
La città venne liberata dagli Alleati insieme ai gappisti cesenati, con l’ingresso di carri armati canadesi da Porta Santi, immortalato in diverse fotografie, il 20 ottobre 1944. Ben 775 soldati del Commonwealth riposano nel Cesena War Cemetery, in zona Sant’Egidio, lungo la via Cervese, progettato dall’architetto Louis de Soissons.
Alla memoria della Resistenza a Cesena è dedicata la scultura di Ilario Fioravanti, posta in viale Carducci, a ridosso delle mura cittadine, inaugurata nel 1974: una madre sorregge sulle spalle, con fatica, il figlio ferito.
Ai piedi della scultura la poesia di Salvatore Quasimodo Alle fronde dei salici:
«E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento».
Molti altri episodi avvennero a Cesena, sia in città che nelle campagne: dalla formazione dei primo nucleo dei GAP nella zona detta del Ferro di Cavallo (le frazioni di Bagnile, Martorano, San Giorgio, Ronta, Gattolino) ai rastrellamenti e alle uccisioni da parte dei nazifascisti di numerosi gappisti; dagli scioperi all’Arrigoni, fabbrica alimentare che ebbe notevole importanza nella storia della città, all’eccidio di Ponte Ruffio, in cui trovarono la morte otto ex marinai della Marina Nazionale Repubblicana, e tanti altri, ricordati da lapidi e cippi nei rispettivi luoghi.
Per approfondimenti: https://bit.ly/3NaUKqu.