Forlì: il centro storico

In collaborazione con Touring Club

Della miscela di culture e di stili architettonici di cui è intrecciata la storia di Forlì è testimonianza primaria la grande piazza Aurelio Saffi, da cui ha inizio l'itinerario, che da qui esplora il centro monumentale percorrendo i principali assi viari cittadini, come corso Mazzini, che conserva tratti rilevanti dello sviluppo urbano cinquecentesco e del rinnovamento edilizio del XIX secolo, e corso Garibaldi, corrispondente all’antico percorso urbano della Via Emilia.

L'itinerario raggiunge anche i settori a nord e nord-ovest del centro, caratterizzati da una notevole frammentazione edilizia, fino alla porta Schiavonia, e la zona sud-occidentale, fino alla Rocca di Ravaldino.

L'ultima parte del percorso permette di cogliere la portata dello sviluppo urbano di Forlì in età fascista raggiungendo, al termine del corso della Repubblica, il vasto piazzale della Vittoria e il viale della Libertà che conduce alla stazione.


  • Lunghezza
    8 km
  • Forlì Forlì (FC)

    Attraversata dalla Via Emilia, Forlì (m 34, ab. 117 407) sorge allo sbocco in pianura delle valli dei fiumi Montone e Rabbi, che confluiscono a monte della città.

    Il volto urbano di Forlì è quello di una città certamente dotata di emergenze monumentali, ma anche fortemente segnata da un travaglio edilizio che soprattutto nel corso dell’Ottocento, del periodo fascista e della ricostruzione postbellica ha intaccato l’originale compattezza della sua struttura.

    Vi emerge visibilmente la condizione di un centro storico dagli aspetti urbanistici contrastanti, caratterizzato da una miscela edilizia abitativa di origini quattro-cinquecentesche, che ha ricevuto progressive e successive modificazioni.

    A ciò si aggiunga la prolungata e forse perdurante assenza di cultura urbanistica e soprattutto di adeguati piani di intervento e di recupero conservativo per completare il quadro di una città dal volto per molti aspetti contraddittorio.

  • Piazza Aurelio Saffi Forlì (FC)

    Grande piazza con edifici di diversi stili architettonici, intitolata all’uomo politico forlivese che fu tribuno della Repubblica Romana dal 1849 (monumento a lui dedicato).

    Sul vasto spazio si affaccia l’antichissima basilica di S. Mercuriale, fronteggiata dal Palazzo municipale, mentre sui lati corti si contrappongono il quattrocentesco Palazzo del Podestà e quello di epoca fascista delle Poste e Telegrafi.

  • Palazzo del Municipio Forlì (FC)

    Occupa il lato lungo di nord-ovest della piazza. Rifatto nel 1359 per iniziativa del cardinale Albornoz; eletto dagli Ordelaffi a propria residenza, Pino III vi fece aggiungere (1459) il portico, trasformandolo in sontuosa dimora.

    L’attuale facciata, rifatta nel 1826, è animata da un portico ad arcate su pilastri che includono le colonne quattrocentesche; dalla terza finestra del primo piano, contando da sinistra, venne gettato nell’aprile 1488 il corpo di Girolamo Riario, vittima di una congiura di palazzo.

    Dal portico si entra in un atrio passante (alle pareti, lapidi patriottiche), dal quale è visibile la torre civica, completamente rifatta negli anni ’70, che riprende a grandi linee le fattezze di quella abbattuta nel 1944 dalle truppe tedesche in ritirata. Il suo crollo causò anche la distruzione del vicino teatro realizzato nel 1776 da Cosimo Morelli.

    Si sale a destro l’ampio scalone a due rampe di Antonio Bibiena, con busti di Garibaldi (Ettore Ferrari, 1884) e di Mazzini (Filippo Giulianotti, 1890), e si accede, attraverso un ballatoio, all’ampia Sala d’aspetto (o degli Angeli) che, alle pareti, ha due grandi tele neoclassiche.

    Si passa, quindi, nella Sala dei Fasti (rivolgersi agli addetti comunali), utilizzata dal 1952 per le riunioni del Consiglio comunale; ideata dal Bibiena al quale si deve anche il progetto decorativo, poi in parte realizzato da alcuni allievi, contiene sei grandi scene monocrome di storia forlivese.

    Tra gli ambienti adiacenti del piano nobile si segnalano le sale dell’appartamento del cardinale legato (ora uffici del sindaco), con soffitti dipinti da Felice Giani.

    Nell’ala occupata attualmente dagli uffici di ragioneria trova posto la sala delle Ninfe, con affreschi cinquecenteschi (solo in parte integri) a carattere mitologico, riferibili alla mano di Francesco Menzocchi.

  • Chiesa di S. Maria della Visitazione Forlì (FC)

    Settecentesca chiesa di S. Maria della Visitazione o del Suffragio, dell’architetto camaldolese Paolo Soratini.

    La facciata, rimasta incompiuta, venne ultimata nel 1933 in base al progetto originario. A pianta ellittica, l’interno presenta un ampio spazio regolarmente scandito da pilastri e colonne che si dispongono a formare una sorta di deambulatorio.

    La slanciata cupola reca affreschi del veneziano Jacopo Guarana e quadrature del bolognese Serafino Barozzi (1784). All’altare maggiore, Visitazione e Ss. Francesco Saverio e Giovanni Nepomuceno di Filippo Pasquali; alle pareti, ornati del Barozzi e figure monocrome con i Profeti del Guarana.

  • Campanile di S. Mercuriale Forlì (FC)

    Sulla destra della facciata di S. Mercuriale si leva il campanile a pianta quadrangolare, del tradizionale tipo lombardo, di forme salde ed eleganti, eretto nel 1178-80 da mastro Aliotto.

    È corso da lesene, spartito da fasce di archetti, con la cella campanaria a quadrifore, sormontata da cuspide conica che si ritiene aggiunta nel Trecento.

    A lato, una piccola epigrafe riporta i tre endecasillabi che Dante dedicò a Forlì nel XXVII canto dell’Inferno.

  • Basilica-abbazia di S. Mercuriale Forlì (FC)

    La basilica-abbazia di S. Mercuriale sorge in parte nel luogo già occupato fin dal IV secolo dalla pieve di S. Stefano.

    L’impianto a tre navate con cripta, tuttora invariato, risale probabilmente all’anno 1181. Nel Cinquecento furono aggiunte alcune cappelle sui fianchi. In seguito ebbe altri rifacimenti (resta in particolare il ricordo di quelli operati nel 1646 e nel 1743) che deturparono e alterarono il disegno dell’antica costruzione, poi affrettatamente restaurata nel 1921.

    Nuovi restauri, eseguiti dopo i danni provocati dalla guerra, e lavori di ripristino iniziati nel 1955 hanno riportato il tempio pressoché allo stato originale.

    La facciata, in laterizi, segue il profilo delle navate interne; di antico serba il bel portale marmoreo (adorno nella lunetta di un altorilievo duecentesco, Sogno e adorazione dei Magi, forse dell’ignoto maestro che scolpì le formelle dei Mesi conservate al Museo della Cattedrale di Ferrara) e, in alto, il coronamento ad archetti; d’invenzione, invece, il rosone.

    L’interno, ampio e austero, a tre navate divise da pilastri di laterizi, conserva la pianta basilicale, modificata solo dalle cappelle laterali e terminali e dal prolungamento dell’abside (1585). La navata mediana è coperta da soffitto a travature scoperte; il trecentesco pavimento, composto di mosaico veneziano, pende verso il presbiterio.

    Gli ultimi lavori di restauro hanno rimesso in luce cospicui resti (poi convenientemente sistemati e resi accessibili) della struttura anteriore al Mille e della cripta del 1176. Alle pareti delle navate minori sono state collocate 23 lunette ad affresco (storie di santi monaci) strappate dal chiostro (pagina seguente), attribuite ai Modigliani (1601) e ad altri pittori.

    Nella navata destra, all’inizio è collocato un leone romanico erroneamente ritenuto stiloforo del demolito (secolo XIV) protiro. Segue il sepolcro di Barbara Manfredi, figlia di Astorgio II signore di Faenza e moglie di Pino III Ordelaffi, morta nel 1466 e raffigurata distesa sul coperchio, opera giovanile di Francesco di Simone Ferrucci da Fiesole.

    Sopra la porta di accesso al chiostro, S. Mercuriale, ovale di Giacomo Zampa (1754). All’altare della cappelletta seguente, Madonna col Bambino e i Ss. Giovanni evangelista e Caterina, bella tavola di Marco Palmezzano, al quale sono probabilmente dovuti anche i due affreschi votivi alle pareti, scoperti nel 1913.

    In fondo alla navata si apre la cappella di S. Mercuriale, arricchita di marmi, stucchi e affreschi di Livio e Gianfrancesco Modigliani attorno al 1598; all’altare, Madonna col Bambino e i Ss. Mercuriale e Girolamo del Passignano; alla parete destra, S. Mercuriale torna da Gerusalemme, di Santi di Tito; a quella sinistra, S. Mercuriale uccide il drago del Cigoli; in alto, a destra e a sinistra, due finte finestre con raffigurazioni a fresco del Canto e del Suono, anteriori al restauro del 1598. Presbiterio: alla parete destra, S. Nicola da Bari e Ss. Giacomo e Lucia di ignoto settecentesco, nonché Visitazione di Baldassarre Carrari; a sinistra, Assunta di Rutilio Manetti (1632) e Madonna e santi di Michele Bertucci; dietro il moderno altare gira il coro ligneo rinascimentale a due ordini di stalli, intagliato e intarsiato da Alessandro Begni (1532-35).

    Nella navata sinistra la Cappella del Sacramento, vasto ambiente sulla cui parete esterna è collocato un affresco (Pietà) attribuito a Guglielmo degli Organi; all’interno sono raccolte varie opere di pittura, tra cui notevoli alla parete destra, Crocifisso e i Ss. Giovanni, Gualberto e Maddalena di Marco Palmezzano (1536), Sacra famiglia e adoratore di Francesco Menzocchi, S. Geltrude di Felice Cignani, S. Francesco d’Assisi di ignoto settecentesco, e alcune tele di Livio Modigliani.

    La successiva cappella, detta dei Ferri, restaurata, è chiusa da un elegante arco in pietra d’Istria, opera di Giacomo Bianchi (1536); all’altare, entro ricca cornice dell’epoca, L’Immacolata coi Ss. Agostino, Anselmo e Stefano (nella lunetta, Risurrezione), del Palmezzano (1509).

    Sul fianco destro della chiesa è l’ex monastero di S. Mercuriale, appartenuto ai Benedettini Vallombrosani. Comprende un bel chiostro tardo-quattrocentesco rettangolare, con un portico terreno su colonne monolitiche dai capitelli variati; degli affreschi che ornavano le lunette, solo alcuni sono stati in parte salvati col distacco e trasportati in chiesa. Nel mezzo, un pozzale seicentesco.

    Lo sfondamento di due lati del chiostro a metà degli anni 30 del Novecento fu deciso per consentire la veduta del palazzo di Giustizia, ultimato però solo negli anni del dopoguerra.

  • Palazzo del Podestà Forlì (FC)

    Costruito da Matteo di Riceputo (1459-60) e restaurato nel 1912 e nel 1926.

    Il palazzo del Podestà ha una facciata in stile romanico-gotico, con una parlera (arengo) e tre bifore nel secondo piano, ripristinate dai restauri, e un arco a pieno sesto nel fianco; inferiormente è aperto da un portico di tre archi acuti, adorni di terrecotte finemente lavorate, con capitelli fregiati dagli stemmi degli Ordelaffi e dei Rangoni.

  • Chiesa del Carmine Forlì (FC)

    Chiesa di origine trecentesca, ampliata nel 1482-90 (il campanile è del 1498), ma completamente ristrutturata (1735-46) su disegno di Giuseppe Merenda.

    Sull'austera facciata, rimasta incompiuta, spicca un pregevole portale in marmo d’Istria, realizzato da Marino di Marco Cedrini nel 1464-65 originariamente per l’ingresso principale del Duomo, ma poi smontato nel corso dei restauri ottocenteschi della cattedrale e qui collocato nel 1915: nella lunetta, S. Valeriano a cavallo; sulle mensole a riccio, i quattro santi protettori della città; sopra, grande stemma degli Ordelaffi.

    Il portone ligneo del 1746 reca una bella Annunciazione scolpita. Nell'interno barocco a una navata, la decorazione pittorica della volta a botte si deve a Giuseppe Marchetti e al quadraturista Giuseppe Alberi, subentrati a Gaetano Alemanni, che completarono l’opera nel 1783 realizzando una complessa rappresentazione allegorica delle Virtù.

    La decorazione dell’abside, capolavoro di illusione prospettica, si deve all’Alemanni, quella del presbiterio, raffigurante due grandi scene bibliche, a Pietro Micheli (1745). Tra gli arredi si segnalano i quattro confessionali e il complesso bussola-cantoria-mostra d’organo di Marco Antonio Mirri (1752).

  • Museo ornitologico «Ferrante Foschi» Forlì (FC)

    Il museo ha sede nell’antico palazzo già della famiglia Orselli e raccoglie oltre 3.000 esemplari provenienti dalle regioni italiane.

  • Palazzo Paulucci Piazza Forlì (FC)

    Oggi sede della Prefettura, con possente facciata sull’irregolare piazza Ordelaffi.

    È uno dei maggiori edifici della città, iniziato nel 1673, ma ultimato solamente nel 1938 da Cesare Bazzani; di notevole, nella facciata a tre piani, il grande portale con balconata abbinata.

  • Duomo Forlì (FC)

    Cattedrale dalla grandiosa mole, la cui origine è anteriore al secolo XII, con ampi rifacimenti cinquecenteschi, ma che fu pressoché completamente ricostruita da Giulio Zambianchi nel 1841.

    La caduta del campanile, fatto saltare dai Tedeschi nel 1944 (e ricostruito nel 1970), provocò gravi danni al tempio, in seguito riparati.

    L’attuale facciata è preceduta da un pronao classicheggiante su sei colonne di laterizi, coronato da timpano. L’interno è a tre navate spartite da colonne corinzie rivestite di scagliola marmorizzata, con volte a crociera e profondo presbiterio.

    Gli affreschi nelle navatelle sono di Pompeo Randi. Nella controfacciata, sopra il portale mediano, un affresco (Eraclio trasporta la S. Croce), pure del Randi. A metà della navata destra si apre la vasta cappella del SS. Sacramento, ottagonale, su disegno del Bombace (1490), arricchita di marmi e affreschi nel 1941; continuando, si trova in fondo il pregevole fonte battesimale esagonale (1504), con scene sacre scolpite da Giovanni Ricci.

    Nell’abside, dietro il marmoreo altare maggiore (1860), Invenzione e riconoscimento della S. Croce, vasto affresco di Pompeo Randi (1875). Si passa nella navata sinistra, alla cui testata è un grande Crocifisso romanico, che un tempo stava sopra la porta principale.

    Segue la grandiosa cappella della Madonna del Fuoco, costruita (1619-36) su progetto di Domenico Paganelli, rivestita di marmi alla fine del Settecento; nel sottarco, il Miracolo della Madonna del Fuoco di Pompeo Randi; la cupola è ornata di un bellissimo affresco (Assunzione) di Carlo Cignani, che vi attese tra il 1702 e il 1706 e che volle essere sepolto nella Cattedrale; notevole l’altare (1718), che in una tribuna bronzea (1707) custodisce (celata da una tenda) un’immagine della Madonna col Bambino (primi del Trecento) che è tra le più antiche xilografie conosciute.

    Continuando lungo la navata si trovano, alle pareti della cappella dedicata a S. Anna, un S. Sebastiano di Nicolò Rondinelli e un S. Rocco di Marco Palmezzano.

    Dalla cappella del SS. Sacramento si può passare (rivolgersi in sagrestia) nell’Archivio capitolare, in cui si custodiscono: due preziosi reliquiari del Trecento, con smalti; la cosiddetta Madonna del Voto, grande tela di Felice Cignani (1681); una lunetta col Miracolo della Madonna del Fuoco di Giovanni di Pedrino (secolo XV).

  • Monastero del Corpus Domini Forlì (FC)

    Convento di origini trecentesche, ma trasformato da una radicale ristrutturazione settecentesca.

    Anche l’attigua chiesa venne ricostruita nel 1786; preceduta da atrio, ha l’armonioso interno scandito da colonne e lesene ioniche; agli altari laterali, tele di Gaetano Gandolfi, su quello maggiore, Cristo con i simboli dell’Eucaristia di Filippo Pasquali.

  • Casa del Mutilato Forlì (FC)

    L’edificio assunse le forme attuali nel 1930-32 su progetto dell’architetto Cesare Bazzani, come riflessione sul linguaggio architettonico classico.

    Il prospetto presenta lastre di travertino alternate a parti a intonaco ed è coronato da un timpano, su cui due opliti armati di lunga lancia e scudo rotondo affiancano lo stemma dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, che ha qui la sua sede provinciale.

    Al primo piano è ospitato il Museo storico «Dante Foschi», raccolta formata da oggetti e ricordi degli aderenti e amici dell’associazione.

  • Museo storico «Dante Foschi» Forlì (FC)

    Ha sede al primo piano della Casa del Mutilato, raccolta formata da oggetti e ricordi degli aderenti e amici dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, poi donata al Comune di Forlì e oggi parte delle civiche collezioni.

    Il museo, che copre un arco cronologico dalle guerre del Risorgimento fino alla seconda guerra mondiale, raccoglie uniformi, armi, onorificenze, distintivi militari e documentazione di varia tipologia, tra cui un nucleo di cartoline postali e volumi storici.

    Significativa la raccolta di dipinti del pittore forlivese Maceo Casadei, che ritraggono scene dal fronte della prima guerra mondiale a cui l’artista partecipò come milite, e i cimeli del ‘santo dei mutilati’ Fulcieri Paulucci di Calboli (1893-1919).

  • Palazzo Hercolani Forlì (FC)

    Palazzo Guarini di Castelfalcino, già Hercolani, con facciata del tutto rifatta, nel cui atrio è un’epigrafe in onore di Cesare Hercolani, uno dei condottieri vincitori, a Pavia, di Francesco I.

  • Archivio di Stato Forlì (FC)

    Tra i numerosissimi antichi documenti d’importanza storica, l'Archivio di Stato comprende: la serie dei registri notarili, le carte del Comune (tra cui il Libro Madonna e le carte del Sacro Numero dei Novanta Pacifici dal 1491 al 1945) e le carte delle corporazioni religiose soppresse (1115-1865), tra cui il Libro Biscia contenente centinaia di atti relativi all’abbazia di S. Mercuriale (secoli IX-XIV).

  • Chiesa di S. Biagio Forlì (FC)

    Ricostruita nel 1952 sull’area della preesistente chiesa quattrocentesca, distrutta dalle bombe nel dicembre 1944.

    Nell’interno, a una navata, con soffitto a travature scoperte, al 1° altare destro, una celebre Immacolata Concezione di Guido Reni, e al 1° sinistro, Madonna in trono col Bambino e santi, trittico del Palmezzano, due pregevolissime opere recentemente restaurate.

  • Palazzo Gaddi Forlì (FC)

    Sorse sull’area dell’antico castrum romano; ha struttura a corte e, oltre che su corso G. Garibaldi, si affaccia su via Sassi e vicolo Gaddi.

    Nel Settecento i Gaddi attuarono diversi interventi di trasformazione, tra cui la soprelevazione del salone principale e la realizzazione della grande scala balaustrata con statua in stucco dell’Abbondanza e soffitto dipinto di scuola bolognese con scena del Trionfo di Zefiro e Flora.

    Gli ambienti del piano nobile vennero affrescati da Felice Giani nel 1818-20 e risale probabilmente a quel periodo anche il collegamento realizzato con palazzo Sangiorgi, acquistato dalla famiglia per utilizzarlo a servizio del palazzo principale.

    Il 4 febbraio 1797 soggiornò qui Napoleone Bonaparte. Il palazzo ospita il Museo Romagnolo del Teatro e il Museo del Risorgimento «Aurelio Saffi».

  • Museo del Risorgimento «Aurelio Saffi» Forlì (FC)

    Il museo, ospitato nel settecentesco palazzo Gaddi, è nato nel 1888 intorno al nucleo di cimeli e documenti sulla vita e l’attività politica di Piero Maroncelli (1795-1846) ed è stato costantemente arricchito dalle donazioni effettuate a testimonianza della vocazione garibaldina e volontaria dei Forlivesi, coprendo un arco temporale dal periodo napoleonico alla seconda guerra mondiale, con particolare attenzione rivolta alle guerre d’Indipendenza.

    Nel 2004 i lavori di restauro del palazzo hanno determinato lo spostamento delle collezioni dal piano nobile al piano terra dell’edificio, con chiusura delle sezioni dedicate alle Guerre d’Africa e al Seconda Guerra Mondiale.

    Nel 2021 la stessa selezione di cimeli è stata ricollocata negli ambienti del piano nobile, con allestimento nelle sale affrescate dal Giani e nella sala ottagonale, le cui pareti sono rivestite da una tappezzeria originale in seta di colore giallo.

    In ingresso, nella sala di augusto sono esposti i busti bronzei di Vittorio Emanuele II e di Umberto I, il busto in gesso di Aurelio Saffi, il grande dipinto Saluto al Re d’Italia (incontro di Garibaldi e Vittorio Emanuele a Teano) di Giacomo Campi (1913), il Gonfalone del Municipio di Forlì e documenti vari, tra cui gli elenchi contenenti i nomi dei forlivesi partecipanti alle guerre dal 1848 al 1870.

    Nella sala di Teseo, in una pregevole vetrinetta ottocentesca i cimeli di Piero Maroncelli, affiliato alla Carboneria e compagno di carcere di Silvio Pellico, immortalato in alcune delle pagine più struggenti de Le mie prigioni; seguono in altre vetrine e alle pareti oggetti, dipinti e documentazione storica di Carlo Matteucci (1811-68), fisico di fama internazionale e Ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia, e di Antonio Fratti (1845-97), combattente nella III guerra d’Indipendenza, deputato del Regno d’Italia, volontario nella spedizione militare comandata da Ricciotti Garibaldi, figlio di Giuseppe, a difesa della Grecia nella guerra greco-turca.

    La successiva sala d’ercole è divisa in due nuclei espositivi: nel primo i cimeli di Achille Cantoni (1835-1867), colonnello molto caro a Giuseppe Garibaldi, che scrisse in sua memoria il romanzo Cantoni il Volontario, e dei fratelli Basini, accomunati tutti e nove dall’essere stati volontari nelle guerre del Risorgimento; nel secondo nucleo sono varie testimonianze della prima guerra mondiale, tra cui i Diari storici dell’11o Reggimento Fanteria della Brigata «Casale», al tempo di stanza a Forlì e composto per la maggior parte da romagnoli, medaglia d’oro al valor militare per la valorosa conquista del monte Calvario (Podgora) presso Gorizia, il Bollettino della Vittoria, riprodotto su targa bronzea e la bandiera della Federazione Romagnola Combattenti.

    Una particolare attenzione è dedicata alla memoria dei due forlivesi medaglia d’oro al valore militare nella Grande Guerra, Fulcieri Paulucci di Calboli (1893-1919), promotore del «Comitato di Azione mutilati, invalidi e feriti di guerra», e del capitano Italo Stegher (1894-1917).

    Nella Sala ottagonale, cimeli relativi ad Aurelio Saffi (1819-1890), tra cui la litografia con i ritratti dei Triumviri della Repubblica Romana del 1849 e una piccola tavoletta a olio che ritrae la moglie Giorgina Craufurd Saffi.

  • Museo romagnolo del Teatro Forlì (FC)

    In una saletta al piano terra di palazzo Gaddi sono in esposizione strumenti musicali a corda, a fiato e a percussione; molti degli archi sono firmati dai liutai forlivesi Paganini.

    Nella stanza accanto, cimeli e testimonianze del tenore Angelo Masini (1844-1926), che costituiscono il nucleo originario della raccolta.

    Si prosegue nelle sale dirimpetto, a cominciare dalla stanza dedicata al soprano Maria Farneti (1877-1955), interprete prediletta da Pietro Mascagni e Giacomo Puccini.

    In un piccolo locale sono riunite documentazioni e testimonianze sul settecentesco teatro comunale, progettato da Cosimo Morelli, affrescato e decorato da Felice Giani e aiuti, che fu distrutto nell’ultima guerra e non più ricostruito.

    Si entra poi in un vasto ambiente intitolato ai «Canterini romagnoli», coro popolare istituito a Forlì nel 1910; una piccola stanza è interamente dedicata a Cesare Martuzzi (1885-1960), direttore del coro e ideatore insieme al poeta Aldo Spallicci delle Cante romagnole, composizioni musicali per sole voci in dialetto romagnolo.

    Dopo una stanza che rievoca Ines Fronticelli Baldelli (1893-1961), star dell’operetta con il nome di Lidelba, si accede a quella contenente i costumi di scena di Ermete Novelli (1851-1919), attore di famiglia bertinorese.

  • Palazzo Reggiani Forlì (FC)

    Iniziato nel 1652, con notevole scalone barocco: nelle nicchie alle pareti, due belle statue in stucco (Apollo e Diana), e nel soffitto, una Allegoria del Tempo e delle Stagioni attribuita a Francesco Mancini; il salone al primo piano è decorato dal quadraturista Flaminio Minozzi.

  • Corso Garibaldi Forlì (FC)

    Corrispondente all’antico percorso urbano della Via Emilia, vi si affacciano alcuni tra i principali palazzi della città che attestano la prolungata fase di rinnovamento e di sviluppo edilizio intervenuta tra Cinque e Settecento.

    Ai numeri 80-82 il seicentesco palazzo Albicini, custode, all’interno, di uno dei capolavori di Carlo Cignani, una grande Aurora dipinta probabilmente attorno al 1683; sulla facciata, una epigrafe riporta il ricordo del soggiorno di Dante.

    Al N. 94 il palazzo Guarini Torelli, che conserva elementi del primitivo edificio cinquecentesco nell’originale balcone d’angolo e in un elegante cortile a pianta quadrata; il massiccio portale è del Seicento.

    Lo fronteggia, N. 133, la cosiddetta casa del Palmezzano, che pare sia appartenuta al celebre pittore forlivese, con facciata tardo-quattrocentesca in parte rimaneggiata e caratterizzata da una coppia di insoliti doppi archi pensili, che si uniscono in un capitello.

    Al N. 96 palazzo Gaddi, che sorse sull’area dell’antico castrum romano e ospita il Museo Romagnolo del Teatro e il Museo del Risorgimento «Aurelio Saffi».

    Al N. 149 la casa Zampighi Galletti già Acconci, con portale e cortile del Cinquecento; al N. 161 il palazzo Reggiani, iniziato nel 1652, con notevole scalone barocco. Ai numeri 171-173 il palazzo Tartagni, di costruzione seicentesca, rimasto incompiuto (ora sede della Questura); al N. 120 il palazzo Manzoni, impreziosito da ornati in terracotta cinquecenteschi (lo scalone presenta un riassetto neoclassico) con all’interno bassorilievi e statue di Giovan Battista Ballanti Graziani e decorazioni e affreschi di Felice Giani.

    Il corso si allarga nella piazza Melozzo degli Ambrogi, dove si trova la chiesa della Trinità, e si conclude con la porta Schiavonia.

  • Chiesa della Trinità Forlì (FC)

    Edificata nel 1782-88 su progetto di Francesco Baccari da Lendinara, in luogo di una preesistente che si fa risalire al secolo IV.

    Interno a una navata, con cappelle laterali. Nell’atrio, a sinistra, frammento di sedia episcopale in marmo greco venato, probabilmente ricavata da un sarcofago romano.

    Sull’altare della 2a cappella destra è (nascosto dietro una tendina) un reliquiario d’argento, opera di Bernardino Maiani da Sala (1575), che racchiude un teschio che si vuole di S. Mercuriale; nella 3a cappella, Crocifisso ligneo quattrocentesco; nella 4a, Padre Eterno e santi, tavola di Francesco Menzocchi.

    Nel pilastro tra la 2a e la 1a cappella, monumento a Domenico Manzoni, del Canova. Le tombe di Melozzo degli Ambrogi e di Francesco Menzocchi sono andate perdute in occasione degli interventi di età barocca.

  • Quartiere Schiavonia Forlì (FC)

    Caratteristico rione popolare caratterizzato da un’edilizia molto minuta e, un tempo, da grandi complessi conventuali, soppressi in età napoleonica e occupati poi da stabilimenti militari.

    Gli sventramenti e i successivi interventi edilizi di epoca fascista concorrono a fare di questa zona una delle più trasformate della città antica. In fondo alla via Garibaldi, l’antica porta Schiavonia, riedificata nel 1742, conserva lateralmente due torrioncini della quattrocentesca rocca demolita nel 1613); al di là della porta, sulla facciata dell’edificio in angolo tra via Bologna e via Firenze è murata una lapide che riporta versi di Dante dedicati all’adiacente fiume Montone (Inferno, XVI).

    La via Orto di Schiavonia conduce alla chiesa di S. Maria Assunta in Schiavonia. Nella piazza Alighieri sorge il palazzo Vescovile.

  • S. Maria Assunta in Schiavonia Forlì (FC)

    L’edificio, di origini antichissime, venne radicalmente ristrutturato nel 1837-44 e arricchito di stucchi neoclassicheggianti.

    Tra i dipinti, notevoli, nella 1a cappella sinistra, un S. Francesco che riceve le stimmate del Guercino (1651) e, dietro l’altare maggiore, Assunzione della Vergine di Giovanni Giulianini.

  • Palazzo Vescovile Forlì (FC)

    Già proprietà della famiglia Marchesi nel secolo XVI; nell’interno, imponente scalone cinquecentesco a tre rampe, con una Allegoria della Quiete attribuita a Donato Creti.

  • Casa natale di Aurelio Saffi Forlì (FC)

    Ospitata nel palazzo di origine cinquecentesca, dal bel portale a candelabre, è di proprietà della Provincia ed è sede dell’Istituto storico di Forlì-Cesena e di svariate associazioni.

    Aurelio Saffi (1819-90), patriota del Risorgimento, uomo politico e accademico felsineo, fu triumviro della Repubblica Romana del 1849 e amico fraterno di Giuseppe Mazzini.

  • Museo civico di Palazzo Romagnoli- Collezioni del Novecento Forlì (FC)

    Dopo un lungo restauro, il palazzo è sede dal 2013 delle Collezioni civiche del Novecento.

    Nobile palazzo della famiglia Romagnoli-Reggiani, che sorge su un sepolcreto di epoca tardo-romana (II-IV secolo). Il prospetto principale presenta due portali monumentali, paramento in cotto e basamento a scarpa.

    La sua attuale configurazione risale al xviii secolo, con apparati decorativi in stile neoclassico e liberty. Acquisito dal Comune di Forlì nel 1965, era adibito a sede del Consiglio di Leva Unificato.

    Dopo un lungo restauro, il palazzo è sede dal 2013 delle Collezioni civiche del Novecento. La visita ha inizio con la collezione Verzocchi che occupa interamente le sale del Piano terra.

    La raccolta di settanta dipinti nasce dalla volontà dell’imprenditore di origini forlivesi Giuseppe Verzocchi (1887-1970) di riunire intorno al comune tema del lavoro i maestri delle principali correnti artistiche presenti in Italia alla metà del XX secolo. Dopo una pubblica presentazione a Venezia nel 1950, Verzocchi nel 1961 donò alla città di Forlì la sua galleria di dipinti.

    La collezione è accompagnata da una raccolta grafica e documentaria, comprensiva degli autoritratti e della corrispondenza intercorsa con gli artisti coinvolti nell’impresa, esposta a rotazione.

    La galleria accoglie le opere di artisti diversi per generazione e per scuole. Tra i nomi più noti: Afro Basaldella, Renato Birolli, Corrado Cagli, Massimo Campigli, Domenico Cantatore, Giuseppe Capogrossi, Aldo Carpi, Carlo Carrà, Felice Casorati, Bruno Cassinari, Giorgio de Chirico, Raffaele De Grada, Filippo De Pisis, Fortunato Depero, Achille Funi, Virgilio Guidi, Renato Guttuso, Mino Maccari, Mario Mafai, Fausto Pirandello, Enrico Prampolini, Ottone Rosai, Giuseppe Santomaso, Aligi Sassu, Gino Severini, Mario Sironi, Ardengo Soffici, Orfeo Tamburi, Arturo Tosi, Giulio Turcato, Emilio Vedova.

    Un ampio scalone conduce al Piano nobile dove in una sala interamente affrescata con quinte architettoniche e amorini, sono esposte sette sculture di Adolfo Wildt, giunte per legato testamentario del conte Raniero Paulucci di Calboli: S. Francesco d’Assisi, Maschera del dolore (autoritratto), Pargoli (La Carità), S. Lucia, Lux, Albero della vita (Fontanella santa), ritratto di Fulcieri Paulucci de Calboli.

    Nelle successive sale del palazzo si dispiegano opere pittoriche e scultoree che costituiscono una panoramica sulla produzione artistica romagnola ed emiliana del primo e secondo Novecento. In evidenza la breve ma intensa esperienza del Cenacolo Artistico Forlivese, nato nel 1920 per iniziativa del pittore Giovanni Marchini, e la cosiddetta ‘stagione dei premi’, un periodo che corre dal secondo dopoguerra a tutti gli anni Settanta, caratterizzato da importanti iniziative concorsuali artistiche promosse in ambito provinciale.

    Sono presenti tra le altre opere di: Pietro Angelini, Domenico Baccarini, Licinio Barzanti, Bernardino Boifava, Rezio Buscaroli, Cesare Camporesi, Maceo Casadei, Ercole Drei, Tullo Golfarelli, Ettore Lotti, Giannetto Malmerendi, Pietro Melandri, Gianna Nardi Spada, Mimì Quilici Buzzacchi, Andrea Raccagni, Gino Ravaioli, Bruno Saetti, Ugo Savorana, Carlo Stanghellini, Carmen Silvestroni, Edgardo Zauli Sajani. Degno di nota il dipinto di Giacomo Balla Siamo in quattro, donato dal Balla futurista al Cenacolo Artistico Forlivese.

    In una sala contigua è esposto un nucleo di opere pittoriche e grafiche di Giorgio Morandi, donate nel 1971 da Ada e Arturo Righini: tre piccoli dipinti a olio su tela, che hanno in comune il tema dei fiori (Il papavero, Crisantemi, Rose) e sei acqueforti, tra cui gli amati luoghi morandiani del cortile di via Fondazza a Bologna e del poggio di Grizzana.

    Inaugurata nel 2021, una sezione è dedicata alla Forlì ebraica, con esposizione di apparati documentari, volumi e oggetti d’uso liturgico che ripercorrono la storia della comunità dal medioevo al XX secolo.

  • Chiesa di S. Giuseppe Forlì (FC)

    Piccola chiesa, già oratorio della confraternita dei Falegnami, di elegante struttura risalente al 1641.

    Nell’interno, con barocche decorazioni in stucco, una pregevole tela raffigurante l’Estasi di S. Giuseppe di Guido Cagnacci, posta sull’altare; nella volta, Gloria di S. Giuseppe di Giacomo Zampa.

  • Madonna del Fuoco Forlì (FC)

    Piccola chiesa (1797-1819) la cui facciata, di mirabile semplicità, è concava; l’interno è di perfette linee neoclassiche, a pianta centrale con cupola decorata a cassettoni.

  • Palazzo del Monte di Pietà Forlì (FC)

    Palazzo rinascimentale costruito nel 1514 sull’area del palazzo Orsi, che Caterina Sforza fece abbattere nel 1488 per vendicare la morte del marito Girolamo Riario. Scorretti interventi nel 1931, quando furono aperte le arcate cieche al piano terreno.

  • Complesso di S. Domenico Forlì (FC)

    Il complesso monumentale domenicano è oggi posto a cerniera tra il centro storico e il parco urbano «Franco Agosto».

    Il convento, fondato, secondo la tradizione locale, dallo stesso S. Domenico, fu edificato a partire dal 1229 in una zona ancora non urbanizzata della città e si sviluppò progressivamente per cinque secoli, fino a raggiungere l’attuale configurazione, con edifici disposti attorno a due chiostri e una grande chiesa ad aula unica dedicata a S. Giacomo apostolo.

    Il convento domenicano fu per secoli un importante luogo di fede e di cultura per la città. Il monumentale complesso nel corso del XIX secolo fu destinato a ospedale militare, gendarmeria, deposito di viveri e caserma delle truppe di passaggio. La chiesa fu chiusa al culto nel 1867.

    Dopo decenni di abbandono, dal 1996 è stato intrapreso un articolato e imponente intervento di restauro, integrato al programma di riqualificazione del centro storico e di riorganizzazione del sistema museale della città, reso possibile da specifici accordi di programma tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Emilia-Romagna e il Comune di Forlì.

    A partire dall’anno 2004, il complesso è stato progressivamente riaperto al pubblico come Musei S. Domenico. Negli spazi della chiesa e negli ambienti del convento è possibile osservare attraverso grandi vetrate a pavimento le prime testimonianze architettoniche della struttura, emerse durante le indagini archeologiche effettuate nell’area.

    Dall’ampia sala un tempo adibita a refettorio, decorata da pitture murali cinquecentesche (Crocifissione, Episodi della vita di S. Domenico), dopo un corridoio su cui si affacciano alcune celle, si sale tramite un monumentale scalone al primo piano, dove è esposta la Pinacoteca civica. Al piano terra del complesso è stata invece riallestita nel 2019 la collezione Pedriali.

    La chiesa, dedicata a S. Giacomo apostolo, nella prima metà del secolo XVIII fu oggetto di importanti lavori di rinnovamento e ampliamento; ha struttura a navata unica con cappelle laterali omogeneizzate dimensionalmente, presenta una vasta zona absidale ed è arricchita da dipinti murali e stucchi.

    A seguito della soppressione della funzione di culto, gli altari furono reimpiegati in altre chiese del territorio e la maggior parte dei dipinti confluì nelle raccolte d’arte civiche.

    Sulla parete di controfacciata è una Crocifissione, grande olio su tela di anonimo pittore del secolo XVII, copia del dipinto di Tintoretto per la Scuola di S. Rocco a Venezia, qui ricollocata nel 2015 dopo essere stata esposta per decenni nella pinacoteca civica. La chiesa è oggi rifunzionalizzata come sala per eventi ed esposizioni.

  • Pinacoteca civica «Melozzo degli Ambrogi» Forlì (FC)

    La Pinacoteca civica fu formalmente istituita nel 1838 presso il palazzo degli Studi, già palazzo della Missione, oggi sede dell’Amministrazione provinciale di Forlì-Cesena.

    La raccolta era principalmente formata dai dipinti provenienti dagli edifici delle congregazioni religiose soppresse in epoca napoleonica e dalle sale della residenza municipale.

    La collezione si arricchì grazie a importanti donazioni di illustri concittadini, come l’abate Melchior Missirini e il conte Pietro Guarini, e con l’apporto di diverse opere provenienti dal Duomo, oggetto a partire dal 1841 di importanti lavori di riqualificazione.

    Nuove opere entrarono nella raccolta a seguito dell’applicazione delle cosiddette ‘leggi eversive’ emanate dal Regno d’Italia e tramite mirate acquisizioni, tra cui il fondamentale acquisto nel 1887 della statua di Ebe di Antonio Canova.

    Nel 1922 la Pinacoteca venne trasferita nel palazzo del Merenda, con allestimento delle opere nei grandi saloni al primo piano dell’edificio. Nel corso del secondo Novecento, specie a seguito di costanti e generose donazioni, la Pinacoteca incrementò le proprie raccolte e fu soggetta a vari riordini e nuovi allestimenti, giungendo ad occupare corridoi e locali al piano secondo e terzo dell’edificio.

    Nel 2006 la sezione antica della pinacoteca è stata trasferita presso le sale del complesso museale S. Domenico, dove dal 2019 è stata allestita anche la collezione Pedriali. Dal 2013 le collezioni del Novecento hanno sede al Museo civico di palazzo Romagnoli.

    Per la visita si accede nell’ampia sala un tempo adibita a refettorio del complesso di S. Domenico, decorata da pitture murali cinquecentesche (Crocifissione, Episodi della vita di S. Domenico) e, dopo un corridoio su cui si affacciano alcune celle, si sale tramite un monumentale scalone al primo piano, dove nelle ali di destra e di sinistra è esposta la sezione antica della Pinacoteca civica.

    L’allestimento segue una sequenza cronologica dal XII al XIX secolo, in cui sono associate opere pittoriche, scultoree e arazzi. Tra le opere più significative della fase più antica, il trittico con storie della Vergine e santi del Maestro di Forlì, la monumentale arca sepolcrale del Beato Giacomo Salomoni, l’affresco distaccato con Corteo dei Magi e santi del maestro Augustinus, la Natività di Federico Tedesco e la piccola tavola con Madonna col Bambino di Vitale da Bologna, meglio nota ai Forlivesi come Madonna della Pace, qui in deposito temporaneo per concessione della Provincia di S. Domenico in Italia.

    Protagonista è poi la cultura artistica del Quattrocento, che si apre con le due raffinate tavolette dell’Orazione nell’orto e della Natività di Beato Angelico; seguono Il Pestapepe, affresco distaccato dal fondaco del Provveditore di spezierie di Girolamo Riario in borgo Ravaldino, già attribuito a Melozzo da Forlì e ricondotto all’ambito di Francesco del Cossa, quindi il busto di Pino III Ordelaffi di Francesco di Simone Ferrucci, il sarcofago del Beato Marcolino Amanni, opera di Antonio Rossellino e bottega, e il ritratto di giovane donna, noto come Dama dei gelsomini, opera di Lorenzo di Credi, già ritenuto un ritratto di Caterina Sforza.

    Personaggio maggiormente rappresentato nella raccolta è il pittore Marco Palmezzano, «caro alievo» di Melozzo e maestro della visione prospettica. Tra le quattordici opere esposte, si segnalano la monumentale pala d’altare detta dell’Annunciazione grande (Annunciazione del Carmine), l’affresco con Crocifissione distaccato dal monastero di S. Maria della Ripa a Forlì e le tavole con la Comunione degli Apostoli, Glorificazione di S. Antonio Abate in trono tra i Ss. Giovanni Battista e Sebastiano (pala Ostoli) e Madonna in trono tra i Ss. Biagio e Valeriano con tre angeli musicanti.

    Nelle successive sale seguono Incoronazione della Vergine e santi e Deposizione dalla Croce di Baldassarre Carrari, Adorazione dei pastori del Francia, Immacolata Concezione di Francesco Zaganelli, Madonna col Bambino e S. Francesco di Lorenzo Costa. Dopo la tavoletta con Risurrezione di Cristo di Marcello Venusti, si dispiega il Cinquecento manierista di Livio Agresti, Livio Modigliani, Francesco e Pier Paolo Menzocchi.

    Notevole il ciclo di affreschi con storie eucaristiche e personaggi dell’Antico Testamento di Livio Agresti, distaccati dalla cappella del SS. Sacramento in Duomo, e le tre grandi tavole dei Fiumi del Paradiso Terrestre di Francesco Menzocchi, provenienti dalla decorazione dell’impalcato della vecchia sala del Consiglio della residenza municipale.

    Il pittore Gian Francesco Modigliani è testimoniato dalla bella tela con Madonna col Bambino, S. Mercuriale e S. Valeriano e dai delicati dipinti a olio su rame con storie eucaristiche dal ciborio del SS. Sacramento della cattedrale.

    Nella galleria si segnalano in particolare il ritratto di Cesare Hercolani e una grande pala con Madonna col Bambino e Sante di Luca Longhi, S. Carlo Borromeo in adorazione del Bambino di Ludovico Carracci, S. Francesco intercede per le anime del Purgatorio di Ferraù Fenzoni.

    Opera preminente all’interno della sala dedicata al Seicento è la Fiasca con fiori del cosiddetto Maestro della Fiasca di Forlì, una delle nature morte più emblematiche e discusse della storia dell’arte italiana. Seguono due olî su tela con Natura morta di Carlo Magini, Fiori di Felice Fortunato Biggi e Allegoria dell’astrologia sferica di Guido Cagnacci.

    Il percorso museale, dopo le grandi stanze destinate alle esposizioni temporanee, termina in una piccola sala ovale progettata per accogliere la statua di Ebe di Antonio Canova: la scultura forlivese è la quarta e ultima versione della fortunata iconografia, tutta d’invenzione canoviana, della giovane coppiera degli dei dell’Olimpo.

    L’opera e il suo piedistallo ligneo furono realizzati tra il 1816 e il 1817 su incarico della contessa Veronica Zauli Naldi, vedova del conte forlivese Giovanni Guarini, e poi acquistati dal Comune di Forlì nel 1887. La statua di Ebe si lega da allora profondamente all’identità culturale forlivese ed è il simbolo dei suoi istituti culturali.

  • Collezione Pedriali Forlì (FC)

    Al piano terra del complesso di S. Domenico è stata riallestita nel 2019 la collezione Pedriali.

    La raccolta, giunta a Forlì nel 1961 a seguito del legato testamentario dell’ingegnere forlivese Giuseppe Pedriali, è formata da 28 quadri di varie epoche e di artisti eterogenei, collezionati da Pedriali e già riuniti nella sua residenza di Sanremo.

    Si segnalano in particolare Cristo e l’adultera di Alessandro Magnasco, Paesaggio con un lago e Veduta laziale con un fiume di Paolo Anesi, Natura morta con pesci e Natura morta con pollame di Giovanni Crivelli, Primi passi di Jacques Sablet, Buoi al carro (Il carro rosso) di Giovanni Fattori, ritratto di fanciulla di Jean-Jacques Henner, Schola cantorum di Giuseppe Abbati, Rocce di Manarola di Llewelyn Lloyd.

    Diversi gli artisti fiamminghi presenti nella raccolta: Paesaggio olandese di Anthony Jansz Van der Croos, Fiori di Rachel Ruysch, La preghiera prima della cena di Ferdinand de Braekeleer il Vecchio, In corte di Eugene Verboeckhoven. Sono anche esposti i due busti bronzei ritratto di Giuseppe Pedriali e ritratto di Virginia Dutilleul Pedriali, opere di Valmore Gemignani.

  • Ex oratorio di S. Sebastiano Forlì (FC)

    Isolata dall’originale contesto edilizio, è una delle più importanti architetture forlivesi, la cui costruzione risale al 1494-1502 su progetto di Pace Bombace, forse con l’intervento dello stesso Melozzo, ma rimasto incompiuto almeno per quanto riguarda la copertura del corpo principale.

    Un ottimo restauro ne ha messo in piena luce le caratteristiche planimetriche e strutturali rinascimentali. L’edificio presenta un doppio corpo: quello principale, a croce greca, e un atrio sormontato da una cupoletta.

    All’interno, lungo le pareti perimetrali, cornici in cotto finemente lavorate; l’aula è sede di mostre e incontri culturali.

  • Chiesa di S. Filippo Neri Forlì (FC)

    Nell’area del distrutto palazzo Orsi, nel 1642-48 venne costruita la chiesa di S. Filippo Neri, le cui attuali strutture sono il frutto di rimaneggiamenti di fine Settecento e di restauri del 1956.

    L’interno (a una navata, a croce latina) presenta una decorazione di grande effetto, opera di Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli. All’altare del transetto destro, S. Giuseppe e altri santi di Johann Michael Wittmer; a quello del transetto sinistro, Madonna di Loreto, statua di Clemente Molli.

  • Corso Armando Diaz Forlì (FC)

    Una delle vie più caratteristiche della città per il suo percorso sinuoso (è un vecchio alveo fluviale), fiancheggiato da vecchie case e da portici in parte antichi e qualificato dall’aristocratica presenza di alcuni palazzi settecenteschi.

    Tra questi, al N. 43-45, il palazzo Orsi Mangelli, in parte ristrutturato nel 1928; all’interno, un suggestivo cortile e un elegante salone. Poco oltre, la chiesetta di S. Antonio Vecchio, che si fa risalire alla seconda metà del secolo XII, con elegante facciata di laterizi adorna di una bifora e resti di antichi affreschi (l’interno accoglie il sacrario dei Caduti forlivesi).

    Segue sullo stesso lato la chiesa di S. Antonio Abate in Ravaldino, su disegno di Carlo Cesare Scaletti. L’ultimo tratto del corso costeggia il recinto di un giardino pubblico, dal quale emerge il grande torrione dell’Acquedotto (1905). Avanti si erge la rocca di Ravaldino.

  • Chiesa di S. Antonio Abate in Ravaldino Forlì (FC)

    Chiesa progettata da Carlo Cesare Scaletti, modificata in seguito da Giuseppe Merenda (1707-35); contrasta con la rustica severa facciata il portale, grandioso ma freddamente accademico, postovi da Leonida Emilio Rosetti nel 1931.

    L’interno, a pianta ottagonale, ha due cappelle laterali e due fiancheggianti il presbiterio; all’altare maggiore, Morte di S. Anna di Antonio Fanzaresi; nella cappella a sin. del presbiterio, S. Antonio da Padova, bella statua di Angelo Piò; attraverso una porticina è possibile accedere a un pianerottolo dove si ammira una Visitazione, opera eccellente del Palmezzano; nella cripta della Sindone sono esposte una riproduzione del sacro Sudario e una Pietà di Livio Agresti.

  • Rocca di Ravaldino Forlì (FC)

    Imponente costruzione quadrata in laterizi, rafforzata agli angoli da bassi torrioni cilindrici. Nel mezzo del lato ovest, il tozzo mastio; la cortina sud reca uno stemma di Cesare Borgia, nel punto in cui, secondo una tradizione storicamente non accertata, fu aperta la breccia attraverso la quale il Valentino irruppe all’interno (12 gennaio 1500).

    La rocca, modificata per adattarla a struttura carceraria negli ultimi anni dell’Ottocento, conserva ancora questa funzione.

    Dopo la fondazione di una primitiva rocca alla fine del Trecento, Pino III Ordelaffi ne fece iniziare (1472) l’ampliamento, sotto la direzione di Giorgio Fiorentino, mediante la costruzione della cittadella.

    L’opera fu portata a termine nel 1482, sotto Girolamo Riario, che ordinò in seguito altri lavori tra cui la costruzione di vasti e sontuosi appartamenti. La rocca divenne poi dimora di Caterina Sforza, che vi eresse un nuovo fabbricato, chiamato il Paradiso. E qui nacque (6 aprile 1498) il figlio Lodovico, poi famoso sotto il nome di Giovanni dalle Bande Nere.

  • Basilica-santuario di S. Maria dei Servi Forlì (FC)

    Basilica-santuario di S. Pellegrino Laziosi o chiesa di S. Maria dei Servi, sorta nella seconda metà del secolo XII (portale), rinnovata nel 1645 e condotta allo stato attuale verso il 1750.

    L'interno basilicale è a tre navate divise da pilastri. All’inizio della navata destra, il sepolcro Numai, strutturato da Tommaso Fiamberti, con bassorilievi di Giovanni Ricci (1502).

    La 3a cappella, dedicata a S. Pellegrino Laziosi, ricca di marmi pregiati e di ori, venne progettata nel 1741-43 da Giuseppe Merenda: nella cupola, S. Pellegrino di Francesco Antonio Bondi; dietro l’altare, l’urna contenente il corpo mummificato del santo, opera dei Toselli; sul fondo, Cristo crocifisso che risana la gamba a S. Pellegrino, tela di Simone Cantarini su traccia di Guido Reni.

    Nel presbiterio, notevole il grande coro quattrocentesco. Per una porta in fondo alla navata sinistra (rivolgersi in sagrestia) si passa nella trecentesca cappella del Capitolo, suggestivo ambiente in due vani, restaurato nel 1917 e in anni recenti, dove è stato riportato (1965) un affresco dai caratteri giotteschi (Crocifissione), assegnabile a Giuliano da Rimini; vi si conservano inoltre pregevoli affreschi (fatti della vita di S. Pellegrino) di Livio Agresti, restaurati, e altri dalla fine del secolo XIII al XVII, tra cui uno di squisita fattura (Madonna della Provvidenza) attribuito a Guglielmo Organi.

  • Palazzo della Provincia Forlì (FC)

    Già palazzo degli Studi, imponente edificio iniziato nel 1713 dai Padri della Missione, dalla sobria facciata.

  • S. Lucia Forlì (FC)

    Chiesa eretta nel 1614, ripresa in seguito, specie nel ricco interno (dove, sull’altare, è il sarcofago trecentesco di S. Ruffillo) da Giuseppe Merenda, con facciata del 1829.

  • Biblioteca comunale «Aurelio Saffi» Forlì (FC)

    Al piano nobile del palazzo del Merenda si trova l’accesso alla Biblioteca comunale «Aurelio Saffi», costituitasi nel 1750 con un primo nucleo formato dalla raccolta dei libri giuridici di Marcantonio Albicini, arricchitasi poi notevolmente con i fondi provenienti dalle congregazioni religiose soppresse e con molteplici donazioni di librerie private.

    Conta oltre 400 mila tra volumi e opuscoli e conserva famose edizioni di libri rari e di pregio (incunaboli e cinquecentine). Alto anche il numero dei manoscritti; tra questi, le opere in originale o in copie antiche dei vari cronisti forlivesi del XV secolo e la ricca documentazione storiografica e diaristica del periodo risorgimentale e postunitario.

    Celebre l’Offiziolo della Vergine, un codice del XIV secolo con smaglianti miniature a soggetto sacro e profano, tra le quali spicca la sequenza dei mesi, attribuita ad Andrea de’ Bartoli (seconda metà del secolo XIV).

    Da ricordare anche la grandiosa opera manoscritta di Cesare Maioli (1746-1823), botanico e naturalista, che elenca, in più volumi, centinaia di piante e di animali, arricchita da splendidi disegni acquarellati dell’autore.

    Di risonanza internazionale la cospicua raccolta in 38 volumi rilegati degli autografi di G.B. Morgagni (1682-1771), insigne anatomista di origine forlivese.

    Annesso alla biblioteca per lascito testamentario è il Fondo Carlo Piancastelli (1867-1938), formato in primo luogo da una ricchissima raccolta monografica riguardante la Romagna.

    Il patrimonio del Fondo comprende inoltre l’Autografoteca, nella quale sono conservati circa 250 mila tra documenti e autografi di personaggi rilevanti per la storia della politica e della cultura, a partire dal XII secolo fino alle soglie del XX; il selezionatissimo Monetiere Medagliere, con testimonianze numismatiche (a volte pezzi unici) che vanno dalla Roma repubblicana fino al 476 d.C.; l’imponente complesso di Disegni e stampe, con diverse migliaia di esemplari, spesso rarissimi.

  • Palazzo del Merenda Forlì (FC)

    Palazzo del Merenda, dal nome del suo architetto, o palazzo dell’Ospedale Vecchio, costruito nella prima metà del Settecento, con facciata compiuta nel 1827; all’angolo destro in alto, entro nicchia, la Carità, bel gruppo marmoreo dei fratelli Ballanti Graziani.

    L’edificio, assieme a quello che lo affianca a sinistra, è stato la sede storica (dal 1922) degli Istituti Artistici e Culturali della città di Forlì; con il trasferimento della sezione antica della Pinacoteca Civica nel nuovo complesso museale S. Domenico e delle collezioni del Novecento a palazzo Romagnoli, l’edificio mantiene oggi il ruolo principale di sede bibliotecaria, raccordata con il bacino di utenza universitario grazie alla sua prossimità con il campus di Forlì.

    Rimangono qui collocati alcune tele di grandi dimensioni del Sei-Settecento, la Quadreria Piancastelli, l’Armeria Albicini, il Museo Etnografico Romagnolo «Benedetto Pergoli» e il Museo Archeologico «Antonio Santarelli»; tali sezioni museali non sono attualmente aperte al pubblico, in quanto il palazzo è oggetto di riqualificazione.

  • Armeria Albicini Forlì (FC)

    Ospitata al primo piano del palazzo del Merenda, in suggestivi locali con soffitti a volta e con dipinti murali di gusto neo-medievale realizzati nel 1924 da Francesco Olivucci a decoro della raccolta museale.

    Il nucleo originario è costituito dalle armi collezionate dal marchese Raffaello Albicini, rinvenute per la maggior parte nel territorio romagnolo e donate ai Musei nel 1905 dal figlio Livio.

    Le armi bianche e da fuoco abbracciano un arco temporale cha va dal secolo XV al XIX. Ampio il repertorio di spade e spadini. Si segnalano alcuni elementi dell’armatura da torneo di Brunoro Zampeschi signore di Forlimpopoli, un archibugio corto da cavallo cosiddetto «Sforza Pallavicino», una pistola attribuibile al Maestro dei tralci a testa d’animale e una pistola Acquafresca.

    La raccolta originaria è stata poi incrementata con un altro centinaio di pezzi e dal 1958 accoglie armi e altri oggetti provenienti dal Congo, dono di Virginia Pedriali.

  • Museo etnografico romagnolo «Benedetto Pergoli» Forlì (FC)

    Nei corridoi e negli ambienti al secondo piano del palazzo del Merenda ha sede il museo etnografico.

    Antesignano di questa tipologia di raccolte, nasce al fine di conservare le varie ricostruzioni di ambienti tipici di una casa romagnola del XIX secolo (cucina, tinello, camera da letto) proposte alla «Mostra Etnografica romagnola» del 1921.

    La mostra fu organizzata nell’ambito delle Esposizioni Romagnole Riunite per volontà di un gruppo di intellettuali che si raccoglievano intorno alla rivista La piê, tra cui vi erano Aldo Spallicci, Emilio Rossetti e Benedetto Pergoli, direttore della biblioteca e delle collezioni museali civiche.

    La raccolta originaria si è poi incrementata negli anni con le attrezzature e il mobilio di intere botteghe donate al momento della cessazione delle attività artigiane. Nei corridoi si possono notare diversi oggetti e attrezzi di uso quotidiano (gramole, misurini, cavêie in ferro battuto, lucerne, strumenti vari per il lavoro nei campi e la vita sull’aia, tele stampate a ruggine e ceramiche d’uso).

    Un’ala del museo raccoglie 60 piccole tavole riproducenti le rocche e i castelli di Romagna, realizzate fra il 1928 e il 1930 dal pittore cesenate Giordano Severi.

  • Museo archeologico «Antonio Santarelli» Forlì (FC)

    Ubicato al piano terra del palazzo del Merenda, il museo è intitolato alla memoria di Antonio Santarelli (1832-1920), suo fondatore e primo direttore, pioniere delle ricerche e degli studi archeologici per l’area forlivese.

    Il museo, fondato nel 1884, custodisce i materiali provenienti da ritrovamenti fortuiti e dalle indagini archeologiche eseguite nei territori di Forlì e delle vallate dei fiumi Montone, Rabbi, Bidente/Ronco e Savio, in larga parte condotte dallo stesso Santarelli.

    Sono presenti anche interessanti oggetti di provenienza diversa, qui giunti per donazione da collezioni private. Degni di menzione i reperiti dalla località Bertarina di Vecchiazzano (tra cui una fibbia per cintura ostrogota) e dal villaggio di capanne di Villanova e le numerose testimonianze da Fiumana di Predappio. La necropoli di Dovàdo la (prima metà V secolo a.C.), pertinente alla facies umbra della Romagna, ha restituito corredi con elmi tipo Negan, schinieri e armi di ferro; mentre dal sepolcreto gallico di Rocca San Casciano (fine IV-inizi III secolo a.C.) provengono un elmo di ferro con applicazioni di bronzo, due spade di tipo La Tène, skyphoi con decorazione a cigno rosso e vasellame a vernice nera.

    Tra i reperti più noti si segnalano: la statuetta del dio Bes, che rimanda a contatti con l’Oriente, la Dea di Schiavonia, copia da un originale greco del V secolo a.C., il ritratto di Atalarico, reimpiegato in una fontana ma di rilevante importanza data la rarità del soggetto, la stele funeraria di San Varano, opera etrusca con influssi orientalizzanti databile alla fine del secolo VII a.C., una serie di bronzetti romani tra cui un Bacco fanciullo e un Pan dormiente, e un pettorale con la rappresentazione a sbalzo di due guerrieri (secolo VI a.C.) da una tomba rinvenuta a Càrpena.

    La sezione Lapidario raccoglie in particolare le iscrizioni dell’antica Forum Livii.

  • Pinacoteca e Quadreria Piancastelli Forlì (FC)

    Con il trasferimento della sezione antica della Pinacoteca Civica nel nuovo complesso museale S. Domenico e delle collezioni del Novecento a palazzo Romagnoli, sono rimaste a Palazzo del Merenda alcune tele di grandi dimensioni del Sei-Settecento e la Quadreria Piancastelli.

    Al primo piano del palazzo, con accesso diretto dallo scalone principale, la monumentale sala Maggiore (anche nota come sala dell’Ebe avendo essa accolto la sta tua della dea di Canova dal secondo dopoguerra al 2009) custodisce alcune importanti tele del Sei-Settecento: due opere del Guercino, Annunciazione e S. Giovanni Battista, S. Sebastiano di Francesco Albani, S. Pietro di Andrea Sacchi, i due ‘quadroni’ di Guido Cagnacci con Gloria di S. Valeriano e Gloria di S. Mercuriale, Apparizione della Madonna a S. Francesco di Sales di Carlo Maratta, Incoronazione di S. Rosa di Carlo Cignani, la Vergine e S. Filippo Neri di Carlo e Felice Cignani, S. Tommaso d’Aquino e l’Angelo di Felice Cignani, Visione di S. Romualdo di Filippo Pasquali, Madonna col Bambino e S. Filippo Neri di Felice Cignani, Crocifissione di Felice Andrea e Francesco Antonio Bondi, S. Francesco d’Assisi in preghiera di Felice An- drea Bondi, la Madonna del Rosario, S. Domenico e S. Caterina di Benedetto Gennari il Giovane, lo Sposalizio di S. Caterina d’Alessandria di Giuseppe Maria Galeppini, i Ss. Anna e Gioacchino e il Padre Eterno di Cristoforo Serra.

    Il salone di destra ospita invece la Quadreria Piancastelli, parte integrante della grande collezione raccolta e donata al Comune di Forlì da Carlo Piancastelli (1867-1938), che racchiude esempi di scuola romagnola ed emiliana del XV e XVI secolo: Innocenzo da Imola, Marco Palmezzano, Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo, Sebastiano Menzocchi, Girolamo Marchesi da Cotignola, Giulio Tonducci, Andrea Barbiani, Luca Longhi e significativi lavori dei Bertucci.

  • Piazzale della Vittoria Forlì (FC)

    Dello sviluppo urbano di Forlì in età fascista si può pienamente cogliere la portata raggiungendo, al termine del corso della Repubblica, il vasto piazzale della Vittoria.

    L’espansione della città dentro e soprattutto fuori delle mura tra gli anni 20 e 30 fu notevole e attuata secondo precisi piani edilizi che, al di là della demolita porta urbica dedicata a Vittorio Emanuele (sostituita dalle due palazzine Bazzani-Benini, architetture gemelle con torrette, di Cesare Bazzani), trovarono la massima espressione.

    Il piazzale presenta al centro il monumento ai Caduti, opera di Cesare Bazzani con sculture di Bernardino Boifava (1932). Sulla destra sono l’ingresso al parco della Resistenza (giardino pubblico creato nel 1816, ridisegnato nel 1830) e nell’angolo la Stazione Agraria, opera di Arnaldo Fuzzi (1932-35) che segna l’incrocio con via Zanchini.

    All’angolo del piazzale con il viale della Libertà il monumentale complesso dell’ex Collegio Aeronautico Gil, costruito in stile razionalista su disegno di Cesare Valle (1934-41).

  • Ex Collegio Aeronautico Gil Forlì (FC)

    Monumentale complesso costruito in stile razionalista su disegno di Cesare Valle (1934-41), occupa un vasto isolato tra viale Roma e viale della Libertà; simbolo della prestigiosa scuola per giovani aviatori era la possente statua di Icaro, realizzata nel 1940 dallo scultore abruzzese Francesco Saverio Palozzi e ancora visibile davanti all’ingresso di viale Roma dell’istituto scolastico che oggi ha qui sede.

  • Viale della Libertà Forlì (FC)

    Una serie di grandi fabbricati pubblici e a destinazione abitativa che si allineano lungo il viale della Libertà forma un interessante repertorio dell’architettura ‘di regime’: nell’angolo del piazzale della Vittoria il monumentale complesso dell’ex Collegio Aeronautico Gil; sul lato opposto di viale della Libertà il villino Boni (1933), di prospettive ancora ottocentesche, è un notevole esempio di edilizia residenziale borghese in epoca fascista.

    Seguono, sul lato destro, la casa della Gioventù italiana, altra monumentale opera di Cesare Valle (1934-36); di fronte, le due palazzine delle case dei Postelegrafonici di Ezio Bianchi (1931-32) e la Scuola elementare, opera di Arnaldo Fuzzi (1930-32) autore anche del vasto complesso dell’Istituto Tecnico Industriale (1937-41) sul lato opposto; le case popolari Incis su entrambi i lati del viale (Paolo Angella, 1932-33); e, prima di giungere al piazzale della nuova Stazione ferroviaria (1927), le case dei Ferrovieri, altra opera di Arnaldo Fuzzi (1932-33).

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
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