La collina bolognese: la fascia pedecollinare

In collaborazione con Touring Club

Il territorio che viene comunemente definito collina bolognese, e che ricade soltanto parzialmente all’interno dei confini amministrativi del Comune di Bologna, occupa un’area vasta (lunga circa 15 km e larga in media 5), geologicamente omogenea (terreni prevalentemente argillosi e gessosi), morfologicamente varia e dai confini frastagliati ma precisi: a ovest la valle del fiume Reno, a est quella del Sàvena, a sud il cosiddetto «contrafforte pliocenico» (affioramento di arenarie e conglomerati depositati dal golfo padano del Pliocene), e a nord la pianura padana.

Vero e proprio baluardo naturale, storicamente legato da un rapporto molto stretto con la città, ne ha limitato lo sviluppo urbano verso sud, accogliendo fin dal Medioevo luoghi di ritiro, cenobi e insediamenti conventuali, oltre a case rurali e ville suburbane. 

Il piede delle colline giunge a poca distanza dalla città murata (in nessun’altra città lungo la Via Emilia si ha maggiore prossimità), inglobato nei suoi limiti amministrativi, fiscali e giuridici, dalla medievale fascia della «Guardia civitatis» alla cinta daziaria.

Anche nelle rappresentazioni scenografiche della città i colli appaiono spesso, sia come quinte teatrali, sia come luoghi di osservazione.

Il breve itinerario percorre la zona più vicina alla città storica, la fascia territoriale immediatamente a ridosso del tratto meridionale delle mura esterne, occupata fin dall’epoca comunale da una cintura di chiese e conventi, e successivamente da ville, parchi e giardini.

Il tessuto edilizio, piuttosto rarefatto fino all’inizio del Novecento, si è successivamente diffuso nel fondovalle del torrente Aposa (odierna via S. Mamolo), oltre che in costa alle pareti collinari e nelle adiacenze dei giardini pubblici Margherita.

  • Lunghezza
    11,7 km
  • Bologna Bologna (BO)

    Capoluogo della regione Emilia-Romagna e centro generatore di un’area metropolitana, Bologna m 54, è una delle città più animate d’Italia grazie sia al carattere dei suoi abitanti, sia all’incredibile numero di giovani che frequentano la sua Università. Il suo assetto antico, ottimamente conservato, permette un’agevole lettura delle fasi della sua storia. L’ellisse dei viali di circonvallazione interna perpetua il disegno delle mura trecentesche, al di là delle quali si allargano i quartieri sviluppatisi dalla fine del sec. XIX. Entro le mura l’impianto urbanistico radiocentrico resta prettamente medievale, ma il volto urbano è in più larga parte sei-settecentesco, con rilevanti inserzioni dello scorso secolo; fuori delle mura si ripropongono – con qualche significativa attenuazione – i paesaggi e i problemi delle grandi concentrazioni urbane italiane. Bologna è la maggiore fra le città che non furono capitali di stati preunitari e, nonostante la precocissima solida vocazione universitaria, per secoli viaggiatori ed eruditi la collocarono nella gerarchia urbana italiana in posizioni contraddittorie. Ma la città ha guadagnato posizioni dopo l’unità nazionale, via via che le infrastrutture di comunicazione (ferroviarie prima, autostradali poi) la qualificavano come nodo essenziale fra Nord e Italia peninsulare. Oggi l’importanza di Bologna – valutata su parametri economici, culturali, direzionali – è maggiore di quanto non indichi il suo peso demografico (394.463 abitanti secondo la stima Istat nel 2021; erano 490.528 nel 1971). Bologna nel 2006 è stata dichiarata dall’Unesco «Città creativa della musica» – prima in Italia e seconda in Europa dopo Siviglia – per la tradizione musicale in continua evoluzione e l’impegno a promuovere la musica come mezzo di sviluppo economico e di inclusione sociale e culturale. Inoltre a luglio 2021, dei 62 km totali di portici bolognesi (fra centro e periferia), 12 tratti sono stati iscritti nel sito seriale del Patrimonio mondiale dell’Umanità, in quanto sono «espressione ed elemento dell’identità urbana» della città: via S. Caterina, piazza S. Stefano, il monumentale complesso del Baraccano, la nobile via Galliera, il portico del Pavaglione e piazza Maggiore, via Zamboni, il portico della Certosa, il portico di S. Luca che sale in collina, piazza Cavour e via Farini con i soffitti decorati, i portici di Strada Maggiore, quelli del Mambo (Museo di Arte Moderna di Bologna), nel quartiere Barca, i portici dell’edificio chiamato il Treno.

  • SS. Annunziata Bologna (BO)

    Caratterizzata da uno snello porticato a 19 arcate con lunette istoriate, la chiesa della SS. Annunziata nella veste attuale è una ricostruzione della fine del XV secolo di un monastero di monaci basiliani armeni, del quale sopravvivono ancora alcune tracce. Rimaneggiata a più riprese (il campanile è del 1690), nel 1870 fu sconsacrata e adibita a uso militare, al pari del convento. Riaperta al culto sul finire dell’ultima guerra, venne in quell’occasione radicalmente ripristinata. L’interno a tre navate è diviso in sei campate archiacute, con pilastri polistili alternati a colonne, seguite da due campate ad arco semicircolare, su pilastri polistili. A sinistra dell’ingresso, monumento al medico G.B. Teodosio da Parma (m. 1538). Alla parete della navata sinistra, pregevole affresco riportato con l’Adorazione dei Magi di Biagio Pupini (1523-24), che ha utilizzato un cartone di Baldassarre Peruzzi. Nel catino dell’abside, Gloria di S. Francesco di Angelo Bigari e Davide Zanotti (1762). Di fronte al porticato della chiesa della SS. Annunziata, all’interno dei numeri 5-21 di via S. Mamolo, si intravedono tracce della chiesa dedicata ai Ss. Girolamo ed Eustachio, un tempo conosciuta anche come «badia delle Acque» (Girolamo Rainaldi, 1628-46). Nella parte più interna dell’isolato è pure riconoscibile un chiostro quadrato (con pozzo) del XV secolo.

  • Via dell'Osservanza Bologna (BO)

    Aperta nel 1660 su progetto di Paolo Canali, allo scopo di raggiungere le chiese localizzate lungo la cresta collinare (all’angolo, la casa dove il 6 aprile 1912 morì Giovanni Pascoli). Al N. 19 è la villa Baruzziana (oggi casa di cura). Più avanti, N. 25, presso la cosiddetta Ca’ di mezzo è l’ex chiesa di S. Apollonia, detta di Mezzaratta. Più in alto, km 2.6, piegando a destra all’altezza di un incrocio di quattro strade, si raggiunge subito il sito sul quale sorge la neoclassica villa Aldini. Sul retro la villa ingloba l’ex santuario o rotonda della Madonna del Monte. Collegato visivamente alla villa Aldini è il convento dell’Osservanza m 230, con annessa chiesa di S. Paolo in Monte.

  • S. Apollonia Bologna (BO)

    L’ex chiesa di S. Apollonia, detta di Mezzaratta (il toponimo significa a metà della «ratta», ossia della salita dell’Osservanza), fu fondata nel XII secolo e alterata da numerosi interventi. Il ciclo di affreschi trecenteschi (di Vitale da Bologna, Simone dei Crocifissi e allievi) che lo adornava è ora custodito nella Pinacoteca nazionale.

  • Villa Baruzzi detta la Baruzziana Bologna (BO)

    La villa (oggi casa di cura) fu eretta nel 1836 dallo scultore Cincinnato Baruzzi; nell’interno, alcune sue opere e copie di opere di Canova.

  • Villa Aldini Bologna (BO)

    Villa neoclassica fatta costruire da Antonio Aldini, ministro di Napoleone, tra 1811 e 1816, dietro suggerimento dello stesso Bonaparte. Disegnata da Giuseppe Nadi, la villa fu danneggiata durante la guerra e poi restaurata. La facciata, su alto basamento, mostra un grande pronao aperto da tre porte, con colonnato ionico che si prolunga nei fianchi e sul quale si alza il timpano con un grande bassorilievo (divinità dell’Olimpo) di Giacomo De Maria (1815). Sul retro la villa ingloba l’ex santuario o rotonda della Madonna del Monte, risalente con ogni probabilità alla seconda metà del XII secolo, restaurato tra 1933 e ’39. La villa domina un ampio spazio da cui si gode di uno dei panorami più belli di Bologna, e al contempo è essa stessa una delle vedute più affascinanti dal centro cittadino.

  • Convento dell'Osservanza Bologna (BO)

    Collegato visivamente alla villa Aldini è il convento dell’Osservanza m 230, con annessa chiesa di S. Paolo in Monte. Il complesso, prima sede della riforma francescana a Bologna, venne edificato dai Minori Osservanti nel 1403, ma la chiesa fu ricostruita nel 1828 da Vincenzo Vannini. Il nome richiama l’obbedienza della regola francescana che, alla fine del XIII secolo, ebbe il suo primo centro di pratica nel luogo dove oggi sorge la chiesa. L'interno è a pianta basilicale, con sei altari laterali. Al 3° a destra, bella statua di S. Francesco di Angelo Piò; nell’abside, Conversione di S. Paolo di Carlo Bononi entro ornato di Alessandro Franceschi, e a sinistra, sulla porta che conduce al convento, il Beato Marco Fantuzzi di Elisabetta Sirani; al 2° altare sinistro, Crocifissione di Orazio di Jacopo (1425 c.). Nel convento, due statue (S. Pietro d’Alcantara e il compagno di viaggio) di Gaetano Pignoni, oltre a dipinti di Giacomo Cavedoni, Gaetano e Ubaldo Gandolfi, Antonio Crespi, Filippo Pedrini. Vi è pure allestito un Museo missionario d’arte cinese e Museo dell’Osservanza, con materiali d’interesse etnografico raccolti dai missionari francescani.

  • Eremo di Ronzano Bologna (BO)

    Dal parco di villa Ghigi, dalla via di Gaibola uno stradello pedonale conduce alla chiesa e al convento di Ronzano m 286, sede di un collegio dell’ordine dei Servi di Maria. Nato come romitorio femminile (1140), ospitò le monache della SS. Trinità dai primi anni del XIII sec. al 1265; passò poi ai Fratres milites della Beata Vergine Gloriosa, più noti come Frati gaudenti, appellativo con il quale li ricorda Dante (Inferno, XXIII, 103-5). A partire dal 1475 fu dei Domenicani che riedificarono l’intero complesso, chiamando alla costruzione, ultimata nel 1485, Gaspare Nadi e Giovanni Piccinini. La sobria facciata decorata da rosone venne rifatta verso la metà del secolo XIX. L’interno ha le cappelle e l’arco trionfale interamente rivestiti di affreschi di ignoti artisti di scuola emiliana e lombarda del primo Cinquecento. Nel chiostro del convento, il bel pozzo è della fine del secolo XV.

  • Parco Villa Ghigi Bologna (BO)

    Il parco pubblico di Villa Ghigi è un esempio dell’opera di integrazione tra attività agricole e uso pubblico che caratterizza la politica del territorio da parte dell’amministrazione comunale bolognese. La villa è una residenza signorile di campagna di aspetto ottocentesco e sorge in una vasta area verde, curata e attrezzata, percorribile solo a piedi, che rappresenta uno dei principali patrimoni naturalistici cittadini. Oltre alla villa, da tempo disabitata, e all’adiacente casa del custode, in via di recupero come punto di ristoro, il parco comprende i nuclei colonici del Palazzino, sede della Fondazione Villa Ghigi, e del Becco. Sede di un’intensa attività di educazione ambientale sin dai primi anni ’80 del Novecento, da una dozzina d’anni il parco è gestito direttamente dalla Fondazione Villa Ghigi, che ha avviato un programma di ripristino e arricchimento per renderlo un luogo sempre più ricco di biodiversità, attraente e frequentato, oltre che per passeggiate, per esperienze educative, sociali e culturali.

  • S. Maria degli Angeli Bologna (BO)

    L’antico convento di S. Maria degli Angeli, rimaneggiato e poi incorporato nel cinquecentesco collegio Montalto, è oggi occupato dal centro Amilcar Cabral di studi internazionali.

  • Monastero di S. Michele in Bosco Bologna (BO)

    In parte pertinenza dei Padri Olivetani, in parte sede dell’Istituto ortopedico Rizzoli. Nel complesso hanno sede anche il Museo dell’Assistenza Infermieristica e la Donazione Putti. Nell’area di un cenobio di cui si hanno testimonianze fin dall’inizio del XII secolo, nel 1364 si stabilirono gli Olivetani, cui si deve la costruzione del complesso monastico. L’edificazione della prima chiesa risale al 1437-55, alla quale seguì un’integrale ricostruzione (1517-23), attribuita da una parte della storiografia novecentesca a Biagio Rossetti; la vicenda costruttiva si concluse tra 1658 e ’60 con una serie di restauri. Dopo la soppressione degli Olivetani (1797), il monastero ebbe diverse destinazioni d’uso, finché nel 1896 divenne sede dell’Istituto ortopedico Rizzoli. La parte monumentale del complesso comprende la chiesa, il coro notturno o capitolo, il chiostro dei Carracci, tutti visitabili liberamente; e inoltre il refettorio e la biblioteca, per i quali è necessario rivolgersi alla direzione dell’Istituto Rizzoli. La facciata della chiesa, a due ordini, tripartita da lesene, presenta un fastigio con due volute e un piccolo occhio centrale. Il *portale in pietra d’Istria fu eseguito nel 1523 su disegno di Baldassarre Peruzzi. Sotto il portico laterale è un secondo portale dagli ornati formigineschi. Il fianco settentrionale prosegue con la quattrocentesca sagrestia, che si innalza su muri perimetrali preesistenti aperti da nove monofore che illuminano la cripta. Delle absidi, la minore è di forme gotiche e la maggiore, semicircolare, rinascimentale. Tra le due, si eleva il campanile del 1520, con base quattrocentesca, cella campanaria di forme classiche e cupola rifatta da Tito Azzolini nel 1890. L'interno è a una sola navata, con quattro cappelle e vasto presbiterio rialzato, separato mediante due transenne dal corpo principale. La decorazione a fresco delle pareti fu realizzata in più riprese e da vari specialisti nel corso del Seicento: di Carlo Cignani e Domenico Santi sono i bellissimi medaglioni e i puttini sulle porte laterali (1658-60); di Domenico Maria Canuti, i monaci benedettini sulle pareti in alto (1658-60); di Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli, le prospettive sulle pareti in basso (1656 c.); l’affresco sopra l’arco del presbiterio (L’arcangelo Michele che scaccia i demoni) è del Canuti, che dipinse anche l’Immacolata del catino absidale e il Trionfo della Verità della cupola (1682-84). Sopra il portale principale, pregevole organo di G.B. Facchetti (1524-26), inserito in una mostra architettonica di fra’ Raffaele da Brescia, rinnovata da Antonio Levanti (1654). A sinistra dell’ingresso, Sepoltura di Cristo, dipinto del Canuti; nella 2a cappella sinistra, all’altare, S. Francesca Romana di Alessandro Tiarini (1614), e sulla volta, affreschi (Vita e opere della santa) di Gioacchino Pizzoli (1705). Le transenne e l’arco che delimitano il presbiterio sono di Bernardino da Milano (1530 c.), con sculture di Giovanni Maria Rossi (1662). Dalla porta della transenna sinistra si scende alla cripta, che mostra tracce della costruzione quattrocentesca. Un’altra porta sempre a sinistra immette nella vasta sagrestia, affrescata in base a un progetto di Girolamo da Carpi (1525-26) che eseguì personalmente i santi della parete destra e la Trasfigurazione centrale, nella quale si avverte l’influsso del capolavoro di Raffaello dei Musei Vaticani. L’esecuzione degli esagoni del soffitto e delle lunette venne affidata a Biagio Pupini e Giovanni Borghese. Nella cappellina, storie bibliche di fra’ Paolo Novelli (1622). Di ritorno in chiesa, attraverso una porta a destra del presbiterio si accede al corridoio che conduce al Coro notturno (o Sala capitolare), arricchito da decorazioni in macigno con dorature, attribuite al Formigine e da un notevole insieme di affreschi di Innocenzo da Imola (1517-20). Alla parete del corridoio, bella pietra tombale di Antonio da Budrio, eseguita da Jacopo della Quercia nel 1435. Un’altra porta a destra, di fianco al presbiterio, dà accesso al chiostro detto dei carracci, a pianta ottagonale, progettato da Pietro Fiorini all’interno di un chiostro quadrato preesistente, e costruito con modifiche da Guglielmo Conti (1602). I celebri *affreschi (storie di S. Benedetto e dei Ss. Cecilia e Valeriano), vero ‘parnaso’ della pittura bolognese del Seicento, furono eseguiti tra il 1603 e il 1604 da Ludovico Carracci, Guido Reni, Lucio Massari, Lorenzo Garbieri, Francesco Brizio, Lionello Spada, Giacomo Cavedoni, Alessandro Tiarini e altri. Quasi cancellati dal tempo, oggi sopravvivono solo deperiti lacerti (due scene del Massari, una del Tiarini e una di Ludovico Carracci). Si rientra in chiesa; la 2a cappella destra conserva, all’altare, il Transito di Carlo Borromeo del Tiarini, autore anche dei quattro affreschi laterali con storie del santo (1614); nella 1a cappella destra la pala d’altare di Jacopo Alessandro Calvi ritrae una Madonna col Bambino assieme al beato Tolomei al quale un angelo consegna la Regola; il dipinto è una copia di una tela del Guercino del 1661 sottratta dai Francesi; segue, a sinistra del portale d’ingresso, dentro un’edicola di Bernardino da Milano, il monumento sepolcrale di Ramazzotto de’ Ramazzotti di Alfonso Lombardi (1533). Il refettorio, vastissimo, reca nella fascia, entro ornati a grottesche, raffigurazioni dei principali monasteri dell’ordine olivetano, affrescati da Cristoforo Gherardi e Stefano Veltroni, scolari del Vasari. La *biblioteca, assai importante, ha volte magnificamente dipinte da Domenico Maria Canuti e dall’ornatista Enrico Haffner (1677), cui si deve anche la prospettiva di fondo. Il parco (7 ettari circa), realizzato durante la trasformazione del monastero in ospedale che si concluse nel 1896, è tuttora di proprietà dell’Istituto ma gestito dal Comune di Bologna. Il grandioso complesso monastico che oggi costituisce l’Istituto ortopedico Rizzoli si articola attorno a due grandi chiostri costruiti dall’architetto Pietro Fiorini tra la fine del Cinquecento e i primi anni del Seicento. Dopo alterne vicende legate alle soppressioni napoleoniche e alle occupazioni da parte degli Austriaci, con i fondi del lascito testamentario del chirurgo Francesco Rizzoli, la Provincia riuscì ad acquistare dal demanio l’intero complesso e a trasformarlo in struttura ospedaliera specializzata in campo ortopedico, inaugurata nel 1896 alla presenza dei reali di casa Savoia. A fianco dell’abside della chiesa si apre un magnifico belvedere sulla città. Il braccio di collegamento dei vari corpi del monastero è lungo oltre 162 metri ed era il corridoio del dormitorio su cui si affacciavano le celle dei monaci, coperto da volte a crociera. Nel pavimento vi è una meridiana del 1788, opera dell’astronomo olivetano Ferdinando Messia di Napoli.

  • Parco di S. Michele in Bosco Bologna (BO)

    Il parco (7 ettari circa), realizzato durante la trasformazione del monastero in ospedale che si concluse nel 1896, è tuttora di proprietà dell’Istituto ma gestito dal Comune di Bologna. Lungo le pendici del colle, in passato coltivato, si alternano grandi esemplari di cedro, gruppi di conifere e un lembo di bosco naturale con querce maestose. Il recente restauro del parco ha in parte recuperato il disegno originario e ripristinato il vasto panorama su Bologna che si apre dal piazzale della chiesa: un belvedere che nei secoli è stato ritratto in dipinti e stampe e ha incantato visitatori di tutti i Paesi (tra i tanti, Stendhal che, di passaggio a Bologna nel 1817, ne magnificò la vastissima visuale).

  • Villa Revedin Bologna (BO)

    Circondata da un vasto parco villa Revedin (attuale Seminario arcivescovile), fu costruita agli inizi dell’Ottocento sul sito del convento dei Cappuccini di S. Croce del Monte Calvario.

  • Cenobio di S. Vittore Bologna (BO)

    A m 250, complesso costituito dalla chiesa, dal chiostro e dalla foresteria. Ricordato fin dall’XI secolo, nel successivo fu ampliato e venne costruito il chiostro, poi modificato alla fine del XV secolo. Nel 1864 il complesso subì notevoli alterazioni, restaurate a più riprese nel corso del XX secolo. In estate ospita un cartellone di concerti ed eventi culturali. L’interno è diviso in due parti da un transectum aperto in alto da una loggetta a sei archi, che separava il coro dei Canonici (concluso nel 1426 e anch’esso ripristinato) dalla chiesa riservata ai fedeli. In questa sono avanzi di affreschi del ’400, fra cui una Madonna col Bambino di Tommaso Garelli; nel coro, con piccola abside quadrata, stalli intagliati nel 1426 da Pellegrino degli Anselmi e Pietro di Antonio (notare sopra la porta d’accesso la figura dipinta di S. Vittore e alcune teste di profeti del XIII secolo). Sul fianco destro della chiesa è un leggiadro chiostro, quasi completamente rifatto alla fine del Cinquecento, con eleganti colonnine binate e pozzale del 1560.

  • Villa Guastavillani Bologna (BO)

    A m 264, voluta dal cardinale Filippo Guastavillani, nipote di papa Gregorio XIII, e realizzata nel 1575 su disegni di Ottaviano Mascherino e Tommaso Martelli. Nonostante i rimaneggiamenti del prospetto (1878), e le compromissioni ambientali subite dal giardino all’italiana, è rimasta sostanzialmente immutata la monumentalità dell’insieme. Nel 1998 il palazzo è stato acquisito dall’Università di Bologna ed è sede di una scuola di formazione post-laurea. Nell’interno, singolare al piano terreno una sala decorata da Francesco Guerra con pietre colorate e conchiglie in guisa di grotta o ninfeo; al primo piano, tra i diversi ambienti decorati nel Sei e Settecento con fregi, grottesche, scene di genere, paesaggi ecc., sono notevoli una sala con soffitto ligneo cinquecentesco decorato a motivi ornamentali, la camera da letto del cardinale Filippo Guastavillani, adorna di affreschi di Denijs Calvaert, e la cappella gentilizia, nella quale gli affreschi del sottarco, della volta e delle pareti sono da attribuire a Orazio Samacchini, e gli stucchi furono modellati da Lazzaro Casario; l’Annunciazione, già attribuita al Calvaert, è ora ritenuta di Lorenzo Sabbatini. La villa era rinomata anche per le fontane e i giochi d’acqua, frutto di un complesso progetto di rete idraulica attribuito a Tommaso Laureti.

  • S. Maria della Misericordia Bologna (BO)

    A margine di un giardinetto con al centro il busto di Enrico Panzacchi (1912) e arretrata nell’affaccio sulla piazza di Porta Castiglione, è la chiesa di S. Maria della Misericordia, annessa fin dal XIII secolo a un convento di monache cistercensi. Ingrandita attorno al 1431 dagli Olivetani, che ne impostarono la ripartizione trinavata, fu poi dotata di un avancorpo porticato (1473), ampliato nei secoli XVI e XVIII. Il curvilineo coronamento della facciata è dovuto a trasformazioni tardo-settecentesche del precedente, cuspidato. L’interno è a tre navate, spartite da colonne in laterizi. Sopra l’ingresso, importante organo seicentesco, la cui cassa è datata 1626. Nella 2a cappella destra, nei vetri della rosa superiore, Madonna in atto di adorare Gesù e santi di Francesco Francia (1499), e all’altare, Madonna col Bambino di Lippo di Dalmasio (1397); nella 4a, grande tabernacolo ligneo, intagliato da Matteo Cossich detto il Tedesco (1624); nella 5a, Pentecoste di Bartolomeo Cesi; la 6a, di bella architettura toscana rinascimentale, ha nei vetri della rosa un Battista del Francia; all’altare, Annunciazione di Ubaldo Gandolfi (1772). Nel presbiterio, con volta a cordonate gotiche, grande ancona intagliata del Cinquecento, che incornicia una copia ottocentesca dell’Adorazione del Bambino di Francesco Francia, il cui originale è nella Pinacoteca nazionale. Nella 6a cappella sinistra, pure con volta a cordonature gotiche, a sinistra, Madonna incoronata da angeli, due santi e offerenti del Bagnacavallo.

  • Museo tattile Anteros Bologna (BO)

    Allestito presso l’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza, il museo, che espone riproduzioni tridimensionali di celebri opere d’arte dall’antichità classica alla contemporaneità, ha lo scopo di rendere accessibile anche ai non vedenti e agli ipovedenti la conoscenza dell’arte. Accanto ai rilievi plastici sono esposte tavole didattiche ed esplicative in Braille.

  • Giardini Margherita Bologna (BO)

    Vicino alla chiesa di S. Maria della Misericordia è l’ingresso principale ai giardini Margherita (55 ettari), il principale parco cittadino, impostati nel 1875 su disegno del conte Emanuele Bertone di Sambuy e aperti al pubblico nel 1879 con il nome di Passeggio Regina Margherita. Vi sono stati ricomposti interessanti reperti archeologici, oggi in gran parte conservati al Museo civico Archeologico; a sinistra, lungo il viale d’ingresso, un tratto del decumano massimo della città romana, rinvenuto sotto la via Rizzoli; nel vasto prato disegnato tra i viali Bottonelli e Drusiani, una grande tomba formata da blocchi di pietra squadrata (fine VI-V secolo a.C.) appartenente a un sepolcreto felsineo di oltre 200 tombe, analogo a quello della Certosa (materiali presso il Museo civico Archeologico), venuto alla luce a più riprese (primo scavo nel 1876, ultimo nel 1987); lungo il lato destro del viale Drusiani, la ricostruzione di un modello a dimensioni reali di una capanna villanoviana. Più tradizionali elementi di arredo sono il bar-ristorante-acquario di Melchiorre Bega (1935, poi rimaneggiato), affacciato su un laghetto artificiale, e nei pressi dell’accesso dalla porta S. Stefano, il monumento a Vittorio Emanuele II di Giulio Monteverde (1888), qui trasportato dalla piazza Maggiore nel 1944. Sempre all’interno dei giardini, una palazzina liberty è sede dell’Osservatorio astronomico «Fabio Muzzi Giovagnoni», aperto al pubblico, con calendario di attività didattiche.

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
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