Bologna entro la terza cerchia. Le aree di levante

In collaborazione con Touring Club

La necessità di fornire un’adeguata difesa e il pieno riconoscimento, anche giuridico, di una identità urbana ai nuovi borghi cresciuti al di fuori della cerchia dei torresotti, sull’onda della spinta demografica del XIII secolo, comportò la costruzione di una nuova cinta fortificata, conclusa solamente nel 1374 e conservatasi fino al 1902, anno della sua demolizione. 

La sua definizione fisica, contrassegnata da 12 porte, assimilabile a un poligono circoscritto alla precedente cinta muraria, è oggi riconoscibile, per negativo, da una parte dalla cicatrice ricalcata dai nuovi viali di circonvallazione, ampliati all’inizio dell’Ottocento sul tracciato delle allées impostate in età napoleonica, e dall’altra dalla cortina di edilizia residenziale cresciuta sulle aree liberate. 

Per oltre cinque secoli il limite fisico della terza cerchia ha imposto a Bologna la propria forma urbis, raccolta dai cartografi e restituita dalle immagini da loro tramandate. Sono soprattutto queste ultime che ci permettono di misurare le trasformazioni avvenute in un tessuto il quale, da ortivo e imperfettamente urbanizzato che era, si è progressivamente fatto più complesso e fittamente costruito. 

Il percorso dal centro verso levante segue dapprima parte del tratto cittadino della Via Emilia denominato strada Maggiore; successivamente, attraverso una rete secondaria di percorsi, ricuce la struttura radiocentrica dei diversi assi stradali che si dipartono dall’antico carrobbio di piazza di Porta Ravegnana

L’alta qualità delle singole opere che emergono nel tessuto urbano e soprattutto il suo diffuso stato di conservazione, secolare oggetto di sostituzioni edilizie e di restauri, mai vistosamente in contrasto con le primitive tipologie, restituiscono un’immagine ancora molto omogenea di questa parte di città.

  • Lunghezza
    n.d.
  • Bologna Bologna (BO)

    Capoluogo della regione Emilia-Romagna e centro generatore di un’area metropolitana, Bologna m 54, è una delle città più animate d’Italia grazie sia al carattere dei suoi abitanti, sia all’incredibile numero di giovani che frequentano la sua Università. Il suo assetto antico, ottimamente conservato, permette un’agevole lettura delle fasi della sua storia. L’ellisse dei viali di circonvallazione interna perpetua il disegno delle mura trecentesche, al di là delle quali si allargano i quartieri sviluppatisi dalla fine del sec. XIX. Entro le mura l’impianto urbanistico radiocentrico resta prettamente medievale, ma il volto urbano è in più larga parte sei-settecentesco, con rilevanti inserzioni dello scorso secolo; fuori delle mura si ripropongono – con qualche significativa attenuazione – i paesaggi e i problemi delle grandi concentrazioni urbane italiane. Bologna è la maggiore fra le città che non furono capitali di stati preunitari e, nonostante la precocissima solida vocazione universitaria, per secoli viaggiatori ed eruditi la collocarono nella gerarchia urbana italiana in posizioni contraddittorie. Ma la città ha guadagnato posizioni dopo l’unità nazionale, via via che le infrastrutture di comunicazione (ferroviarie prima, autostradali poi) la qualificavano come nodo essenziale fra Nord e Italia peninsulare. Oggi l’importanza di Bologna – valutata su parametri economici, culturali, direzionali – è maggiore di quanto non indichi il suo peso demografico (394.463 abitanti secondo la stima Istat nel 2021; erano 490.528 nel 1971). Bologna nel 2006 è stata dichiarata dall’Unesco «Città creativa della musica» – prima in Italia e seconda in Europa dopo Siviglia – per la tradizione musicale in continua evoluzione e l’impegno a promuovere la musica come mezzo di sviluppo economico e di inclusione sociale e culturale. Inoltre a luglio 2021, dei 62 km totali di portici bolognesi (fra centro e periferia), 12 tratti sono stati iscritti nel sito seriale del Patrimonio mondiale dell’Umanità, in quanto sono «espressione ed elemento dell’identità urbana» della città: via S. Caterina, piazza S. Stefano, il monumentale complesso del Baraccano, la nobile via Galliera, il portico del Pavaglione e piazza Maggiore, via Zamboni, il portico della Certosa, il portico di S. Luca che sale in collina, piazza Cavour e via Farini con i soffitti decorati, i portici di Strada Maggiore, quelli del Mambo (Museo di Arte Moderna di Bologna), nel quartiere Barca, i portici dell’edificio chiamato il Treno.

  • Strada Maggiore Bologna (BO)

    Direttrice privilegiata della Bologna pontificia per i collegamenti con Roma, corrispondente alla strata Maior, ossia al tratto suburbano della Via Aemilia a levante di Bononia, leggermente disassato rispetto al decumano massimo corrispondente alle vie Rizzoli-Ugo Bassi. Porticata per la maggior parte della sua lunghezza su ambo i lati, la strada Maggiore allinea una sequenza di edifici residenziali altamente rappresentativi. Subito all’inizio, la chiesa di S. Bartolomeo. Ai numeri 11 e 13, rispettivamente la trecentesca casa Bonfanti e la quattrocentesca casa Gioanetti, ambedue integralmente restaurate da Alfonso Rubbiani (1907). In corrispondenza della prima, nell’area del complesso commerciale Palazzo Lupari, è stato rinvenuto un lungo tratto della Via Aemilia. Nella seconda, il rifacimento del Rubbiani ha interessato la totalità delle decorazioni in cotto, le merlature e le colonnette delle bifore. Sul lato sinistro la strada mantiene un carattere improntato al classicismo. Al N. 20, il tardo-rinascimentale palazzo Gessi, seguito dal palazzo Malvasia, al N. 22. Poco oltre, al N. 24, la casa Sampieri. Nuovamente a destra, al N. 19, la casa Isolani. La cortina edilizia sul lato opposto della strada si interrompe oltre la casa (N. 26) fatta costruire da Gioacchino Rossini, decorata da un fregio a emblemi musicali e distici latini, che prosegue lungo la piazza S. Michele. Su questa prospetta il fianco della chiesa di S. Michele Arcangelo. La serie delle dimore senatorie lungo la strada Maggiore prosegue con il cinquecentesco palazzo Sanguinetti già Aldini, N. 34, al cui interno si trova il Museo internazionale e Biblioteca della musica. Ai numeri 38 e 40 sono ancora riconoscibili resti di finestre a sesto acuto, mentre il palazzo Poggi (poi Tartagni), al N. 42, ristrutturato da Angelo Venturoli (1790), conserva i capitelli tardo-quattrocenteschi. Fronteggia quest’ultimo, al N. 37, il palazzo Baciacomari, residenza di Carducci dal 1876 al 1890. Sulla destra della strada Maggiore si apre il quadriportico della chiesa di S. Maria dei Servi. A fronte del quadriportico sul lato opposto di strada Maggiore, al N. 44, il palazzo Davia Bargellini, sede del Museo civico d’Arte industriale e Galleria civica Davia Bargellini. Al N. 45 il palazzo Hercolani, sede della facoltà di Scienze Politiche e sociali dell'Università di Bologna.

  • Ss. Bartolomeo e Gaetano Bologna (BO)

    Costruita su un disegno di G.B. Falcetti, elaborato da Agostino Barelli (1653-84), sorge sul sito dell’incompiuto palazzo priorale iniziato da Andrea da Formigine nel 1517 e di cui è rimasto il massiccio portale in arenaria (eroso in più punti) sottostante al portico, pure formiginesco, che cinge il fianco sinistro. L'interno è a croce latina, a tre navate divise da colonne ioniche. Nella volta della navata centrale, *Visione di S. Gaetano, grandioso affresco di Angelo Michele Colonna e Giacomo Alboresi (1667). Procedendo nella visita alle navate laterali, illuminate da cupolette con lanterna, al 2° altare destro, S. Carlo al sepolcro di Varallo di Ludovico Carracci (1614); al 4°, Annunciazione detta dal bell’angelo di Francesco Albani (1632) e, alle pareti laterali, Natività di Gesù e Sogno di Giuseppe dello stesso (1633). Nel transetto destro, sulla volta Gloria di S. Stefano di Giovanni Antonio Burrini e Marcantonio Chiarini (1695). Nell’abside, Martirio di S. Bartolomeo e due Miracoli del santo, affreschi di Marcantonio Franceschini e Luigi Quaini (1685 c.). La decorazione del catino e della cupola è stata eseguita da Giuseppe e Antonio Rolli (1691). Nella cappella del transetto sinistro, sotto un dipinto con il Beato Paolo Buralli di Ubaldo Gandolfi (1772), piccola Madonna col Bambino dormiente di Guido Reni (1632).

  • Palazzo Malvasia Bologna (BO)

    Palazzo Malvasia, già Fantuzzi, la cui facciata cinquecentesca si eleva su di un portico del XV secolo; all’interno, una scala architettata da Giovanni Carlo Bibiena (1750), con statue di Filippo Scandellari.

  • Casa Sampieri Bologna (BO)

    In tre sale del pianterreno conserva, entro raffinate cornici di Gabriele Fiorini, affreschi di Ludovico, Agostino e Annibale Carracci, ispirati al mito di Ercole (1593-94); il soffitto del salone al piano nobile è decorato con un Ercole e Anteo di Guercino.

  • Casa Isolani Bologna (BO)

    Caratteristica residenza medievale (restaurata da Raffaele Faccioli nel 1877) che presenta un fronte del XIII secolo con portico a stilata lignea (tre travi di quercia di 9 m di altezza, impostati su zoccoli in muratura).

  • Casa Rossini Bologna (BO)

    Fatta costruire da Gioacchino Rossini (Francesco Santini, 1824-27), decorata da un fregio a emblemi musicali e distici latini, che prosegue lungo la piazza S. Michele.

  • S. Michele Arcangelo Bologna (BO)

    Più nota come S. Michele dei Leprosetti), è stata ricostruita nel 1765 e dal 2015 affidata alla comunità ucraina di rito greco-cattolico. All’interno, sull’altare maggiore, Madonna col Bambino e S. Michele Arcangelo di Giovan Francesco Gessi, e al 2° altare sinistro, Madonna col Bambino e santi di Gaetano Gandolfi (firmata e datata 1783).

  • Museo internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna Bologna (BO)

    Inaugurato nel 2004 nei locali del restaurato cinquecentesco palazzo Sanguinetti, già Aldini, rimaneggiato da G.B. Martinetti nel 1798. A sfondo del cortile, suggestiva prospettiva architettonica di Luigi Busatti (inizio secolo XIX). Nell’interno, sale decorate nella prima metà dell’Ottocento da Serafino Barozzi, Vincenzo Martinelli (stanze ‘a paese’), Antonio Basoli, Pietro Fancelli, Gaetano Lodi. Nell’edificio confinante è inglobata la torre Oseletti. Il percorso museale si sviluppa al piano nobile, dove le sale ospitano oltre un centinaio di dipinti di personaggi illustri del mondo della musica europea degli ultimi sei secoli, più di 80 strumenti musicali antichi e un’ampia selezione di documenti storici di grande valore: trattati, volumi, libretti d’opera, lettere, manoscritti e partiture autografe. Il museo ospita il laboratorio di liuteria di Otello Bignami, celebre liutaio bolognese, postazioni multimediali per la visione e l’ascolto delle esecuzioni e dei concerti, laboratori didattici e di restauro.

  • Accademia filarmonica Bologna (BO)

    Il Museo dell’Accademia Filarmonica racconta gli oltre tre secoli di storia di questa istituzione, fondata nel 1666. Tra i materiali conservati si trovano tutti gli elaborati d’esame per essere ammessi all’Accademia, incluso quello di Mozart, e una vasta raccolta di documenti storici e manoscritti autografi di grandi compositori quali Scarlatti, Beethoven, Rossini, Liszt, Verdi e Puccini. Sono inoltre a disposizione una ricca biblioteca e una fonoteca.

  • Basilica di S. Maria dei Servi Bologna (BO)

    Sulla destra della strada Maggiore si apre il quadriportico della chiesa di S. Maria dei Servi, composto da un’aerea successione di volte ad archi ribassati su agili colonnine, che fronteggia la chiesa e prosegue lungo e oltre il fianco sinistro, costituendo, anche se eretto in epoche diverse, un insieme saldamente omogeneo. Il tratto che fiancheggia la chiesa risale al 1393, il suo proseguimento lungo la strada Maggiore è del 1492, mentre quello in facciata data 1515-21. I tre bracci a completamento del quadriportico anteriore vennero infine costruiti tra 1852 e ’55. L’ordine dei Servi di Maria, presente a Bologna dal 1265, riuscì a estendere le sue proprietà e ad affacciarsi sulla strada principale della città fin dal 1345. L’anno seguente si dette inizio alla costruzione della chiesa, conclusa provvisoriamente nel 1354. Nel 1381 ne fu deciso l’ampliamento, operato da Andrea da Faenza, architetto e padre generale dell’ordine. La costruzione fu interrotta alla sua morte (1396), ripresa nel 1425 e definitivamente conclusa nel 1545. La parte absidale (1437), che con le cappelle del peribolo e il campanile a cuspide compone un pittoresco insieme, fu restaurata da Guido Zucchini nel 1910-27. L’interno, a tre navate divise da pilastri ottagonali alternati a colonne, su cui sono impostate volte costolonate, ha carattere tardo-gotico, mentre gli arredi delle cappelle sono per lo più barocchi. Nella navata destra, al 1° altare, La Vergine e i sette santi fondatori dell’ordine, di Marcantonio Franceschini (1727), sovrastata da Padre Eterno del Guercino; sulla destra una Presentazione al tempio di Giulio Morina (1594) e S. Francesco che prega per le anime del Purgatorio di Bernardino Baldi; al 3° , Morte di S. Giuliana Falconieri di Ercole Graziani (1737 c.); al 4°, Paradiso di Denijs Calvaert (1602) e, sotto, S. Giuseppe e Gesù di Luigi Crespi; nel pilastro tra il 6° e il 7° altare, Sposalizio mistico di S. Caterina, frammento di affresco attribuito a Lippo di Dalmasio; all’8° altare, Trinità e santi serviti di Jacopo Alessandro Calvi (1779). Nel presbiterio, magnifico dossale d’altare marmoreo di Giovanni Angelo Montorsoli (1558-61); nel coro, gli stalli lignei dell’ordine superiore sono (1450) su disegno di Andrea da Faenza, quelli dell’ordine inferiore di un anonimo intarsiatore seicentesco; alla parete sinistra, La Vergine e i sette santi fondatori dell’ordine, di Giuseppe Maria Crespi (1733-34). Nel peribolo, nella crociera del campanile, frammenti di affreschi di Vitale da Bologna. Seguono, sulla parete, Madonna col Bambino in trono e santi, originale polittico contornato da una cornice in terracotta, attribuito a Lippo di Dalmasio, e Madonna col Bambino e i Ss. Lorenzo ed Eustachio, terracotta policroma di Vincenzo Onofri, firmata e datata 1503. Nella 1a cappella del peribolo, sull’altare, Messa miracolosa di S. Gregorio Magno di Cesare Aretusi e G.B. Fiorini (1583 c.); a destra, il Beato Gioacchino da Siena di Ercole Graziani; a sinistra, il Beato Giacomo Filippo Bertoni di Ubaldo Gandolfi (1765). Nella 2a, Crocifissione di Orazio Samacchini (1568). Nella 3a, all’altare, mirabile *Maestà di Cimabue, e a destra, Madonna col Bambino e i Ss. Cosma e Damiano, affresco di Lippo di Dalmasio. Verso la fine del peribolo, a sinistra, monumento a Gian Giacomo e Andrea Grati, lavoro di squisita fattura di Vincenzo Onofri, poi una acquasantiera sostenuta da un grifo, e quindi una serie di pietre tombali, tra cui la bella pietra tombale di Andrea da Faenza, soprintendente alla fabbrica della chiesa, morto nel 1396. Da ultimo, frammenti di affreschi trecenteschi. Di fronte, Presentazione di Maria al Tempio di Alessandro Tiarini. Nella navata sinistra, al 6° altare, Annunciazione di Innocenzo da Imola (la ricca ancona è del Formigine) e affreschi del Bagnacavallo; al 5°, bella Assunzione di Maria di Pietro Faccini, cui si debbono anche i santi affrescati ai lati; al 4°, S. Andrea adora la croce del suo martirio di Francesco Albani (1641); fra il 3° e il 2° altare, portale laterale aperto nel mezzo del monumento a Lodovico Gozzadini (m. 1536), di Giovanni Zacchi; al 2°, Noli me tangere dell’Albani (1644); la 1a cappella, chiusa da bella cancellata di ferro e ottone, fu disegnata da Francesco Tadolini e affrescata da Flaminio Minozzi; all’altare, Addolorata, statua in stucco colorata di Angelo Piò. La sagrestia, ristrutturata nel 1614-18 come piccola chiesa con presbiterio, ha sull’altare e nei laterali tre storie del Battista del Mastelletta (1620- 23). Alle pareti, altre storie del santo, eseguite a tempera da Giuseppe Marchesi e Vittorio Bigari (1755). Nel convento si conservano affreschi staccati e dipinti, tra cui: S. Carlo Borromeo con angeli di Guido Reni (1613), affresco eseguito, secondo la tradizione, in una sola notte a lume di candela; Madonna col Bambino di Giovanni da Modena; Madonna di Mondovì e sante del Tiarini.

  • Palazzo Bargellini Bologna (BO)

    A fronte del quadriportico di S. Maria dei Servi, sul lato opposto di strada Maggiore, il palazzo Davia Bargellini si distingue dalla cortina edilizia per carattere e imponenza. Costruito su disegno di Bartolomeo Provaglia (1638-58), presenta una facciata a tre piani, con cornici alle finestre di macigno sagomato e balcone retto da una coppia di telamoni in arenaria (i popolari ‘giganti’, donde il nome di palazzo dei Giganti), scolpiti da Francesco Agnesini a destra e da Gabriello Brunelli a sinistra. È attualmente sede del Museo civico d’Arte industriale e Galleria civica Davia Bargellini.

  • Museo civico d'Arte industriale e Quadreria «Davia Bargellini» Bologna (BO)

    Il Museo civico d’Arte industriale e Galleria civica Davia Bargellini ha sede nel palazzo Davia Bargellini. All’interno, al termine di una loggia centrale si articola una scala a tenaglia, frutto (1730) dell’elaborazione di più pensieri progettuali dovuti a Carlo Francesco Dotti, Alfonso Torreggiani e Giovanni Antonio Conti. Di fronte è l’ingresso al museo, nato dalla fusione di due distinte raccolte, la quadreria senatoria, fin dall’origine conservata nel palazzo, e la collezione di oggetti di arte industriale ordinati da Francesco Malaguzzi Valeri, sull’esempio di altri musei europei di arte e industria sorti durante il XIX secolo. Dopo un primo allestimento nel 1920, al secondo piano del palazzo, nel 1924, il museo ha avuto (1983-84) un sostanziale riordino, che ne ha però lasciato inalterato l’aspetto originario, in un’esposizione che vede i numerosi dipinti della quadreria affiancati a vari oggetti di arte applicata, a mobili e a una notevole raccolta di attrezzi da lavoro, riuniti secondo intenti apertamente rievocativi e suggestivi. Le Sale. Sala I. Collezioni di riporti metallici per mobili (secoli XVI-XIX); ferri battuti, bronzi ornamentali, chiavi (secoli XV-XVIII), maniglie e appliques per mobili (secolo XVIII-inizi XIX); intagli ornamentali in legno, mobili emiliani dei secoli XVI-XVIII (serie di arcili del XVIII secolo; credenza bolognese in noce con piattaia del XVI secolo); vasi da farmacia, antichi attrezzi agricoli, serie di presse a bilanciere della Zecca di Bologna (1658-1786). A destra, varie opere in ferro battuto di Sante Mingazzi risalenti ai primi decenni del Novecento. Magnifico è il cancello in stile floreale disegnato da Giuseppe De Col e realizzato da Pietro Maccaferri per l’Esposizione Internazionale di Torino del 1902. Alle pareti, in alto alcune tempere con paesaggi di Vincenzo Martinelli e della sua scuola. Le due versioni del Prometeo incatenato sono di Aureliano Milani. Sala II. Sulla sinistra, Ritratto d’uomo (inizi del XVI secolo) attribuito ad Amico Aspertini, ai lati, S. Petronio e S. Lorenzo di Innocenzo da Imola. In un’altra parete: tavola con Madonna col Bambino e donatori, firmata e datata (1345) da Vitale da Bologna, vero e proprio capolavoro dell’artista, proveniente dall’oratorio della Madonna dei Denti; ai lati, Pietà di Simone dei Crocifissi (1368) e figura di Evangelista di Michele di Matteo. A destra della finestra, la tavola con Sacra famiglia, S. Cecilia e S. Giovannino e il Cristo nell’orto sono opera di Prospero Fontana. Nella parete accanto, al centro, grande tavola con S. Sebastiano (1500) di Marco Meloni; in basso, ricco intaglio in legno con la Crocifissione, di manifattura padovana della fine del XV secolo, originariamente interno di un coperchio di cassapanca; a fianco, pregevole riquadro intarsiato in legni pirografati e peltro di fra’ Damiano da Bergamo (secolo XVI), replica fedele di quella inserita dal celebre intagliatore nel coro di S. Domenico a Bologna. Tra gli altri dipinti si segnalano la tavoletta con la Madonna col Bambino di Giovanni d’Alemagna e Antonio Vivarini, e l’altra con eguale soggetto, attribuita al solo Antonio. La sala raccoglie inoltre alcuni raffinati mobili emiliani del secolo XVI-XVII, tra cui un cassone nuziale riccamente intagliato (secolo XVI); numerose le opere di scultura: busto in terracotta di Virgilio Bargellini, di Vincenzo Onofri; gruppo di Madonne in stucco (Madonna col Bambino attribuita a Michele da Firenze). Sul tavolo, terracotta bronzata raffigurante il Dio fluviale di un seguace di Giambologna, sulla credenza a sinistra dell’ingresso rara e pregevole testa di S. Filippo Neri, in cera rossa, di Alessandro Algardi, ricavata dalla maschera funeraria del Santo (1640 circa). Sala III. Vano allestito a evocare l’aspetto di una cappella gentilizia, con oggetti sacri e apparati liturgici del ’600 e ’700. Sopra al paliotto d’altare in scagliola con Cristo condannato fra Ponzio Pilato e i farisei (sec. xviii), grande tela dipinta da Jacopo Alessandro Calvi (L’Addolorata), degli inizi del XIX secolo; più in alto, la tela con Mosè con le tavole è opera di Giovanni Francesco Ferranti. Degni di nota sono i dipinti con la Madonna del Rosario di Alessandro Tiarini e la Negazione di S. Pietro di Giacomo Cavedone. Ai due lati della finestra dal 2015 sono esposte 65 targhe devozionali, donate dagli eredi Concato, databili dalla metà del ’600 alla metà dell’800. Sala IV. Serie di mobili prevalentemente emiliani del ’600 e ’700; alle pareti, numerosi dipinti fra cui un Ritratto di gentildonna di Prospero Fontana, un piccolo Ritratto di giovane uomo di scuola fiamminga (secolo XVII), Ritratto di frate di Bartolomeo Cesi, Pianto di Giacobbe, di ignoto caravaggesco nordico (1630 circa), il Ritratto dello scultore Giuseppe Maria Mazza di Donato Creti e due Ritratti di Bargellini di Bartolomeo Passerotti. In due vetrine al centro della sala sono esposte varie terrecotte di Giuseppe Maria Mazza (Sacra famiglia con santo monaco, Comunione della Maddalena, due figure allegoriche, Apollo e Cerere, Compianto su Cristo morto); altre terrecotte bolognesi, prevalentemente figurette da presepe (secolo XVIII-XIX), sono visibili in una vetrina contigua. Sala V. Mobili del ’600 e ’700 (cassettone in noce impiallicciato, inizi del secolo XVIII; stipo napoletano, in legno impiallicciato in ebano e tartaruga, secolo XVII); sotto la finestra, la rarissima Palazzina con arredi, riproducente una tipica casa emiliana del secolo XVIII; terracotta policroma con Re David di Angelo Gabriello Piò. Alle pareti: Giocatori di dadi di Giuseppe Maria Crespi, Cacciatore e Procaccia di Luigi Crespi, Madonna col Bambino di Ercole Graziani, Interno di cucina di Joseph Heintz il Giovane, Paesaggio di Paul Brill. Sopra le porte due nature morte attribuite ad Antonio Mezzadri. Bellissimo dipinto con Giuditta e la testa di Oloferne, firmato e datato 1600, opera di Lavinia Fontana; di Giovanni Antonio Burrini è invece il Ritratto d’uomo a mezzo busto. Sala VI. Varie consolles intagliate e dorate del secolo XVIII fra cui spiccano le tre in legno intagliato e dorato con il piano di madreperla intarsiato, commissionate nel 1698 a Venezia su indicazione del senatore Vincenzo Bargellini. Alle pareti, quadri di Marcantonio Franceschini eseguiti per la famiglia Bargellini (Venere e Amore, Adone con il cane, Liberalità e Carità), due tempere, Paesaggi e Rovine, di Vittorio Bigari (1724), Ritratto di gentildonna con cagnolino di Luigi Crespi, due Paesaggi di Alessandro Magnasco. Sopra al camino, tela con il Sacrificio di Mosè del pittore napoletano Nunzio Rossi. Da segnalare sono anche alcune cornici riccamente intagliate (secolo XVII-XVIII); gruppo di statuette del presepe bolognesi (Coppia di contadini, firmata da Angelo Piò, datata 1721; Contadino firmato Girolamo Curti, S. Giuseppe di Filippo Scandellari, 1770). Pregevoli anche i numerosi ricami del secolo XVII e XVIII (poltrona e coppia di seggioloni del secolo XVII, ricamo con il Miracolo di S. Benedetto da Ludovico Carracci); al centro della sala, grande berlina da gala della fine del ’700, mentre nella vetrina a sinistra verso l’uscita, iperrealistico busto in cera di Monsignor Francesco Zambeccari, modellato intorno al 1750 da Luigi Dardani, che si colloca all’interno della piccola, ma prestigiosa raccolta di sculture in cera del Museo. Si ritorna alla sala I e si passa alla Sala VII: nelle vetrine, terrecotte bolognesi (statuette da presepe, bozzetti, caricature; secolo XVIII-XIX); importante raccolta di ceramiche graffite bolognesi e ferraresi del secolo XV; nucleo di oltre cento porcellane che rappresentano le più importanti manifatture italiane ed estere; vetri di Murano e di Boemia (sec. XVI-XVIII) e una serie di ricami bolognesi del secolo XVII-XVIII (frammenti di pianeta, paliotto). Nella vetrina centrale, raccolta di modellini per mobili (secolo XVIII-XIX) e cuoi (astuccio per pietra di paragone, secolo XV); teatrino bibienesco del secolo XVIII, contenente alcune marionette di manifattura veneziana del ’700, appartenenti alla più importante raccolta fuori da Venezia per numerosità e pregio. La serie di 12 tele celebranti i fasti di Niccolò Pietro Bargellini è opera di un artista bolognese del tardo Seicento. Notevoli i tre Ritratti della famiglia Bargellini, commissionati, insieme alle altre due tele nella sala IV, a Bartolomeo Passerotti negli anni ’70 del Cinquecento; accanto, Ritratto di Paolo Bargellini di Lazzaro Casario.

  • Piazza Aldrovandi Bologna (BO)

    Precedentemente denominata «seliciata di strada Maggiore», per via delle antiche fosse (colmate e selciate) esterne alle mura dei torresotti. Sullo sfondo della piazza, lunga, stretta e animata da un vivace mercato, si intravede la torre della Specola dell’Università. La piazza è delimitata a nord dal tracciato della via S. Vitale, antica radiale per Ravenna. In corrispondenza dello sbocco, al N. 56 è il palazzo Gnudi, dove la poetessa Cornelia Rossi Martinetti tenne un cenacolo culturale frequentato dai più celebrati intelletti dell’inizio del XIX secolo.

  • Ss. Vitale e Agricola in Arena Bologna (BO)

    In via S. Vitale, nei pressi del serraglio di Strada S. Vitale, sopravvissuto alla cinta delle mura penultime, si incontra la chiesa dei Ss. Vitale e Agricola, sorta probabilmente nell’area dell’anfiteatro romano, dove all’inizio del IV secolo si svolse il supplizio dei protomartiri bolognesi Vitale e Agricola. La primitiva chiesa romanica, rimaneggiata nel XV secolo, fu ristrutturata ampiamente tra 1832 e 1852 e dotata di facciata nel 1872. Il campanile, con tracce risalenti al XIII e XV secolo, fu concluso da un coronamento di Agostino Barelli (1670). Sotto il portico, a sinistra dell’ingresso è un bel portale di macigno scolpito. A sinistra di questo, in alto, è infisso il sepolcro di Liuccio Liuzzi (m. 1318), scolpito da Roso da Parma. Nell’interno, di fronte alla 1a cappella destra (Presepio, S. Alessio e il committente Alessio Orsi, attribuito al Chiodarolo), la navata si allarga a sinistra nella *cappella di S. Maria degli Angeli, eretta da Gaspare Nadi verso la fine del ’400, come organismo autonomo, quindi unita alla chiesa nel 1505; a destra dell’ingresso, Sacra famiglia, finissima cera dipinta di Angelo Piò, e croce romanica (XII-XIII secolo) di macigno scolpito, sostenuta da una colonna; sopra l’altare, entro ricca cornice del Formigine, frontale con angeli attribuiti alla scuola di Francesco Francia, e Madonna col Bambino, copia di un dipinto del senese Sano di Pietro; a destra, Natività di Gesù, attribuita a Giacomo Francia; a sinistra, Visitazione del Bagnacavallo; alla parete sinistra, bassorilievo con Cristo morto e il cappellano Bartolino del 1362, che ricorda la leggendaria consacrazione della chiesa; alla parete destra, Fuga in Egitto di Alessandro Tiarini. Si può scendere a visitare la cripta dei protomartiri (XI secolo), restaurata alla fine del XIX secolo dopo che in età napoleonica era stata trasformata da G.B. Martinetti in grotta per il proprio adiacente giardino all’inglese, smantellato dalle lottizzazioni novecentesche.

  • Palazzo Fantuzzi Bologna (BO)

    Sul lato opposto della chiesa dei Ss. Vitale e Agricola, emerge vistosamente dalla cortina stradale lo scenografico fronte del palazzo Fantuzzi. Iniziato nel 1517, la tradizione storiografica lo vorrebbe costruito da Andrea da Formigine. La facciata (portata a termine nel 1533) è scandita da due ordini di semicolonne accoppiate, rivestite di bugne in macigno; le decorazioni sono caratterizzate dalla fusione di motivi classici e araldici. All’interno si articolano tre cortili e uno scalone monumentale di Paolo Canali (1680).

  • S. Maria della Pietà Bologna (BO)

    Chiesa seicentesca, dall’unica ampia navata. Nella 1a cappella destra, S. Orsola con le compagne di Bartolomeo Passarotti; nella 3a, Morte di S. Francesco Regis di Ercole Graziani (1732); nella 4a, all’altare, Crocifisso ligneo di Domenico Mirandola, e ai lati, due Miracoli di S. Alò di Giacomo Cavedoni. All’altare maggiore, copia della grande Pietà di Guido Reni (ora nella Pinacoteca nazionale), eseguita nel 1841 da Clemente Alberi. Nella 5a cappella sinistra, all’altare S. Eligio di Alessandro Tiarini, autore anche dei dipinti della volta; nella 4a, la Fuga in Egitto e gli altri dipinti sono del Mastelletta; nella 3a, Moltiplicazione dei pani e dei pesci di Lavinia Fontana (1583-85); nella 2a, S. Anna e l’Immacolata Concezione e Crocifissione con dolenti e santi, di Bartolomeo Cesi.

  • Palazzo Hercolani Bologna (BO)

    Attuale sede principale del dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Bologna. Costruito su disegno di Angelo Venturoli (1792), si articola a pianterreno attorno alla sequenza atrio, loggia (con statue di Giacomo De Maria), cortile d’onore e giardino. Uno splendido scalone di età neoclassica, architettato dal Venturoli, è pure adorno di statue del De Maria e, sul soffitto, di un affresco (Apoteosi di Ercole) di Filippo Pedrini e David Zanotti (1798-99); lo stesso Pedrini con la collaborazione di Flaminio Minozzi decorò il salone del piano nobile (Apollo e le Ore) e il vestibolo (Danza di ninfe e amorini). Notevoli inoltre due sale ‘alla cinese’ di Davide Zanotti e Vincenzo Armani, una sala ‘alla boschereccia’ di Rodolfo Fantuzzi e le sette tempere ‘a paese’ di Vincenzo Martinelli, con figure degli allievi Rodolfo Fantuzzi e Angelo Bigari.

  • Porta Maggiore Bologna (BO)

    Restituita nel 1909 al suo aspetto originale trecentesco, in seguito all’asportazione delle aggiunte di Giovanni Giacomo Dotti (1770).

  • Casa Morandi Bologna (BO)

    L’abitazione in cui Giorgio Morandi visse e lavorò dal 1910 al 1964 ha aperto al pubblico nel 2009, dopo la ristrutturazione. Nella casa museo è ospitata parte della donazione di Carlo Zucchini alla città: vasi, bottiglie, conchiglie e modelli di studio ritrovano la loro collocazione originaria nell’atelier e nel ripostiglio, ricostruiti. Gli arredi della famiglia e parte della collezione di opere di arte antica appartenuta a Morandi sono raccolti nell’anticamera; il resto degli ambienti è stato ripensato e articolato per offrire al visitatore un percorso che, attraverso un’accurata selezione di fotografie, libri e documenti di vario genere, racconta i principali momenti della vita del maestro. La Casa dispone di una biblioteca con più di 600 volumi e di una sala polivalente.

  • Ex chiesa di S. Cristina Bologna (BO)

    Ricostruita nel 1602 da Giulio dalla Torre su di una risalente al XIII secolo. Il disegno della slanciata cuspide del campanile è attribuito a Ferdinando Bibiena (1692). Al 1° altare destro, Natività di Giacomo Francia; al 2°, Visitazione con angeli di Lucio Massari (1607); al 3°, Annunciazione di Tiburzio Passarotti (1605 c.); nella nicchia del pilastro seguente, S. Pietro, a riscontro con S. Paolo della parete di fronte, due rari esempi dell’attività scultorea del giovane Guido Reni; al 4° altare, S. Cristina battuta dal padre, di Domenico Maria Canuti; sull’altare maggiore, Ascensione di Ludovico Carracci (1597); al 4° altare sinistro, Calvario di Tiburzio Passarotti (1603); al 3°, Incoronazione della Vergine e santi di Bernardino Baldi; al 1°, Vergine e santi di Francesco Salviati (1539). Nell’ex monastero delle Camaldolesi attiguo alla chiesa di S. Cristina hanno trovato sede due importanti istituzioni, la Biblioteca italiana delle Donne e La Fondazione Federico Zeri.

  • Fondazione Federico Zeri Bologna (BO)

    Ha sede nell’ex monastero delle Camaldolesi attiguo alla chiesa di S. Cristina. La Fondazione Federico Zeri fu fondata a seguito del legato dello studioso a favore dell’Università di Bologna, comprendente anche la biblioteca d’arte (circa 85.000 volumi) e la fototeca. Alle collezioni originarie, nel corso degli anni si sono aggiunte nuove acquisizioni e donazioni di importanti raccolte fotografiche e librarie che hanno portato il patrimonio della Fondazione a oltre 435.000 fotografie, 55.000 libri e 41.000 cataloghi d’asta. L’istituzione si configura sia come centro di ricerca avanzata nel campo degli studi umanistici e altamente specializzato nell’ambito della storia dell’arte, sia come luogo di promozione della cultura. Per la fruizione di questo patrimonio è stata realizzata la digitalizzazione e messa online della fototeca.

  • Biblioteca Italiana delle Donne Bologna (BO)

    Ha sede nell’ex monastero delle Camaldolesi attiguo alla chiesa di S. Cristina. È in Italia la più importante biblioteca specializzata in cultura femminile, studi di genere e femminismo. Possiede un patrimonio di circa 40.000 volumi e 504 periodici di cui 34 attivi. Il patrimonio librario è in fase di digitalizzazione al fine della conservazione e della fruizione online. Comprende opere a stampa di diverse epoche relative alla memoria storica, culturale, politica e sociale delle donne italiane e dei loro movimenti di emancipazione e di liberazione dall’Ottocento a oggi. Nell’ambito del progetto Fragen, inoltre, sono stati raccolti e digitalizzati i testi più rilevanti dei movimenti femministi di tutta Europa, di Croazia e di Turchia, accessibili anch’essi sul web.

  • Casa Museo Carducci Bologna (BO)

    La Casa di Giosuè Carducci, già oratorio e chiesa di S. Maria della Pietà, detta del Piombo, su strutture del secolo XVI, è rimasta nelle condizioni nelle quali si trovava negli anni in cui vi abitò il poeta (1890-1907). Nel primo piano si conservano, fra l’altro, Ritratti del poeta, eseguiti da Vittorio Corcos e Alessandro Milesi, un suo busto da giovane di Adriano Cecioni, Le fonti del Clitunno, dipinto di Francesco Raffaele Santoro, la poltrona sulla quale fu curato Garibaldi ferito in Aspromonte; inoltre, la Biblioteca, che comprende 60.000 volumi e opuscoli, 100 periodici, 20.100 libri antichi (fino al 1830), 42.000 manoscritti, incunaboli, cinquecentine, 100 audiovisivi e risorse elettroniche, 2.500 documenti digitali, 3.500 altri non-books materials (carte geografiche, mappe, fotografie, cartoline, diapositive, manifesti, musica a stampa), 300 tesi di laurea. Nella Casa ha pure sede il Museo civico del Risorgimento, che raccoglie testimonianze storiche dall’epoca napoleonica alla prima guerra mondiale. Nel giardino, il monumento a Giosuè Carducci, una delle maggiori sculture di impegno civile di Leonardo Bistolfi (1924-28). Si compone di quattro gruppi, tutti in marmo di Carrara; a sinistra, La Natura e il poeta; a destra, il gruppo del «Sauro destrier», cavalcato dalla Libertà e affiancato dal Ritmo e dalla Rima; in alto, la spalliera raffigurante ad altorilievo Lo svolgimento della poesia carducciana dalle «Rime di S. Miniato» all’«Ode a Polenta»; sotto, isolata, la statua del poeta, seduto pensoso.

  • Museo civico del Risorgimento Bologna (BO)

    Ha sede nella Casa Museo Carducci e raccoglie testimonianze storiche dall’epoca napoleonica alla prima guerra mondiale: le vicende sono state ricollocate nella storia complessiva di Bologna e osservate non solo dal punto di vista militare ed eroico, ma come parte integrante della vita civile, negli aspetti culturali, sociali, politici ed economici. Tra i numerosi oggetti e cimeli esposti meritano segnalazione una raccolta di armi appartenute a Gioacchino Murat, diplomi originali della Carboneria (1833), una serie di pugnali appartenuti a una società segreta, i quadri Ugo Bassi nel carcere di Comacchio di Carlo Ademollo e la Cacciata degli austriaci da Bologna l’8 agosto 1848 di Antonio Muzzi, i quadretti raffiguranti l’abbigliamento dei corpi volontari italiani che presero parte alla prima guerra d’Indipendenza, uniformi militari e bandiere.

  • S. Giuliano Bologna (BO)

    Realizzata, assieme al campanile, da Angelo Venturoli (1778-81). A navata unica, ospita, al 1° altare destro, S. Emidio di Ubaldo Gandolfi (1781), al 2°, Madonna col Bambino e santi di Biagio Pupini. Sui pilastri, quattro copie di Evangelisti e Profeti in stucco, di Ubaldo Gandolfi (1781), Carlo Prinetti (1784), Petronio Tadolini (1813) e Giacomo Rossi (1817).

  • Complesso del Baraccano Bologna (BO)

    Comprende l’edificio porticato dell’ex Conservatorio del Baraccano e il santuario della Madonna del Baraccano. Il portico del Baraccano, costruito nel 1491 per volontà bentivolesca a maggior decoro urbano per chi giungesse nella città da Firenze (le sette arcate contigue a S. Giuliano sono del XVII secolo) si allinea al lungo edificio del Conservatorio del Baraccano, dal XVI secolo sede di un collegio per fanciulle disagiate e in precedenza ospedale per pellegrini; è oggi sede di uffici amministrativi. Al termine, un ardito voltone inquadra prospetticamente la facciata della chiesa della Madonna del Baraccano.

  • Santuario della Madonna del Baraccano Bologna (BO)

    Al termine del Conservatorio del Baraccano, un ardito voltone (1497, restaurato nel 1779) inquadra prospetticamente la facciata della chiesa della Madonna del Baraccano. L’edificio, incorporato a un tratto residuo delle mura della terza cerchia, nei pressi di un contrafforte (o barbacane, da cui Baraccano), è il risultato di ampliamenti successivi. Un primo oratorio era stato costruito nel 1438; ingrandito nel 1524, ebbe aggiunta la cupola nel 1682 su disegno di Agostino Barelli. La facciata, preceduta da elegante portico (1550) a cinque archi sormontato da un attico, subì rifacimenti nel Settecento e restauri nel 1914; sopra l’arco centrale, terracotta attribuita ad Alfonso Lombardi raffigurante la Madonna; le statue dei Santi patroni della città appartengono alla prima decorazione della facciata. L'interno è a una navata trasversale. All’altare destro, Processione di S. Gregorio Magno di Cesare Aretusi e G.B. Fiorini; dietro l’altare maggiore, *Madonna in trono con due angeli, bellissimo affresco di Francesco del Cossa (1472); la Madonna, ritenuta di Lippo di Dalmasio, fu ripassata dal Cossa, che aggiunse i due angeli e il paesaggio. A sinistra, Sacra Famiglia di Lavinia Fontana, e S. Carlo Borromeo di Lucio Massari. Nella cappella seguente, Disputa di S. Caterina di Prospero Fontana (1551).

  • Chiesa della SS. Trinità Bologna (BO)

    Costruita tra il 1662 e il 1720, ampliata nel 1831 e successivamente porticata. L’interno a una navata custodisce, al 1° altare destro Madonna in gloria e santi di Benedetto Gennari (1607), al 1° altare sinistro Nascita della Vergine di Lavinia Fontana; nel presbiterio e nella cupola, affreschi di Alessandro Guardassoni, autore anche della grande tela (Deposizione, 1855) collocata sopra la porta.

  • Palazzo Zani Bologna (BO)

    Palazzo Zani (ora sede del Consorzio della Bonifica Renana), di Floriano Ambrosini (1594), dall’impaginato classico a due ordini di finestre, distende all’interno dell’isolato un ampio giardino e si adorna, nell’anticamera del salone, di un pregevole affresco giovanile di Guido Reni, Caduta di Fetonte.

  • Palazzo Bargellini Panzacchi Bologna (BO)

    Il palazzo Bargellini Panzacchi, già Pallavicini, oltre a conservare un portico dei secoli XVI e XVIII, presenta all’interno uno scalone di Alfonso Torreggiani (1732).

  • Palazzo Vizzani Bologna (BO)

    Uno dei più interessanti edifici cinquecenteschi della città, che la cronaca coeva vuole eseguito da Bartolomeo Triachini (1559-65). Si erge su portico architravato sorretto da colonne doriche, aprendosi in due cortili. Una sala a pianterreno è decorata di affreschi di Orazio Samacchini (sul soffitto, Dedalo e Icaro; sul camino, Marco Curio Dentato); nello scalone, Accecamento di Polifemo e allegorie di Lorenzo Sabatini (1570); in una sala del piano nobile, fregio con storie di Ciro di Tommaso Laureti.

  • S. Lucia Bologna (BO)

    Seguendo l'andamento tortuoso della via Castiglione, che denuncia il sotterraneo corso del canale, oltre il portico seicentesco, la cortina porticata si interrompe per lasciare emergere la maestosa facciata incompiuta della ex chiesa di S. Lucia. La grandiosa costruzione, su disegno di Girolamo Rainaldi (1623-59), fu interrotta nel 1732 e portata a termine solo parzialmente nel 1843. Dopo i restauri del 1987-89, è utilizzata come aula magna dell’Università. L’interno mantiene la ripartizione a tre navate, collegandosi alla retrostante seconda abside incompiuta mediante nuovi blocchi di servizio.

  • Via Castiglione Bologna (BO)

    All’innesto con via de’ Chiari si eleva il severo e razionale ex collegio gesuitico di S. Luigi, all’interno di un isolato organizzato dalla Compagnia di Gesù, secondo criteri finalizzati alle attività didattiche proprie dell’ordine, tra XVII e XVIII secolo. La costruzione fu avviata da Giuseppe Antonio Torri e portata a termine dal Torreggiani (1725-30). È oggi sede del dipartimento di Lingue, letterature e culture moderne dell’Università di Bologna. Allo sbocco di via Cartoleria nella via Castiglione, sulla sinistra, il serraglio di via Castiglione, della cinta dei torresotti. Lungo la strada scorreva scoperto il corso principale del canale di Sàvena, che serviva manifatture di lana e tintorie. Con la costruzione di numerosi palazzi senatori nel XVI secolo, la nuova vocazione residenziale soppiantò quella industriale tanto da cancellarne anche le tracce fisiche. Seguendo verso destra l’andamento tortuoso della strada, che denuncia il sotterraneo corso del canale, oltre il portico seicentesco, la cortina porticata si interrompe per lasciare emergere la maestosa facciata incompiuta della ex chiesa di S. Lucia. Lungo la via si susseguono diversi palazzi senatorî. Al N. 33, di fronte a S. Lucia, la casa Montignani, quindi, al numero 25 palazzo Zagni, poi Spada a fianco della casa Poeti, N. 23, dall’interessante cortile bentivolesco, in cui è documentata l’attività di Gaspare Nadi (1465). Dopo la via de’ Poeti seguono la casa Cospi, N. 21, ai numeri 20-22, il palazzo Guastavillani. Al N. 15, la casa Saraceni, residenza del XV secolo, poi restaurata, con numerosi inserti in terracotta e l’altana ricavata dalla torre incastonata all’interno dell’edificio. La Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna vi organizza mostre d’arte. Di fronte è la stereometrica mole del palazzo della Cassa di Risparmio (una delle prime opere di Giuseppe Mengoni, 1868-76). Nell’ulteriore tratto della via Castiglione, una massiccia cortina muraria laterizia fonde interventi edilizi cronologicamente successivi, resi omogenei dai posteriori restauri. Si tratta degli edifici ai numeri 10, 8, 6/2 e 6, tradizionalmente denominati nell’insieme palazzo Pepoli Vecchio, dove ha sede il Museo della Storia di Bologna. Al N. 4, la casa Gaddi Pepoli che rappresenta un elegante esempio di architettura gotica trecentesca, restaurata nel 1925. Dalla parte opposta, al N. 7 affaccia il palazzo Pepoli Campogrande, conosciuto anche come Pepoli Nuovo, che funge da deposito per le opere della Pinacoteca nazionale e dove è allestita la settecentesca quadreria Zambeccari. Infine al N. 1 della via Castiglione si incontra il palazzo Bolognetti (1551), con finestre elegantemente architravate, sormontate da fregi a putti e festoni.

  • Piazza Minghetti Bologna (BO)

    Aperta alla fine del secolo scorso (1893), ha al centro il monumento a Marco Minghetti di Giulio Monteverde (1896). Vi si prospetta il fianco ovest del palazzo della Cassa di Risparmio. Al N. 1, la casa Bovio, restaurata da Edoardo Collamarini (1912). Il fondale settentrionale della piazza è definito dal palazzo delle Poste (1911), che ritaglia un angolo della più piccola piazza del Francia, pure aperta nel corso dei lavori tardo-ottocenteschi.

  • Palazzo Pepoli-Museo della Storia di Bologna Bologna (BO)

    Aperto al pubblico nel 2012 presso Palazzo Pepoli Vecchio, rappresenta il completamento di Genus Bononiae. Musei nella città, il sistema museale unitario costituito da sedi diffuse nel centro storico bolognese, restaurate e recuperate a uso pubblico dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna (oltre a Palazzo Pepoli Vecchio, Palazzo Fava-Palazzo delle Esposizioni, Casa Saraceni, S. Giorgio in Poggiale, complesso di S. Colombano, S. Maria della Vita). Il percorso – culturale, artistico e museale – volto a descrivere e comprendere il genus, ossia la ‘stirpe’ dei Bolognesi di ieri e di oggi, si sviluppa attraverso un itinerario urbano che ne racconta la storia, la vita, le arti e i sogni, utilizzando le strade di Bologna come corridoi e i palazzi e le chiese come sale, inserendosi nella struttura istituzionale già esistente, così da prevedere un pieno collegamento con altri musei, pinacoteche, realtà culturali, economiche e sociali che animano la comunità locale. L’edificio – Palazzo Pepoli Vecchio – che prende nome della famiglia che fu una delle prime signorie di Bologna, è il risultato di numerose addizioni e stratificazioni architettoniche cominciate nel 1344 con Taddeo Pepoli e concluse nel 1723. In età moderna, il palazzo fu oggetto di frequenti cambi di proprietà e di destinazioni d’uso; nel 1910, passò con il ricchissimo corredo d’opere d’arte al Comune di Bologna con il vincolo di renderlo accessibile al pubblico. In realtà la collezione fu smembrata tra musei e archivi di Stato, mentre l’edificio fu venduto, tra il 1913 e il 1914, alla Cassa di Risparmio che vi insediò uffici amministrativi. Successivamente, nel 1939 fu sottoposto a un radicale lavoro di restauro e di ripristino dell’aspetto medievale. L’esposizione è dedicata alla storia, alla cultura e alle trasformazioni di Bologna, dalla Felsina etrusca fino ai nostri giorni. La progettazione e l’allestimento (a cura di Mario Bellini e Italo Lupi) hanno trasformato il palazzo in un museo globale e interattivo di nuova concezione, che interagisce con le altre realtà museali della città affiancandole. Il museo propone una sequenza di nuclei espositivi costruiti intorno a episodi chiave, personaggi simbolici, aneddoti e temi trasversali. La presentazione di tali contenuti avviene mediante una combinazione di oggetti, immagini, elementi multimediali. Il racconto è strutturato in diverse sezioni, distribuite in successione cronologica e per grandi temi: la Città dipinta, la Torre del tempo, Bologna nell’antichità (sale 1-4), il Medioevo (sale 5-7 e 9-10), Forma urbis (sala 8), il Rinascimento dei Bentivoglio (sale 11-12), religione e riti della vita collettiva (sale 13-16), arti, scienze, lettere, musica (sale 17-19 e 21-22), spazio multimediale e teatro virtuale, la città delle acque (sala 20), dal Settecento al Novecento (sale 23-28), la guerra, la Liberazione, le grandi trasformazioni politiche e sociali del secondo Novecento, le stragi e il terrorismo (sale 29-32), la storia dei terremoti nel territorio bolognese, la città delle lingue e la tradizione comunicativa di Bologna (sale 33-34), la Sala della Cultura. In quest’ultima sala, destinata a incontri e cerimonie sono collocati i busti delle Dodici Donne, sculture in terracotta che riproducono i volti femminili delle protagoniste della scena culturale della città dal XIII alla fine del XVII secolo, poste in origine nel salone d’onore di palazzo Fibbia Fabbri, oggi Masetti Calzolari. Numerosi sono i materiali esposti lungo il percorso di visita, tra dipinti, documenti, libri, mappe e oggetti d’arte scelti per illustrare il contenuto storico delle sale. Si segnalano: all’ingresso del Museo, la riproduzione in scala reale della monumentale pianta prospettica di Bologna affrescata nel 1575 nella sala Bologna del palazzo Apostolico in Vaticano, frutto di un rilevamento digitale tridimensionale; L’abbraccio, scultura di Arturo Martini (1937); Il Campione Olimpico di Lucio Fontana (1931). Nella Torre del tempo, Autoritratto come orologiaio attribuito ad Agostino Carracci (1582-83); i Dodici mesi dell’anno, miniature su pergamena di Niccolò da Bologna (1380-90 circa). Nella sezione medievale spicca la Madonna del ricamo di Vitale da Bologna (1330-40), già nella Pinacoteca nazionale; in quella rinascimentale, la Nascita della Vergine di Amico Aspertini (1520-30) e Madonna annunziata del Francia (c. 1500). Nella sala dedicata alla cultura e alle arti, Ritratti di donna cieca di Annibale Carracci (1592 c.), Ritratto di vecchia di Agostino Carracci (c. 1590), Madonna col Bambino di Guercino, Davide battezzato da Samuele di Andrea Donducci detto il Mastelletta, Atelier del pittore di Giuseppe Maria Mitelli. Infine la saletta che ospita un trionfale servizio da tavola in origine composto da oltre 900 pezzi, realizzato dalla Manifattura Minghetti per il duca di Montpensier e acquistato nel 2016 dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.

  • Palazzo Pepoli Vecchio Bologna (BO)

    In via Castiglione, una massiccia cortina muraria laterizia fonde interventi edilizi cronologicamente successivi, resi omogenei dai posteriori restauri. Si tratta degli edifici ai numeri 10, 8, 6/2 e 6, tradizionalmente denominati nell’insieme palazzo Pepoli Vecchio. La parte più antica (N. 6) fu eretta da Taddeo Pepoli (1344-1420), e restaurata nel 1939 con riapertura delle finestre e ripristino del fregio; i corpi corrispondenti ai numeri 8-10 furono costruiti attorno al 1723 a imitazione del palazzo attiguo. I tre grandi portoni ogivali con larghe ghiere in cotto e il coronamento a merli furono ripristinati dal Comitato per Bologna Storica e Artistica. Vi ha oggi sede il Museo della Storia di Bologna.

  • Palazzo Pepoli Campogrande-Quadreria Zambeccari Bologna (BO)

    Palazzo Pepoli Campogrande, conosciuto anche come Pepoli Nuovo, iniziato nella seconda metà del XVIII secolo e concluso nel 1709 con la costruzione della seconda facciata su via Clavature. Si ipotizza l’esistenza di un progetto generale di Girolamo Rainaldi su cui lavorarono maestranze locali, tra cui Gian Giacomo Monti a cui è assegnato lo scalone. Oggetto nel 1997 di lavori di restauro, l’edificio funge da deposito per le opere della Pinacoteca nazionale; vi è allestita inoltre la settecentesca quadreria Zambeccari, che raccoglie opere di artisti quali Guercino, Garofalo, Tiziano, Donato Creti, G.M. Crespi, A. Tiarini, B. Gennari, E. Sirani, L. Carracci. L’interno è ricco di interessantissimi affreschi: sulla volta dello scalone, due storie di casa Pepoli, eseguite da Domenico Maria Canuti e Giovan Gioseffo Santi (1665); sul soffitto del salone d’Onore, Ercole accolto nell’Olimpo sempre del Canuti, entro una virtuosistica quadratura di Domenico Santi (1669-70). Nelle sale successive: Trionfo di Felsina di Giuseppe Maria e Antonio Rolli (1690 c.); Convito degli dei e Trionfo di Ercole con le Stagioni, due superbi capolavori giovanili di Giuseppe Maria Crespi (1691); Alessandro taglia il nodo gordiano di Donato Creti e Marcantonio Chiarini (1708). Due sale minori presentano allegorie dovute ancora al Creti (figure) e al Chiarini (quadrature).

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
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