Ferrara: la città rinascimentale. L’addizione Erculea

In collaborazione con Touring Club

Numerosi documenti storici testimoniano dell’inizio dei lavori del terzo ampliamento di Ferrara (l’addizione Erculea), voluta da Ercole I, concepita e realizzata in forma compiuta da Biagio Rossetti che, senza ‘negare’ l’abitato medievale, propose un modello spregiudicato e aperto della nuova città rinascimentale.

Già nel corso dell’estate del 1490 il duca provvedeva all’espropriazione dei terreni da includere nel recinto difensivo; l’anno seguente si approntavano i disegni relativi al tracciato delle mura, i cui fossati si scavavano, col concorso di manodopera da tutto il contado, a partire dal 1492.

Punto chiave della trama della Ferrara nuova è il quadrivio dei Diamanti, che la costruzione del magnifico palazzo omonimo renderà anche luogo di valenza simbolica; è da questa intersezione che i due assi ortogonali – corso Ercole I e corso Porta Mare-corso Biagio Rossetti – proporzionano organicamente l’addizione rinascimentale, articolandola come una vasta composizione urbanistica dove ogni particolare (piazza, palazzo, chiesa) non può essere valutato per se stesso ma come componente di un tutto.


  • Lunghezza
    n.d.
  • Ferrara Ferrara (FE)

    Con il suo territorio, che ha il Po e il Mare Adriatico come confini naturali, Ferrara occupa il quadrante nord-orientale della regione; ricadono nelle competenze della sua provincia l’area meridionale del Delta del Po e le Valli di Comacchio, vasti e preziosi ambienti sottoposti da secoli a turbamenti.

    Dal 1995 il centro storico, il cui impianto di città ideale rinascimentale fu voluto dal duca Ercole I d’Este, è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

    Per la sua ubicazione decentrata rispetto alle linee di sviluppo ‘forte’ della regione, Ferrara ha sempre sofferto di isolamento. E se da questa condizione scaturiscono una delle ragioni del fascino ambientale della città e uno dei richiami più intensi per il visitatore attento, essa appare, ed è nella realtà soprattutto economica, un elemento di debolezza e di precarietà che una pur forte volontà politica, perseguita da anni, non è ancora riuscita a superare.

    Il segno più vistoso è nella diminuzione costante del numero degli abitanti: 132.288 nel 2021; erano 154.066 nel 1971.

    La città conserva quasi intatto il centro medievale-rinascimentale, con importanti inserti settecenteschi: un patrimonio di storia e ambiente esemplarmente preservato, un bene culturale sul quale le istituzioni stanno investendo cospicue risorse con l’obiettivo di collocarlo tra gli episodi urbani e ambientali più importanti del Paese e tra i più significativi d’Europa.

    Capitale negli anni tra Medioevo e Rinascimento quando la casata degli Estensi ne fece la prima città moderna d’Europa, secondo una nota definizione di Jacob Burckhardt; matrice di una scuola pittorica che raggiunse i massimi vertici europei, l’Officina ferrarese; ambiente idoneo all’espressione poetica di Ludovico Ariosto, di Boiardo e di Torquato Tasso; centro di elaborazione, con Biagio Rossetti, di una cultura urbanistica inedita, Ferrara sembra chiudere tutte le sue potenzialità alle soglie del XVII secolo, quando il suo controllo viene assunto, in modo diretto, dalla Chiesa.

    Dopo il fascismo e l’ultima guerra, Ferrara è partita alla ricerca di una nuova identità: congelata definitivamente ogni ipotesi di sviluppo legato alla grande industria (il polo petrolchimico è rimasto l’unico insediamento di dimensioni nazionali), assestata la produzione agricola su cui si era puntato, senza previsioni corrette, in anni lontani, il programma per la Ferrara del terzo millennio è quello di consolidarsi, nel quadro di una terziarizzazione controllata, come centro universitario e di ricerca applicata, e come luogo di turismo qualificato e di attività culturali permanenti ad alto livello.

    In direzione di questi obiettivi operano, tra l’altro, la politica del ‘museo diffuso’ e delle grandi rassegne d’arte (che spesso sono addirittura delle ‘prime’ internazionali), e la grande operazione di recupero archeologico della cinta muraria e di contenitori storici urbani.

  • Palazzo Naselli-Crispi Ferrara (FE)

    Raffinato esempio di architettura rinascimentale costruito nel 1537 su disegno di Girolamo da Carpi, con un cortile a doppio ordine di arcate che incorniciano le finestre del pianterreno e del piano nobile; il palazzo è sede del Consorzio di Bonifica della Pianura ferrarese.

  • Chiesa del Gesù Ferrara (FE)

    Ideata dall’architetto gesuita G.B. Tristani (1570), la Chiesa del Gesù è in muratura di cotto a vista con un’unica navata interna con tre cappelle per lato intercomunicanti.

    All'interno, all’inizio della navata, sulla sinistra, Compianto di Cristo, gruppo in terracotta nel quale, tra i dolenti, lo scultore Guido Mazzoni raffigurò personaggi della famiglia estense (1485).

    Nella 1a cappella destra, Annunciazione del Bastarolo (1585 circa); nella 2a, Ss. Luigi Gonzaga e Stanislao Kostka di Giuseppe Maria Crespi, autore pure del Miracolo di S. Francesco Saverio della successiva cappella.

    Nell’abside, mausoleo funebre di Barbara d’Austria, moglie del duca Alfonso II, attribuito a Francesco Casella (1591). Nella 3a cappella sinistra, S. Ignazio di Loyola in adorazione della Trinità di Jacopo Bambini; nella 2a, Miracolo di S. Francesco Borgia e S. Francesco Regis di Giuseppe Antonio Ghedini (1758 circa); nella 1a, sulla cuspide dell’altare, Padre Eterno benedicente del Bastarolo.

    L’adiacente ex collegio gesuitico, ampliato nel XVII secolo, dopo altri riusi è stato trasformato dal 1985 in sede del Tribunale, con un intervento radicale di ridisegno dell’insieme di Carlo Aymonino.

  • Palazzo di Giulio d'Este Ferrara (FE)

    Maestoso palazzo di Giulio d’Este, figlio naturale di Ercole I, che lo fece erigere alla fine del Quattrocento (restaurato e in parte ripristinato nel 1932); pregevoli il cornicione in cotto, i capitelli delle paraste che sostengono la trabeazione del portale e il porticato rinascimentale del cortile interno; attualmente è sede della Prefettura.

  • Pinacoteca Nazionale-Galleria Estense Ferrara (FE)

    La Pinacoteca è dal 2015 parte di un unico complesso museale comprendente altresì la Galleria Estense, il Museo Lapidario Estense, la Biblioteca Estense Universitaria di Modena e il Palazzo Ducale di Sassuolo.

    Istituita nel 1836 con sede in Palazzo municipale, la Pinacoteca fu trasferita in palazzo dei Diamanti una decina d’anni più tardi e continuò per tutto il secolo ad accrescere le proprie collezioni acquistando, col consenso del governo pontificio e delle autorità religiose, molti importanti dipinti rimasti nelle chiese cittadine dopo le soppressioni napoleoniche e in particolare le grandi pale d’altare di Garofalo, Bastianino e degli altri maestri del Cinquecento.

    Divenuta Pinacoteca Nazionale nel 1956, quando lo Stato ne assunse la gestione, incrementò ulteriormente le proprie raccolte grazie a una serie di mirati acquisti sul mercato antiquario, donazioni e lasciti che permisero di recuperare significativi nuclei delle quadrerie private cittadine accumulatesi nel corso dell’Ottocento e in buona parte dispersesi al principio del secolo successivo.

    Sono in tal modo giunte in Pinacoteca le opere più notevoli delle collezioni Vendeghini Baldi (1973) e Strozzi Sacrati (1992). A partire dal 1984 è inoltre stabilmente depositata presso il museo la raccolta di dipinti antichi costituita dalla locale Cassa di Risparmio e oggi di proprietà della Fondazione Estense, composta a sua volta da opere provenienti dalle collezioni Massari, Mazza, Strozzi Sacrati, Costabili e da alcuni notevoli lavori dei maggiori artisti ferraresi, come Garofalo, Scarsellino, Dosso Dossi e Bastianino.

    Grazie anche alla completa revisione dell’allestimento compiuta nel 2016-19, la Pinacoteca Nazionale è dunque oggi in grado di offrire al visitatore una significativa rassegna della pittura a Ferrara dal Duecento al Settecento.

    Si accede al museo dal portico d’ingresso, con colonne dai bei capitelli attribuiti a Gabriele Frisoni, oltre il quale è lo scenografico cortile, frutto in parte di aggiunte e rifacimenti novecenteschi, cui fa da sfondo il giardino retrostante. Salendo lo scalone sulla sinistra si giunge alla galleria al piano nobile dell’edificio, dove sono esposti diversi ritratti seicenteschi di personaggi della famiglia Villa, che possedette il palazzo dopo gli Estensi e prima della sua destinazione a museo.

    La sala 1, dedicata alla collezione Vendeghini Baldi, dà inizio alla visita. Sono qui raccolte, per volontà del donatore Mario Baldi, le opere migliori della raccolta costituita da Enea Vendeghini alla fine dell’Ottocento. Si tratta per lo più di dipinti del primo Rinascimento ferrarese e veneziano, fra cui spiccano alcuni fra i capolavori della Pinacoteca, quali la Madonna col Bambino di Gentile da Fabriano, l’Adorazione dei Magi di Jacopo Bellini e il Cristo che accoglie l’animula della Vergine di Andrea Mantegna, frammento della celebre tavola raffigurante la Morte della Vergine al Museo del Prado a Madrid.

    Altrettanto notevoli sono il S. Petronio dipinto da Ercole de’ Roberti come parte di un pilastrino del polittico Griffoni, eseguito da Francesco del Cossa a Bologna verso il 1473, e la Madonna tra due vasi di rose, realizzata dallo stesso Ercole dopo il suo ritorno a Ferrara nel 1485.

    Fra le altre opere particolarmente degne d’attenzione sono i pannelli di polittico di Giovanni da Modena (S. Domenico e S. Antonio abate), Bartolomeo Vivarini (S. Girolamo), Vicino da Ferrara (S. Giovanni Battista e S. Sebastiano), l’aculeato S. Giorgio di autore ignoto attorno al 1450 e il paliotto con le insegne estensi di un anonimo seguace di Tura attivo a Schifanoia, noto come Maestro dagli Occhi spalancati. 

    In sala 2 il visitatore è accolto dal S. Giovanni Battista, notevolissima opera del Maestro di Figline, attivo in Toscana e Umbria nei primi decenni del Trecento. Opere di scuola bolognese sono il Sogno della Vergine di Cristoforo dei Crocifissi e la Crocifissione e Deposizione di Cristoforo da Bologna, mentre alla scuola padovana appartiene la Crocifissione attribuita a Guariento (circa 1360).

    La pittura ferrarese di primo Quattrocento è rappresentata dai piccoli Maestri detti G.Z. (Trinità), della Pietà Massari (Pietà e Santi), di Casa Pendaglia (affresco con la Madonna e santi), del Trittico di Imola (Madonna dell’Umiltà), delle storie di S. Giovanni (affreschi eponimi). Completano il panorama del tardogotico emiliano due Madonne col Bambino di Giovanni da Modena.

    La sala 3 raccoglie preziose e rare testimonianze di quanto rimasto in città della grande scuola locale quattrocentesca nota come Officina ferrarese: la tavola con la Deposizione di Cristo nel sepolcro, proveniente dal convento estense del Corpus Domini, e i frammenti di affresco con S. Cristoforo e S. Sebastiano, per cui si sono fatti rispettivamente i nomi di Galasso di Matteo Piva e Bono da Ferrara, fra il 1450 e il 1460; i due pannelli di polittico con S. Lodovico da Tolosa e S. Bernardino da Siena dell’ungherese Michele Pannonio, lungamente attivo per la corte estense e fra i maestri impegnati nello studiolo di Belfiore, per cui si veda la sala successiva. Il caposcuola dell’Officina, Cosmè Tura, è presente con i due tondi raffiguranti Storie di S. Maurelio (circa 1480), unici resti della pala dedicata al santo compatrono della città già nella basilica di S. Giorgio.

    L’attività del forte maestro noto col nome convenzionale di Vicino da Ferrara è ben rappresentata da tre tele: l’Annunciazione della Fondazione Estense, il paliotto con storie della Passione e il monumentale S. Girolamo.

    La sala 4 evoca l’ambiente erudito dei camerini umanistici esponendo la Musa Erato (?) e la Musa Urania, commissionate da Lionello e Borso d’Este per lo studiolo di Belfiore (circa 1450-60), accanto a due vedute prospettiche di città (1520) attribuite al Cotignola. Tutte e quattro le tavole provengono dalla collezione Strozzi Sacrati, acquisita nel 1992.

    Due cassoni lignei intarsiati del Quattrocento e una selezione di monete e gemme antiche, medaglie, placchette e bronzetti rinascimentali in deposito dalla Galleria Estense di Modena richiamano le origini del collezionismo principesco di età umanistica.

    La sala 5 illustra le principali tecniche pittoriche artistiche con video e materiali didattici. Vi si trova anche la serie di affreschi staccati realizzati da Garofalo, Girolamo da Carpi e aiuti per il convento di S. Giorgio (circa 1540) e le tavole di alcuni artisti romagnoli o attivi in Romagna fra Quattro e Cinquecento: Antonio Aleotti da Argenta, il fiorentino Biagio d’Antonio, Baldassarre Carrari, il Bagnacavallo e Innocenzo da Imola.

    Il bel S. Sebastiano di Francesco Zaganelli, datato 1513, è esposto nella contigua sala 8, assieme alle opere di alcuni maestri minori del primo Cinquecento a Ferrara (Domenico Panetti, Michele Coltellini, il Maestro dei Dodici Apostoli) e alla lunetta della Pala Strozzi, opera di un collaboratore di Lorenzo Costa.

    Nelle sale 6 e 7 (attualmente visitabili su richiesta) gli affreschi recuperati dal demolito oratorio di S. Maria della Concezione (circa 1499-1501) sono presentati in un allestimento meramente allusivo all’ambiente originario (arch. Leone Pancaldi, 1971). Dei 13 tondi con storie della Vergine che ornavano le pareti laterali, sette soltanto si presentano in condizioni da consentire una lettura: sono attribuiti a Nicolò Pisano, al giovane Garofalo e, più incertamente, a Coltellini e Panetti.

    Il monumentale affresco che ornava la parete di fondo dell’oratorio, raffigurante le Stigmate di S. Francesco, e i riquadri con i ritratti dei committenti si devono a Baldassarre d’Este e collaboratori. Dal Cinquecento al Seicento.

    La sala 9 accoglie grandi pale d’altare dipinte fra il 1550 e il 1630 per le chiese cittadine: Deposizione di Cristo di pittore olandese (circa 1550), Circoncisione del ravennate Luca Longhi (1561), Circoncisione, Madonna e santi e S. Cecilia del Bastianino, autore anche dell’Allegoria con Bacco della Fondazione Estense, opere nelle quali l’artista sottopose i grandi modelli di primo Cinquecento a un drammatico processo di disfacimento della forma, interpretando la crisi degli ideali rinascimentali e la fine dell’epoca estense a Ferrara.

    La città era già sottomessa allo Stato Pontificio quando vi lavorarono Domenico Tintoretto (Pala del Rosario) e gli ultimi grandi maestri della scuola pittorica locale: Scarsellino (Noli me tangere) e Carlo Bononi (Angelo custode, circa 1625).

    Nel corridoio che conduce alla sala successiva sono esposte opere di piccole dimensioni dei medesimi autori e quattro tavolette attribuite al giovane El Greco.

    In sala 10 sono esposte quattro grandi tele dipinte per i refettori dei conventi cittadini: le due Nozze di Cana di Bononi e Scarsellino, grandiosi banchetti in cui si legge ancora un’eco della vita di corte della Ferrara ducale, e due differenti interpretazioni dell’Ultima cena dello stesso Scarsellino.

    Le sale 11 e 12 presentano le opere dei maestri ferraresi accanto a quelle dei colleghi attivi nei principali centri artistici: il ferrarese Giuseppe Maria Caletti (S. Marco evangelista) segue il veneziano Pietro della Vecchia (Testa di lanzichenecco) sulla strada dell’imitazione dei maestri del Cinquecento; alla pittura veneziana guarda principalmente anche Scarsellino (S. Cecilia; storie di Nigersol), mentre il centese Guercino (Martirio di S. Maurelio) si rivolge a Bologna e Roma.

    I quadri di Cagnacci (Madonna col Bambino), Palma il Giovane (S. Rocco e l’angelo) e Forabosco (S. Matteo e l’angelo) testimoniano un interesse collezionistico perdurante in città da lunga data.

    La sala 13 offre uno sguardo d’insieme sul Settecento: la pittura sacra, rappresentata dalle tele di piccole dimensioni in cui le botteghe famigliari dei bolognesi Crespi e Gandolfi concentrano secoli di tradizione; i due paesaggi ‘all’italiana’ di Hubert Robert; i ritratti del ferrarese Giuseppe Antonio Ghedini (Girolamo Baruffaldi, 1736; Alfonso Varano, 1740), di Pierre Subleyras (Benedetto XIV, 1740) e di François-Guillaume Ménageot (La famiglia Tiepolo, 1801), in cui atteggiamenti e abiti conducono dall’antico regime all’epoca neoclassica.

    Il salone d’Onore presenta un grandioso soffitto ligneo a lacunari realizzato fra il 1559 e il 1591, nel corso dei lavori di trasformazione dell’edificio quattrocentesco intrapresi dal cardinale Luigi e da Cesare d’Este.

    L’ampio ambiente ospita opere di grandi dimensioni e di diverse epoche. Gli affreschi duecenteschi provenienti dall’abbazia di S. Bartolo (Ascensione di Cristo, Collegio apostolico e storie di S. Bartolomeo, quattro Evangelisti), eseguiti fra il 1260 e il 1290, sono opera di un artista di cultura bizantina, probabilmente originario della Serbia.

    Altri due grandi affreschi dalla complessa simbologia provengono dalla distrutta chiesa agostiniana di S. Andrea: l’Allegoria di S. Agostino come maestro di sapienza, attribuito al modenese Serafino de’ Serafini attorno al 1378, che vede il santo assiso in cattedra dominare le rappresentazioni della Teologia, della Filosofia, delle Virtù e delle Arti liberali; e l’Antico e Nuovo Testamento, dipinto da Garofalo per il refettorio del convento nel 1523 per affermare la superiorità della religione cristiana su quella ebraica.

    Tra le finestre sono esposte opere di Panetti (Annunciazione), Bastarolo (Deposizione dalla croce) e Garofalo (due Adorazioni dei Magi del 1537 e del 1549, provenienti da S. Giorgio e da S. Bartolo).

    Attraversato il salone, si accede alle stanze che prospettano su corso Biagio Rossetti, tre delle quali conservano i soffitti lignei intagliati e decorati da Orazio Fiammingo e Giulio Belloni fra il 1588 e il 1592 per Virginia de’ Medici su ordine del marito Cesare d’Este.

    Erano qui collocate le tele dei tre Carracci, di Scarsellino, di Gaspare Venturini e di altri pittori ferraresi oggi in parte conservate nella Galleria Estense di Modena. Le cinque sale ospitano le pale d’altare di pieno Rinascimento che costituirono il nucleo originario della Pinacoteca.

    Se si desidera proseguire la visita in ordine cronologico, occorre portarsi nella sala 17, dove sono raccolte le tavole del primo decennio del Cinquecento: la Pala di S. Giobbe (1503), unica opera datata di Panetti; l’Elevazione di Maria Maddalena di autore ignoto, influenzato dalle opere di Perugino e Lorenzo Costa; la notevole lunetta raffigurante il Compianto di Cristo, opera giovanile dell’Ortolano; la Morte della Vergine, opera firmata e datata (1508) di Vittore Carpaccio, che la eseguì per la chiesa ferrarese di S. Maria in Vado; la Pala Mori di Nicolò Pisano, artista toscano attivo in città fra il 1499 e il 1525; la Natività con i Ss. Bernardo e Alberico, raro dipinto d’altare del giovane Ludovico Mazzolino.

    In sala 18 sono riuniti piccoli dipinti eseguiti nel secondo decennio del secolo da Garofalo (Natività con pastore; Sacra famiglia) e Dosso Dossi (Orazione nell’orto), fra cui il Banchetto di Erode già Lazzaroni, recentemente acquistato e da alcuni ritenuto la prima opera nota di Dosso.

    Sulla parete di fondo della sala 19 si erge l’imponente Polittico commissionato nel 1513 da Antonio Costabili a Garofalo e Dosso per la cappella maggiore di S. Andrea e probabilmente ultimato e in buona parte ridipinto una decina d’anni più tardi dal solo Dosso.

    Ai lati del polittico sono esposte tre pale d’altare di Garofalo (Natività, 1513; Madonna delle Nuvole, 1514; Pala Trotti, 1517) e due tele di Dosso raffiguranti Sapienti dell’antichità (Fondazione Estense, circa 1520), parte di una serie rappresentante le arti liberali destinata a decorare un luogo di studio.

    Tornando verso il salone, sulla parete maggiore di sala 15 si può ammirare un’altra serie di pale di Garofalo, giunte in Pinacoteca dalla chiesa di S. Francesco nel 1864: Strage degli Innocenti (1519) con la soprastante lunetta con Fuga in Egitto, Madonna del Riposo (1525), Resurrezione di Lazzaro (1532-34), cui si aggiunge l’Orazione nell’orto (c. 1525-30) da S. Silvestro, anch’essa, come le precedenti, menzionata ed elogiata da Vasari nelle Vite.

    Completano la sala una piccola pala di Nicolò Pisano, altri piccoli quanto raffinati dipinti di Garofalo (Messa di S. Nicola da Tolentino; Noli me tangere) e il tondo con la Fuga in Egitto la cui attribuzione è contesa fra Ortolano e lo stesso Garofalo.

    Infine, in sala 14, accanto all’Identificazione della vera croce (1536) di Garofalo e al Torneo della bottega dei Dossi, sono esposte opere della loro scuola: Madonna con i Ss. Girolamo e Battista e S. Giovanni a Patmos di Battista Dossi, Madonna con i Ss. Rocco e Antonio abate del Maestro dei Dodici Apostoli, Stigmate di S. Francesco e santi del Calzolaretto.

  • Palazzo dei Diamanti Ferrara (FE)

    Palazzo dei Diamanti è l’episodio architettonico più significativo dell’addizione Erculea e tra i più celebri del Rinascimento italiano, realizzato per Sigismondo d’Este, fratello di Ercole I. Numerosi documenti ci ragguagliano sulle prime fasi costruttive: nel febbraio 1493 venne espropriata l’area su cui l’edificio sarebbe sorto; di lì a tre anni doveva essere pressoché compiuto.

    La direzione dei lavori fu tenuta personalmente da Biagio Rossetti fino al 1503; in quell’anno, partito il Rossetti per Firenze, fu affidata ai ‘tagliapietra’ Cristoforo Bregno e Girolamo Pasino; l’anno successivo i lavori furono interrotti.

    È certo che in quel momento il palazzo fosse compiuto, almeno nella sua parte struttiva; quanto al rivestimento e alle opere decorative, erano a buon punto già nel 1496.

    La ripresa dei lavori effettuata nel 1567 dovette perciò interessare parti secondarie dell’edificio e probabilmente concluderlo, senza tuttavia deviare dal disegno rossettiano.

    Il rivestimento, che ne costituisce la particolare originalità, è formato da una sorta di corazza, composta da circa 8.500 bugne di pietra a forma di punta di diamante che con il variare della luce conferiscono alla veste architettonica aspetto mutevole.

    Furono scolpite da Gabriele Frisoni, che eseguì pure, probabilmente su disegno del Rossetti, le quattro preziose candelabre e le decorazioni del balconcino d’angolo (al quale si accede attraverso una porta non visibile).

    Sono questi, insieme alla fascia in cotto sotto la gronda, i segnali prospettici che definiscono imperiosamente l’angolo dell’edificio e lo collocano come punto di vista privilegiato dell’insieme.

    Il palazzo fu dimora degli Este fino alla devoluzione di Ferrara nel 1598. Ceduto ai marchesi Villa nel 1641, fu acquistato dal Comune di Ferrara due secoli più tardi per ospitarvi diverse istituzioni culturali, fra cui l’attuale Pinacoteca Nazionale.

  • Palazzo dei Diamanti-Mostre Ferrara (FE)

    Al piano terra del palazzo dei Diamanti si trova lo spazio espositivo di proprietà del Comune di Ferrara adibito a ospitare mostre temporanee di rilievo internazionale, tese a proseguire la grande tradizione storico-artistica della città.

    Le rassegne sono organizzate in collaborazione dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara.

  • Museo di Paleontologia e Preistoria «Piero Leonardi» Ferrara (FE)

    Il museo conserva reperti ordinati secondo criteri didattici e articolati nelle sezioni Paleontologia dei Vertebrati, Paleontologia umana e Preistoria, Geologia storica e Paleontologia degli Invertebrati.

  • Palazzo Turchi-Di Bagno Ferrara (FE)

    Palazzo realizzati dal Rossetti (1493), dallo scuro paramento in cotto con una grande parasta angolare in marmo bianco, è sede di dipartimenti dell’Università, del Museo di Paleontologia e Preistoria, del Sistema museale di Ateneo e dell’Orto botanico.

  • Palazzo Prosperi-Sacrati Ferrara (FE)

    Il palazzo, realizzato dal Rossetti, oltre a un’accentuata ‘sensibilizzazione’ dell’angolo, ha un bellissimo portale su gradini, con un grande balcone sorretto da putti.

  • Chiesa di S. Maurelio Ferrara (FE)

    Chiesa dei Cappuccini, dedicata a S. Maurelio (1612), modesta nella veste architettonica ma dotata di un considerevole patrimonio barocco: nella 2a cappella destra, S. Carlo Borromeo in preghiera di Giuseppe Caletti e Crocifisso del 1703; nella 3a, Riposo in Egitto dello Scarsellino (1615); all’altare maggiore, Visitazione con i Ss. Francesco d’Assisi, Chiara e Maurelio di Jacopo Bambini (1602); nella 3a sin., Ss. Fedele da Sigmaringa e Giuseppe da Leonessa di Giuseppe Antonio Ghedini (1748); nella 1a, S. Antonio con Gesù Bambino e un angelo di Francesco Costanzo Catanio, e bassorilievo ligneo di Filippo Porri raffigurante Stimmate di S. Francesco e S. Antonio e Gesù Bambino; nelle sei nicchie, statue di Andrea Ferreri.

  • Basilica di S. Benedetto Ferrara (FE)

    Grande basilica di S. Benedetto (1496-1554), iniziata per i Benedettini di Pomposa da Biagio Rossetti; quasi completamente distrutta nel corso dell’ultima guerra, venne riedificata nel 1952-54 secondo le antiche linee, accanto al suo campanile pendente (1646) disegnato da G.B. Aleotti.

    Quest’ultimo aveva anche la funzione visiva di chiusura prospettica del tracciato trasversale dell’addizione; oggi la costruzione di due sgradevoli edifici fuori scala, visibili sullo sfondo nei pressi della stazione ferroviaria, sconvolge questo preciso riferimento urbano.

    La concezione spaziale interna della chiesa ripete i principi rossettiani basati sui rapporti geometrici modulari tra navata centrale e navate laterali, qui riproposti con l’innovativa introduzione di tre absidi a conclusione dei bracci della croce, e delle cappelle perimetrali sporgenti a semicerchio.

    Delle fastose decorazioni cinquecentesche rimangono i quattro Evangelisti (nei pennacchi della prima cupola) di Ludovico Settevecchi, i panneggi ornamentali di due lunettoni e abbondanti resti di ornamentazioni (nella trabeazione sopra le arcate della navata mediana e in alcuni pilastri) di Giovanni Antonio da Chiavenna.

  • Casa di Ludovico Ariosto Ferrara (FE)

    Sobrio edificio della fine del secolo XV o dell’inizio del successivo, che viene attribuito a Girolamo da Carpi e che fu acquistato dal poeta per propria abitazione.

    È nota la frase incisa in latino sulla cornice mediana: «Piccola ma adatta a me, non tributaria ad alcuno, non misera e tuttavia fabbricata col mio denaro».

    Sopra la finestra mediana del piano superiore, una targa, pure in latino: «Questa casa ariostea propizi abbia gli dei come già quella di Pindaro», apposta da Virginio figlio naturale di Ludovico.

    Al primo piano, piccolo museo di cimeli ariosteschi; sul retro, un piccolo giardino utilizzato per concerti ed eventi temporanei.

  • Corso Ercole I d'Este Ferrara (FE)

    A nord del Castello Estense, in asse con il ponte levatoio settentrionale, inizia il corso Ercole I d’Este, rettilineo percorso intitolato al promotore del geniale ampliamento di Ferrara che prese il nome di addizione Erculea.

    La sua prospettiva allungata (misura quasi un chilometro e mezzo) è accentuata dall’essere nel primo tratto lievemente in discesa; in fondo, due filari di pioppi e il verde del rilevato delle mura, nelle quali un tempo si apriva la porta degli Angeli.

    In origine era una sorta di strada privata, riservata alle dimore dei familiari del duca e ad alcuni amici, che vi edificarono secondo un programma tanto rigoroso da farne uno dei luoghi urbani più significativi dal punto di vista architettonico e rilevanti dal punto di vista ambientale.

    All’inizio del corso è il palazzo già del Monte di Pietà (oggi adibito a vari usi), opera di Agapito Poggi (1756-61), che nel fianco verso il largo Castello ha un bel portale (secolo XVII) composto con elementi marmorei di varia provenienza.

    Volgendo a destra al primo incrocio, compare in fondo, sulla via Borgo dei Leoni, il palazzo Naselli-Crispi, raffinato esempio di architettura rinascimentale. Riguadagnato il corso Ercole I d’Este, si oltrepassano sulla destra, N. 12, la cinta baroccheggiante del settecentesco palazzo Giglioli-Varano, già sede della Banca d’Italia, e al N. 14 il palazzo Boari Fioravanti, o palazzo Roberti, primo esempio, in questo itinerario, di ‘sensibilizzazione’ dell’angolo, del modo cioè, tipico dell’architettura rinascimentale ferrarese, di trattare, evidenziandolo, il pilastro angolare.

    Lo fronteggia (numeri 15-17) il palazzo Gulinelli, uno dei più interessanti esempi di ristrutturazione in stile neorinascimentale presente in città (1863- 81). Al N. 16, il maestoso palazzo di Giulio d’Este.

    Avanti, N. 26, la sede della Questura, che occupa l’elegante neoclassico palazzo Scola-Camerini, opera di Giovanni Tosi (1830), con rilievo di Marco Casagrande sul timpano. L’itinerario è giunto al quadrivio dei Diamanti, davanti al superbo palazzo dei Diamanti.

    L’incrocio dei Diamanti ha due ulteriori punti di forza: il palazzo Turchi-Di Bagno e il palazzo Prosperi-Sacrati.

    L’incrocio del corso con via Arianuova è segnato da un nuovo episodio di ‘sensibilizzazione’ degli angoli (al N. 19, il liceo «Ariosto», degli architetti Tommaso Giura Longo, Maria Letizia Martines e Carlo Melograni; 1965-70). Appena più avanti, al N. 37 è il palazzo Trotti Mosti, attuale sede del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università, attribuito a Biagio Rossetti, con portale quattrocentesco e soffitti decorati dei secoli XVI e XVIII.

    Il tratto conclusivo del corso Ercole I d’Este accosta le mura all’altezza della porta degli Angeli, chiusa nel 1598 dopo l’uscita dalla città di Cesare d’Este, ultimo duca di Ferrara, e mai più riaperta.

    Un viale fiancheggiato da alberi si svolge alla sommità del rilevato; nel sottomura si disegna l’impronta dell’antico vallo che circondava la città colmo d’acqua: ora è un prato piantuma- to, cinto da una strada di circonvallazione.

    Presenza rilevante lungo il tragitto pedonale verso est è la punta della Montagnola di S. Giovanni, strutturata per la difesa con artiglieria.

    Il tratto occidentale del viale, prima di raggiungere la torre del Barco, simmetrica alla Montagnola, lascia percepire nelle strutture difensive la rivoluzionaria applicazione del «fronte bastionato italiano»: la muraglia non aderisce al terrapieno, ma è separata da esso da un fossato interno, secondo una tecnica innovativa per l’epoca in cui fu realizzata.

  • Parco Massari Ferrara (FE)

    Fronteggia l’Orto botanico la grande estensione del parco Massari (progettato da Luigi Bertelli), 4 ettari di verde pubblico all’inglese, con alcuni alberi d’alto fusto ritenuti secolari. Il parco è annesso al palazzo Bevilacqua-Massari.

  • Orto botanico dell'Università Ferrara (FE)

    Esteso nel giardino del palazzo Turchi-Di Bagno, dipende dal Sistema museale di Ateneo e comprende circa settecento specie ordinate in cinque sezioni: Sezione sistematica, Giardini a tema, Piante utili e Flora protetta e Piante esotiche.

    Un sentiero, serpeggiante fra prati alberati e aiuole cinte da basse siepi sempreverdi, permette di osservare lungo il percorso suggerito tutti i settori espositivi.

  • PAC-Padiglione d'Arte contemporanea Ferrara (FE)

    Nell’ampio giardino retrostante del palazzo Bevilacqua-Massari – che ospita una collezione di sculture di artisti contemporanei – è situato il Padiglione d’Arte Contemporanea.

    Anticamente adibito a deposito delle carrozze di palazzo Massari, l’edificio è stato, dal 1976 a oggi, sede di mostre dedicate ad artisti contemporanei italiani e stranieri.

    Dal 2023 ospiterà lo Spazio Antonioni, un museo monografico dedicato alla figura del grande regista ferrarese di cui le Gallerie d’Arte Moderna e Con- temporanea possiedono un ricchissimo fondo di oggetti, opere e documenti.

  • Museo «Giovanni Boldini» e Museo dell'Ottocento Ferrara (FE)

    Il museo ha sede nel palazzo Bevilacqua-Massari.

    Dal maestoso portico seicentesco, attraverso lo scalone d’onore, si accede al piano nobile, nelle sale affrescate alla fine del Seicento da Maurelio Scannavini e Giacomo Parolini, che ospitano, in successione, il Museo dell’Ottocento e il Museo Giovanni Boldini.

    Le prime undici sale illustrano, grazie a un ordinamento tematico, l’evoluzione delle arti a Ferrara nel corso del XIX secolo attraverso una selezione di dipinti e sculture dei suoi più significativi interpreti, tra cui Giovanni Pagliarini, Gaetano Domenichini e Giovanni Antonio Baruffaldi.

    A chiudere il percorso, alcune sale monografiche dedicate a due illustri pittori concittadini, Gaetano Previati e Giuseppe Mentessi.

    Il museo Giovanni Boldini offre un excursus assai dettagliato sull’intera carriera del pittore ferrarese, trasferitosi prima a Firenze, poi a Londra e infine a Parigi, dove divenne uno dei protagonisti indiscussi della Belle Époque.

    Il fondo raccoglie più di sessanta dipinti, oltre un migliaio di opere su carta esposte a rotazione – tra pastelli, acquerelli, disegni e incisioni –, oggetti personali e arredi provenienti dalla casa-atelier parigina di boulevard Berthier.

  • Palazzo Bevilacqua-Massari Ferrara (FE)

    L’edificio, eretto nel 1591 per volontà del conte Onofrio Bevilacqua, presenta una facciata in pietra a vista divisa in due ordini; le coppie di lesene ai lati del portale e le finestre binate concluse da timpani triangolari (al piano terra) e da lunette (al piano nobile) scandiscono lo spartito del prospetto architettonico principale.

    Tra il 1775 e il 1785, la famiglia Bevilacqua ingrandì il complesso con l’edificazione dell’attigua palazzina dei Cavalieri di Malta (N. 7), considerata uno dei pochi esempi di architettura neoclassica a Ferrara.

    All’indomani dell’Unità d’Italia l’intero complesso divenne proprietà della famiglia Massari. Venduto poi dagli eredi al Comune di Ferrara, dal 1975 ospita le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea.

    Dal 2012, a seguito del terremoto che ha reso inagibili gli edifici, le Gallerie sono chiuse al pubblico.

    Il nuovo percorso museale, che verrà restituito alla città alla fine dei lavori di restauro e riqualificazione nel 2024, permetterà ai visitatori di attraversare in un continuum spaziale le varie anime che costituiscono il polo di arte moderna e contemporanea della città.

  • Museo d'Arte moderna e contemporanea «Filippo De Pisis» Ferrara (FE)

    Il piano rialzato e il piano ammezzato del palazzo Bevilacqua-Massari ospitano il Museo d’arte moderna e contemporanea «Filippo de Pisis», nel quale ampio spazio è dedicato alla produzione di Filippo De Pisis (in parte frutto della donazione Franca Fenga Malabotta e in parte frutto di acquisti della fondazione Giuseppe Pianori), dei ferraresi Roberto Melli, Achille Funi, Aroldo Bonzagni, oltre ad alcune opere di maestri non originari di Ferrara quali Mario Sironi e Carlo Carrà.

    Le raccolte del secondo Novecento restituiscono esempi significativi dell’articolato spettro dell’arte italiana e internazionale (con opere di Luigi Veronesi, Osvaldo Licini, André Masson, Leonor Fini, Jean Dubuffet, Renato Guttuso, Andy Warhol, Bice Lazzari, Nanda Vigo, ecc.) e la pionieristica attività di sperimentazione condotta dal Centro Video Arte con alcuni dei massimi protagonisti del panorama italiano e straniero degli anni Settanta-Ottanta (Fabrizio Plessi, Christina Kubisch, Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian, Marina Abramovic ́, etc.).

  • Piazza Ariostea Ferrara (FE)

    L'antica piazza Nuova che, nel disegno di Biagio Rossetti, doveva essere il nuovo centro della terza addizione, collegato alla piazza della Cattedrale attraverso le attuali vie Palestro, Bersaglieri del Po e Canonica.

    È uno spazio urbano di dimensione perfetta (m 100x200), la cui geometria è esaltata dalla presenza, al centro, di una colonna seicentesca con statua di Ludovico Ariosto (Francesco Vidoni, 1833), ultimo simulacro dopo quelli del papa Alessandro VII, della Libertà e di Napoleone, successivamente sostituiti.

    Due grandi edifici porticati, entrambi di disegno rossettiano, si affacciano sulla piazza: il palazzo Strozzi-Bevilacqua (N. 11), con un vasto e ben proporzionato cortile interno, e il palazzo Rondinelli (N. 10), dai bassi profondi portici. In posizione intermedia, nell’angolo sud-ovest della piazza, la chiesa di S. Chiara delle Stimmate.

  • Chiesa di S. Chiara delle Stimmate Ferrara (FE)

    Nell’angolo sud-ovest della piazza Ariostea, la chiesa di S. Chiara delle Stimmate (1611-21) modella lo snodo urbanistico con il rigore dei suoi austeri volumi in cotto; all’interno, opere dei principali artisti devozionali del Seicento ferrarese: Compianto della Vergine su Cristo morto, Crocifisso con la Maddalena e Ss. Ludovico ed Elisabetta, di Carlo Bononi; Assunta adorata da S. Carlo Borromeo e S. Francesco Saverio, di Jacopo Bambini, oltre a un’opera del Guercino all’altare maggiore (S. Francesco che riceve le stimmate) e alla tomba del marchese Cesare Turchi (metà 1622).

  • Chiesa di S. Maria della Consolazione Ferrara (FE)

    Complesso i cui ambiti classicheggianti, per opera di Giuseppe Campana che li realizzò nel secolo XVIII come orfanotrofio, furono nel secolo successivo adibiti a lazzaretto; l’oratorio è ultima opera del Rossetti rimasta incompiuta.

  • Torrione di S. Giovanni Ferrara (FE)

    Grande torrione al di là delle mura, dalla singolare sagoma cilindrica svasata verso l’alto, che fu realizzato alla fine del Quattrocento dal Rossetti e destinato a magazzino delle polveri.

  • Il grande Metafisico Ferrara (FE)

    Nella rotonda del piazzale svetta Il grande Metafisico, fusione in bronzo, ispirata a Giorgio De Chirico, realizzata nel 1985 da Maurizio Bonora.

  • Cimitero Ebraico Ferrara (FE)

    Un giardino non convenzionale nella zona di città non toccata dall’espansione edilizia è il cimitero degli ebrei, in uso dal xvi secolo. Oltre il portale monumentale (Ciro Contini, 1910), lapidi disposte anche in ordine sparso si alternano a spazi verdi solo in apparenza vuoti (nel 1755 le autorità pontificie fecero abbattere molte lapidi).

    Un baldacchino in ferro battuto segnala la tomba di due sposi, mentre nel lembo più estremo, sotto il muro rivolto alle mura, sta il monumento funebre di Giorgio Bassani (2003) di Arnaldo Pomodoro, in cui la stele bronzea percorsa da caratteri cuneiformi emerge inclinata da una fenditura del basamento.

  • Certosa Ferrara (FE)

    Una pittoresca via, fiancheggiata da pioppi, conduce alla Certosa, complesso religioso fondato nel secolo XV su iniziativa di Borso d’Este per i monaci Certosini di Grenoble.

    Il magnifico monastero, che in antico si articolava attorno a un chiostro rettangolare adorno di terrecotte, è attribuito a Pietrobono Brasavola ed è datato tra il 1452 e il 1461; nel 1813, nel rispetto delle preesistenze quattrocentesche, fu ampliato da Ferdinando Canonici e trasformato in Cimitero monumentale.

    Nei due grandi chiostri ottocenteschi che si allineano a destra della chiesa è radunata la più completa esemplificazione esistente in città della scultura del XIX secolo e liberty.

    A titolo esemplificativo si ricordano le opere di Antonio Canova, Giacomo De Maria, Bartolomeo Ferrari, Lorenzo Bartolini, Pietro Tenerani, Giulio Monteverde; tra i personaggi della città qui sepolti, Carlo Mayr, Giovanni Boldini, Gaetano Previati, Filippo De Pisis; sotto il grande arco che unisce i due bracci del chiostro è l’urna marmorea con i resti di Borso d’Este (secolo XVI).

    Al centro del grande emiciclo che delimita il cimitero prospetta l’incompiuta facciata della chiesa di S. Cristoforo.

  • Chiesa di S. Cristoforo alla Certosa Ferrara (FE)

    Al centro del grande emiciclo che delimita il cimitero prospetta l’incompiuta facciata della chiesa di S. Cristoforo, iniziata su progetto di Biagio Rossetti nel 1498 e terminata nel 1553; i radicali lavori di consolidamento e restauro hanno consentito, tra l’altro, il pieno recupero delle presenze ornamentali in cotto che ne disegnano l’esterno.

    L’interno è un testo assai significativo della concezione spaziale del Rossetti, che pose particolare attenzione allo studio della luce, convogliata, non senza risvolti simbolici, nella profonda abside.

    Per quanto riguarda la disposizione tradizionale dell’arredo sacro: nelle basi marmoree dei pilastri si alternano imprese araldiche estensi con simboli religiosi e col monogramma cartusiano; le cappelle laterali ospitano le ancone finemente ornate della seconda metà del Cinquecento e le pale di Nicolò Roselli con episodi della vita di Cristo; nel transetto d., all’altare il Trionfo della Croce e Sibille del Bastianino; nel presbiterio, dietro il monumentale ciborio ligneo opera di Marcantonio Maldrato (1597) su disegno di Nicolò Donati, è posto un grande S. Cristoforo del Bastianino; il prezioso coro ligneo quattrocentesco intagliato e intarsiato con figure prospettiche, attribuito a Pier Antonio degli Abbati, proviene dalla distrutta chiesa di S. Andrea; sull’altare dorato del transetto sinistro un Padre Eterno del Bastianino.

  • Parco urbano «Giorgio Bassani» Ferrara (FE)

    Il territorio dell’antico Barco, riserva di caccia degli Estensi annessa alla scomparsa delizia di Belfiore, è diventato oggi il Parco urbano «Giorgio Bassani», 1.200 ettari inedificati di verde attrezzato per il tempo libero, una quarta addizione verde tra la città e il fiume.

  • Ex Linificio Canapifico Ferrara (FE)

    Più noto come ex Toselli, oggi occupato da uffici comunali, vasta costruzione di singolare qualità architettonica di Carlo Savonuzzi (1938); è caratterizzata da quattro torri circolari che raccordano corpi di fabbrica a due piani e ricordano le superstiti mura difensive della città.

    Prevista già nel piano di sviluppo del 1935-36, l’area circostante agli impianti avrebbe dovuto costituire una sorta di ‘città lineare’ – formata da allineamenti paralleli di industrie a fianco del canale navigabile, tracciati stradali, quartieri residenziali e parco – secondo uno schema dell’urbanistica raziona- lista, poi realizzato in modi e con un impatto ambientale fortemente negativi.

  • Pontelagoscuro Ferrara (FE)

    Pontelagoscuro è un centro di antica origine semidistrutto sul finire della seconda guerra mondiale dai Tedeschi in ritirata e dai bombardamenti alleati.

    Località citata in documenti dell’inizio del Duecento, visse momenti rilevanti alla fine del secolo XV durante il ducato di Ercole I, per diventare, nei secoli successivi, luogo con funzioni di rappresentanza e militari in relazione ai rapporti con il Veneto.

    Dopo l’Unità, in qualità di porto fluviale collegato al mare suscitò gli interessi della grande industria, in particolare zuccheriera, che vi si insediò con numerosi impianti.

    A causa della guerra, la cittadina ha perso tutte le testimonianze della sua storia: abbattuta la chiesa seicentesca di S. Giorgio, scomparsa la via Coperta, originale manufatto fatto erigere da un cardinale legato, distrutte o abbandonate al degrado le fabbriche, oggi l’abitato offre un paesaggio urbano privo d’interesse, in cui l’insediamento originario e quello ricostruito coesistono scollegati: Pontelagoscuro Vecchio vede nascere al suo interno edificazioni di vario tipo, prive di pianificazione, e Pontelagoscuro Nuovo, sorto a 600 m dal fiume e privato della sua identità portuale, ha tentato di darsi un disegno organico di città nuova, realizzando invece un agglomerato privo di specificità.

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
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