La valle dell’Enza

In collaborazione con Touring Club

Argomento dell’itinerario è la descrizione dell’estrema fascia occidentale del territorio reggiano, compresa tra i centri di San Polo d’Enza e Castelnovo ne’ Monti, un percorso al quale può essere agganciata come prolungamento una lunga diramazione fino al crinale appenninico. Accompagnano per tutto il percorso la statale 513, di Val d’Enza, e lo stesso corso d’acqua.

Il fiume Enza nasce presso il passo di Lagastrello, scorre prima incassato fra ripidi versanti, riceve da sinistra il consistente tributo del torrente Cedra e da destra quello del torrente Tassobbio, poi con alveo sempre più largo raggiunge San Polo.

Qui inizia il corso di pianura che lo porta a bagnare Sòrbolo; divaga poi in numerosi meandri arginati e confluisce nel Po presso Brescello dopo 85 km di corso. A Sòrbolo il bacino è di 670 kmq; le portate oscillano tra i 15-20 m3 in autunno e primavera, e valori quasi nulli (0,5) in estate.

Le elevate perdite per infiltrazione nelle alluvioni dell’alta pianura e per derivazioni a usi irrigui riducono il coefficiente di deflusso a 0,45. Si parla da anni della realizzazione di una diga all’altezza di Vetto, che formerà un grande invaso artificiale (61 milioni di m3) per usi plurimi (potabili, irrigui, elettrici).

Negli ultimi secoli medievali la valle dell’Enza fu legata alle vicende dei Canossa, del cui ‘stato’ erano fulcro i castelli di Rossena e Canossa, con esclusione però della sezione alta che, insieme alla val Cedra, formava un’entità omogenea, denominata valle dei Cavalieri, con un insieme di corti dipendenti fin dal VII secolo dall’episcopato parmense.

Nei secoli successivi queste due unità si scomposero (così una vasta zona comprendente Ciano d’Enza e l’alto crinale passò sotto l’influenza di Parma, mentre l’area di Scurano apparteneva allo stato estense), ed è solo dagli anni intorno alla metà dell’Ottocento che il corso del fiume ha rappresentato il confine naturale e politico tra il territorio reggiano e quello parmense.


  • Lunghezza
    56.2 km
  • San Polo d'Enza San Polo d'Enza (RE)

    San Polo d'Enza (m 168, ab. 6.293), disposto allo sbocco della valle dell’Enza in pianura e all’apice della sua vasta conoide; è nodo di comunicazioni con il Parmense e con la montagna.

    La località fu abitata dalla protostoria (qui transitava e guadava l’Enza la preistorica pista pedemontana, ben identificabile da Vignola a Sala Baganza), come testimoniano i numerosi ritrovamenti etruschi delle sepolture di Servirola (1 km a nord).

    La denominazione «castrum Sancti Pauli» appare alla fine dell’XI secolo; nel 1092 Enrico IV, cercando di impossessarsi della vicina Canossa, vi pose il suo quartiere. Castello canossiano, fu occupato nel 1372 da Bernabò Visconti e passò in seguito agli Estensi. Dopo alterne vicende, a partire dal 1603 fu feudo dei Gherardini che trasformarono il castello in residenza signorile.

    Dell’apparato fortificato, riconoscibile planimetricamente, rimane un maestoso torrione in cui si aprono due ingressi ad arco ogivale (uno più ampio per i carriaggi, l’altro più piccolo per i pedoni); sono anche visibili le fenditure per il ponte levatoio. Oltre il torrione, si va alla piazza del castello, nel cui lato di levante una schiera di case ingloba la parrocchiale dei Ss. Pietro e Paolo, o chiesa del Castello. Di fronte, l’edificio della Rocca.

  • Parrocchia di Ss. Pietro e Paolo San Polo d'Enza (RE)

    La parrocchiale dei Ss. Pietro e Paolo, o chiesa del Castello, è formata da due ambienti comunicanti: l’oratorio di S. Giovanni Battista, che conserva un affresco staccato (Adorazione dei Magi) di Niccolò dell’Abate e a sinistra dell’ingresso un altro affresco raffigurante S. Giovanni Battista, databile al XVI secolo racchiuso entro un’ancona in stucco. La chiesa dei Ss. Pietro e Paolo è priva di facciata e a navata unica.

  • Rocca San Polo d'Enza (RE)

    L’edificio della Rocca, recentemente restaurato, domina la vallata contrapponendosi al castello di Guardasone, sulla sponda parmense; smantellata nel 1707, è riadattata a sede del Municipio; all’interno, piccolo Museo della Resistenza.

  • Museo della Resistenza «Salvo d’Acquisto» San Polo d'Enza (RE)

    Piccolo museo all'interno della Rocca che raccoglie oggetti, cimeli, documenti, fotografie a testimonianza della Resistenza di queste terre durante la seconda guerra mondiale.

  • Sito archeologico di Luceria Canossa (RE)

    Presso il rio Luceria, su un pianoro a ponente della strada, si rinvennero a più riprese, a partire dal 1776, una strada lastricata con andamento nord-sud, strutture murarie, tombe e altri reperti di età romana, tra cui una tabella bronzea decorata e iscritta, conservata al Museo archeologico di Parma.

    I ritrovamenti e l’assonanza col nome del corso d’acqua hanno accertato che qui era ubicata Luceria, menzionata tra le città della Gallia togata dal geografo Tolomeo (II secolo d.C.); le coordinate fornite da questi riportano, infatti, all’area appenninica tra Parma e Reggio; si trattava di un vicus ligure-romano le cui vestigia mostrano, oltre al cardo, una vasta area pubblica e alcuni edifici (l’area è visitabile).

  • Canossa Canossa (RE)

    Ciano d’Enza è sede del comune di Canossa (ab. 3.710), l’unico grosso centro della media valle, dedito a diverse attività industriali e all’artigianato del vimine. La sua storia è legata prima a quella dei due castelli di Rossena e Canossa sulle colline retrostanti, poi ai Correggeschi e infine, sino alla metà del secolo scorso, al ducato di Parma. All’ingresso nell’abitato, all’altezza della settecentesca Parrocchiale si dirama la strada diretta a Rossena e a Canossa.

  • Castello di Rossena Canossa (RE)

    Su una scoscesa rupe rossastra costituita da diabasi si erge, km 5, il castello di Rossena (visitabile), pittoresca rocca appartenuta nell’XI secolo a Bonifacio di Canossa e rimasta di proprietà della famiglia fino alla morte di Matilde (1115); nella seconda metà del secolo XIII venne incamerata dai da Correggio che la ricostruirono interamente, conservandola fino al 1612, allorché passò al ducato di Parma; la Chiesa di Reggio, entratane in possesso nel 1948, l’ha concessa ‘in comodato’ all’Istituto superiore di Studi Matildici.

    L’attuale proprietà l’ha restaurato (1999-2000) in funzione ricettiva; è meta di convegni, master, cerimonie, seminari. Il castello, circondato da mura con spalti e bastioni, profondamente integrati con la morfologia del terreno, conserva strutture per lo più cinquecentesche; solo la torre centrale risale a epoca medievale, mentre la chiesa di S. Matteo venne ricostruita nel Settecento.

    Interessante altresì il minuscolo borgo esterno, dal caratteristico impianto lineare focalizzato sull’emergenza del castello.

    Su una vicina rupe geologicamente simile, sorge la torre Rossenella, sotto la quale, in una piccola cava abbandonata, è possibile osservare la struttura sferoidale (pillow lavas) di questa formazione rocciosa. Nelle sottostanti grandi cave di Campotrera si rinvengono frequenti filoncelli a cristalli di datolite.

  • Castello di Canossa Canossa (RE)

    Circondate da un severo anfiteatro calanchivo, sopra un’aspra rupe di arenaria bianca (bianco = canus, donde forse il nome) si elevano le rovine del castello di Canossa, ridotto, a causa dei fenomeni di sfaldamento e instabilità del terreno, a una limitata porzione dell’area un tempo fortificata; le caratteristiche paesistiche circostanti e le memorie storiche cui il castello è legato ne fanno tuttavia un luogo dotato di straordinaria suggestione.

    Fu costruito verso il 940 da Azzo Adalberto, figlio di Sigifredo da Lucca, di stirpe longobarda, e divenne il centro di un complesso sistema difensivo a controllo delle valli appenniniche e della pianura.

    Nel 950 vi trovò rifugio Adelaide, vedova di Lotario I re d’Italia, per sfuggire alla persecuzione di Berengario II marchese di Ivrea. La fama di Canossa è legata massimamente allo storico incontro del 27 gennaio 1077, in cui, alla presenza della contessa Matilde e dell’abate Ugo di Cluny, il papa Gregorio VII assolse dalla scomunica l’imperatore Enrico IV.

    Con Matilde la potenza dei da Canossa raggiunse la massima espansione; il castello venne in seguito più volte distrutto e ricostruito, ma l’indagine archeologica ha rimesso in luce tracce riferibili alle ristrutturazioni estensi.

    Nel 1502-3 vi fu capitano Ludovico Ariosto; nel 1878, acquistato dal governo italiano, venne dichiarato monumento nazionale. Dalla base della rupe una lunga ombrosa cordonata conduce alla sommità; uniche strutture riconoscibili sono i resti di un palazzo cinquecentesco e la cripta della chiesa di S. Apollonio, che nel 1116 era già abbazia benedettina, con ampia dotazione di beni e giurisdizione sulla montagna e sulla collina reggiana occidentale.

    Parte dei materiali rinvenuti nel corso degli scavi, avviati da Gaetano Chierici e proseguiti da Naborre Campanini, sono custoditi nel piccolo Museo: tra i reperti, frammenti architettonici e decorativi, una documentazione iconografica di documenti canossiani e un plastico del castello.

  • Cerezzola Canossa (RE)

    Minuscolo borgo arroccato, m 226, la cui origine medievale si evidenzia in una bella casa-torre e nella piccola chiesa di S. Maria di Cirezula, nota fin dal 1144, che, nonostante l’aspetto dimesso, conserva resti di affreschi del XV secolo.

  • Tempio del Petrarca Canossa (RE)

    Piccola costruzione eretta su disegno di Nicola Bettoli (1838) e decorata da Francesco Scaramuzza, contenente una pregevole statua del poeta di Tommaso Bandini; situato in amena posizione a dominio dell’Enza, ricorda la visita fatta dal Petrarca nell’estate del 1341, quando era ospite di Azzo da Correggio al castello di Guardasone.

  • Cascata del Tassaro Vetto (RE)

    Raggiungibile seguendo, prima del ponte sul torrente Tassobbio, una strada parzialmente asfaltata che, risalendo il corso di quest’ultimo, conduce (in 2.9 km) alla località Mulino di Chichino; da qui è possibile salire in pochi minuti a piedi alla suggestiva cascata, stretta tra profonde pareti di arenaria.

  • Vetto Vetto (RE)

    Vetto (m 447, ab. 1.806) è un centro frequentato per villeggiatura, in una conca alta sul fiume Enza. Nel cuore dell’abitato è la parrocchiale di S. Lorenzo, citata nel 1142, ricostruita alla metà del XVII secolo; all’epoca delle origini risalgono presumibilmente le finestrine strombate e alcuni frammenti architettonici di arenaria, collocati all’interno; il campanile quattrocentesco conserva impianto romanico.

    Non lontano dalla chiesa, con il nome di osteria del Turo si indica un complesso seicentesco costituito da una corte con casa-torre.

  • Gottano Vetto (RE)

    A m 633, nel cui nucleo più alto, panoramicamente arroccato sul crinale, si trova la chiesa dei Ss. Pietro e Paolo, documentata nel XIII secolo, con campanile che incorpora parte delle strutture dell’antica rocca; su un poggio a ovest dell’abitato, l’oratorio di origine seicentesca dedicato alla Natività di Maria, detto anche «delle Formiche» per un singolare fenomeno di formiche alate trasmigranti, che si manifestava in genere ogni tre anni, ma che pare stia scomparendo. Un fenomeno analogo si verifica presso il monte delle Formiche, nel Bolognese.

  • Gazzolo Ventasso (RE)

    A m 557, già contea riservata degli Estensi che ne investirono la famiglia Molza; all’estremità orientale del borgo sorge il complesso rurale delle case Cavalieri, di origine quattrocentesca, riconoscibile dalla massiccia torre.

  • Ramiseto Ventasso (RE)

    In paesaggio che alterna sempre più frequenti boschi a radi coltivi si giunge a Ramiseto (m 781) dove sono costruzioni con elementi architettonici di origine quattrocentesca; nel nucleo di Campogrande (a valle della strada per Castelnovo), dietro la sede comunale si nota il palazzo Bertoldi, del XVIII-XIX secolo.

    Da Ramiseto, possibile escursione (km 5) al suggestivo lago Calamone m 1.396, transitando per l’ottocentesca chiesa dei Ss. Cipriano e Giustina; è il più vasto bacino naturale della provincia di Reggio, di probabile origine glaciale e molto ricco di fauna ittica.

    Alle pendici del soprastante Monte Ventasso (m 1.727) sono in funzione impianti per la pratica dello sci; interessante per la vasta panoramica l’ascensione (ore 1.30) alla cima.

  • Ss. Vincenzo e Anastasio Ventasso (RE)

    Antica pieve che la tradizione vuole eretta dalla contessa Matilde; l’edificio attuale è una ricostruzione novecentesca in stile pseudo-romanico, che di antico conserva solo un frammento di capitello e il fonte battesimale.

  • Passo di Pratizzano Ventasso (RE)

    Radure, m 1.228, attrezzate per lo sci di fondo, in vista delle pendici occidentali del M. Ventasso; il passo è anche base di partenza per l’impegnativa ascensione (ore 3) alla cima dell’Alpe di Succiso m 2017, imponente montagna arenacea ricca di specie botaniche rare per l’Appennino, come l’Antennaria carpathica.

  • Cecciola Ventasso (RE)

    Minuscolo borgo, uno dei più tipici della montagna reggiana per la conservazione delle originarie tipologie in pietra (solo in parte alterate da ristrutturazioni moderne) e delle decorazioni scolpite, come quelle dell’ottocentesco portale in arenaria della chiesa di S. Maria Assunta.

  • Miscoso Ventasso (RE)

    A m 901, anticamente villa del comune di Vairo, in contado parmense, e fino alla metà del XIX secolo sede della dogana reggiana al confine con la Toscana; oltre alla seicentesca chiesa dell’Assunzione, vi si segnalano diversi bassorilievi votivi in marmo di Carrara.

  • Lago Paduli

    A m 1.157, in pittoresca conca, lago di origine glaciale, trasformato mediante la costruzione di una diga in bacino idroelettrico.

  • Passo del Lagastrello

    A m 1.200, detto anche passo di Linari, nel Medioevo assai frequentato per il collegamento con la Lunigiana.

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
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