Piacenza: il nucleo centrale e la piazza dei Cavalli

In collaborazione con Touring Club

La struttura della città storica nasce dall’accorpamento al nucleo d’impianto romano dei borghi medievali inglobati entro serie concentriche di mura. A differenza di altre città emiliane, l’asse principale di crescita coincide solo in parte con la Via Emilia (odierna via Roma); le addizioni medievali e rinascimentali hanno dato alla città storica quella forma di focaccia allungata (o placentula) cui amavano riferirsi gli eruditi dell’Ottocento.

Ma, a fronte di una struttura topografica che rivela una città medievale, il carattere edilizio, notevolmente omogeneo, rimanda soprattutto al XVIII e XIX secolo, allorché accorpamenti fondiari e trasformazioni stilistiche mutarono radicalmente il volto della città.

Il nucleo centrale della città storica insiste sull’area della città romana, della quale è ancora riconoscibile la struttura – oltre 60 insulae – ad assi ortogonali. Il forum è localizzabile nell’area corrispondente ai due isolati posti tra le vie Roma, Carducci, Romagnosi e Cavour.


  • Lunghezza
    n.d.
  • Piacenza Piacenza (PC)

    Nodo ferroviario e autostradale di primaria importanza sulla riva destra del Po, Piacenza (m 61, ab. 104.260) è la ‘porta dell’Emilia’ per chi proviene dal Piemonte e dalla Lombardia; lambita dalle grandi correnti di traffico, ha conservato la sua forte, e un po’ appartata, fisionomia di centro padano.

    Nonostante la discontinuità delle vicende politiche ed economiche, la città offre una sequenza ininterrotta di brillanti fasi artistiche: dagli episodi monumentali del Medioevo alle espressioni del Rinascimento, fino agli esempi di edilizia civile del XVII e XVIII secolo che oggi configurano il carattere prevalente del centro storico.

  • Piazza dei Cavalli Piacenza (PC)

    Creata nel XIII secolo, la piazza Grande, oggi piazza dei Cavalli, sancì, rispetto alla città altomedievale, lo spostamento verso nord del baricentro cittadino, dando inizio alla formazione delle strutture urbane che ancora oggi costituiscono il cuore della vita piacentina.

    La nuova platea nasce in alternativa alla braida di S. Antonino, fino ad allora luogo delle pubbliche adunanze. Prende il nome dalle due statue equestri dei Farnese poste nel mezzo, raffinata opera in bronzo di Francesco Mochi, che raffigurano i duchi Ranuccio I (1620) e suo padre, Alessandro (1625); nei due bassorilievi del piedistallo della prima (a destra), Piacenza si inchina alle virtù di Ranuccio e La prosperità sotto il governo di Ranuccio; in quelli della seconda, La presa di Anversa e Liberazione di Parigi.

    Sulla piazza si affaccia il Palazzo pubblico, detto il Gotico, monumento emblematico del paesaggio urbano piacentino. Sul lato nord della piazza sorge il neoclassico palazzo del Governatore (sede della Camera di Commercio), opera di Lotario Tomba (1787), che reca al centro un orologio e ai lati una meridiana solare e un calendario perpetuo, opera del piacentino Gian Francesco Barattieri (1793).

  • Palazzo Gotico Piacenza (PC)

    Monumento emblematico del paesaggio urbano piacentino è il Palazzo pubblico, detto il Gotico, iniziato nel 1281 per volere di Alberto Scotti e a spese delle arti mercantili.

    Lungo i tre lati visibili dalla piazza mostra una successione di arcate a sesto acuto, inserite nello zoccolo in marmo bianco di Verona, che contrasta cromaticamente con la fascia superiore in cotto rosso, in cui si aprono grandi polifore decorate, sottolineate da archi a tutto sesto; oltre il cornicione, elemento di originalità è il coronamento costituito da merli ghibellini e torrette (la più alta – visibile dal cortile – è detta la lanterna).

    Attraverso un vasto doppio porticato, scandito da pilastri e coperto da volte a crociera (a sinistra, sacrario dei Caduti), si accede al cortile, dal prospetto analogo alla facciata.

    A destra una scala porta al piano superiore, costituito da un unico salone, in origine destinato alle adunanze, ora utilizzato per mostre temporanee, con copertura a capriate messe in opera nel corso di lavori di ripristino compiuti da Angelo Colla (1881-1909).

  • Basilica di S. Francesco Piacenza (PC)

    Basilica iniziata nel 1278 con accenti e moduli del gotico maturo, simili all’omonimo tempio bolognese, ha facciata a capanna (restaurata da Camillo Guidotti), scandita da contrafforti e da guglie cuspidate, e animata da cornici decorate, da un rosone e da due oculi.

    Notevole il portale a strombo (ricomposto dal Guidotti), che reca una lunetta (S. Francesco stimmatizzato), opera di Guiniforte Solari e del figlio Pierantonio (1482), affiancata da due bassorilievi con S. Francesco e S. Bernardino, resti dell’originaria cuspide.

    I fianchi sono ritmati da archi rampanti, così come la parte absidale, con campanile a trifore, quasi completamente celata alla vista. L’interno, di vaste proporzioni, è a tre navate con deambulatorio e cappelle radiali; gli elementi di sostegno in cotto rosso (pilastri cilindrici, archi ogivali, costolonature) risaltano sul candore delle pareti e delle volte.

    Nella facciata interna, Pietà di Bernardo Castello (1580), e Moltiplicazione dei pani e dei pesci, grande tela di Benedetto Marini (1625). Le cappelle cinque-seicentesche vennero demolite nel corso dei restauri diretti dal Guidotti e poi da Giovanni Gazzola (1916-41), e numerosi affreschi tre-quattrocenteschi asportati e venduti. Ne rimangono, alla parete della navata destra, alcuni resti staccati, assai rovinati.

    La 1a cappella destra, superstite, è ornata di affreschi (restaurati nel 1991) del Malosso (1599-1603) sul tema della Concezione della Vergine, raffigurata, nella pala d’altare, in una singolare iconografia. Nel secondo altare dopo la cappella, Pentecoste di Giuseppe Nuvolone (1681) proveniente dal convento dello Spirito Santo.

    Nel deambulatorio, sulla parete d’ingresso alle sagrestie, sotto la ridipintura è emerso un importante affresco della prima metà del XIV secolo, frammentario, che testimonia la penetrazione di modi giotteschi. Nella 2a sagrestia, Madonna col Bambino e i Ss. Pietro e Giovanni Battista, di scuola del Francia, Ss. Rocco e Sebastiano, affresco staccato di ignoto cremonese cinquecentesco, Presentazione al tempio, forse di Antonio Campi.

    Si prosegue nel deambulatorio: alla parete destra, un bassorilievo raffigurante Rettore in cattedra e frati, di scuola dell’Amadeo (1477); nella 4a cappella, Pietà, grandioso gruppo di sette figure, in stucco, attribuito a Domenico Reti.

    Nel transetto sinistra, alla parete, Crocifissione, frammento di affresco della fine del Trecento. All’inizio della navata sinistra, vicino all’ingresso, monumento a Giuseppe Manfredi (patriota da Cortemaggiore, 1828-1918), con busto di Ettore Ximenes.

  • Piazza Plebiscito Piacenza (PC)

    Graziosa piazza creata nel XX secolo al posto del demolito convento francescano. Sotto il portico del fianco meridionale, a seguito dei restauri del 2012 sono stati portati alla luce resti di dipinti con episodi della vita di Cristo affrescati da Bartolomeo Baderna, un tabernacolo gotico con frammenti della Vergine in trono fra santi (inizi XV secolo) e un portale in cotto duecentesco.

    Sempre nel muro meridionale si apre la porta recentemente definita solstiziale, in quanto sembra riprodurre le raffigurazioni dello zodiaco.

  • Palazzo vescovile Piacenza (PC)

    Palazzo di origine medievale, dalla facciata neoclassica (1858), articolato attorno a un cortile porticato su due lati.

    Al primo piano è l’Appartamento Nobile, costituito di vari ambienti arredati con bei mobili settecenteschi, e nel quale sono riuniti tele e affreschi staccati. Tra questi ultimi sono notevoli quelli rimossi dal Duomo: Visitazione e Pentecoste di Camillo Procaccini; Presentazione al tempio, Annunciazione e Profeti di Ludovico Carracci; Immacolata di Carlo Cignani e, ai lati, due Sibille, sempre del Procaccini.

  • Kronos-Museo della Cattedrale Piacenza (PC)

    Nato nel 2015, il Kronos-Museo della Cattedrale documenta la storia del Duomo e della Diocesi di Piacenza.

    Attraverso un portale con protiro in via Prevostura N. 7, si accede al primo dei tre livelli del museo, porta di accesso per la salita alla cupola del Duomo affrescata da Guercino. Al trittico trecentesco di Serafino Serafini con scene della vita di Cristo, fanno seguito le raccolte di sculture sacre (S. Nicola di Giovanni Sceti, Angelo custode di Jan Geermaert), oreficerie e oggetti liturgici, dipinti (I diecimila martiri crocifissi di Giovanni Andrea Sirani, la Madonna dello Zitto di G.B. Tagliasacchi, Morte di S. Francesco Saverio di Robert De Longe, S. Gerolamo di Guido Reni).

    Dal secondo livello (corrispondente alla quota del presbiterio della cattedrale) si entra nelle sagrestie che custodiscono le sezioni dei paramenti di manifatture pregiate, dei reliquiari e l’archivio capitolare con pregevolissimi antifonari dei secoli XII-XV e pergamene di epoca longobarda.

    Il percorso museale si conclude con la sezione dedicata al Libro del Maestro o Codice 65, manoscritto iniziato nel XII secolo che contiene una summa del sapere medievale, le cui pagine si possono sfogliare virtualmente su schermi touch-screen ad altissima risoluzione.

  • Duomo Piacenza (PC)

    Nella vasta piazza del Duomo, tracciata nel 1544 per iniziativa del legato pontificio Marino Grimani e porticata per due lati, di fronte allo sbocco della via è il Duomo (cattedrale dell’Assunta), importante tappa di una delle principali vie di pellegrinaggio medievale, eretto forse sul luogo di una basilica paleocristiana.

    È un edificio affascinante per la complessità delle strutture architettoniche, significativa espressione del romanico padano con elementi gotici, e per il ricchissimo apparato scultoreo del XII secolo a cui concorsero, oltre a Nicolò con la sua bottega, maestranze locali legate alla Scuola di Piacenza.

    La costruzione venne portata a compimento in almeno due fasi principali, la prima iniziata nel 1122, la seconda terminata nel 1233 sotto la direzione di Rainaldo Santo da Sambuceto. La struttura architettonica è fra le più interessanti del romanico italiano perché denota una precoce penetrazione dei modelli anglo-normanni nell’articolazione della facciata (nel progetto doveva essere stretta fra due torri), e, all’interno, nella poderosa struttura dei sostegni cilindrici e nell’adozione dei falsi matronei e delle volte esapartite; la fase duecentesca, riferibile alla parte terminale e alla copertura, rivela invece influenze francesi.

    A partire dal ’500 la fabbrica subì notevoli interventi che ne mutarono la struttura sovrapponendovi nuovi altari e decorazioni. Gran parte di queste realizzazioni andarono distrutte nei restauri condotti fra il 1897 e il 1901 da Camillo Guidotti, responsabile di ‘invenzioni’ in stile medievale.

    L’alta facciata, in arenaria e marmo di Verona, ha coronamento a capanna ornato da una elegante loggetta, ed è divisa da due pilastri semicilindrici in tre campi, di cui i laterali corsi a mezza altezza da loggette. Vi si aprono un grande rosone e tre portali preceduti da protiri (questi e il rosone risalenti al XIV secolo); in quello centrale sono originali la decorazione dei segni zodiacali e i due grossi vitelli che sostengono le colonnine della loggetta superiore, probabile opera di Nicolò; l’architrave (opera di Pier Enrico Astorri su indicazioni del Guidotti; 1901) è sostenuto da due telamoni del XII secolo.

    Il portale di sinistra è opera di maestranze nonantolane: in alto, negli stipiti, 4 telamoni raffiguranti Virtù e Vizi; nell’architrave, scene della vita della Madonna e della Redenzione. Il portale di destra, concordemente ritenuto una delle prime opere di Nicolò, reca nell’architrave sei scene della vita di Cristo.

    Dietro la facciata, sulla sinistra, emerge il campanile (alto m 71), compiuto nel 1333 e sormontato da un angelo di rame (1341). Lungo i fianchi proseguono le gallerie a loggette, interrotte dai potenti contrafforti; molto interessanti le complesse, sovrapposte costruzioni della parte absidale.

    L’interno (notare le asimmetrie) è a croce latina a tre navate, che si ripetono anche nei bracci del profondo transetto, divise da 26 piloni cilindrici, con presbiterio sopraelevato sulla cripta e cupola. L’alzata inferiore è romanica; la superiore, comprendente i matronei, i grandi archi e le volte cordonate, è gotica.

    Nella navata mediana, nella controfacciata, Transito della Madonna, ampia tela di Camillo Procaccini già pala dell’altare maggiore, restaurata nel 1997; nella lunetta a rilievo, Madonna col Bambino, angeli e santi, del ’400. Al sommo degli archi, formelle con santi e profeti, a rilievo, della seconda metà del secolo XII; nei piloni, in alto, sono infisse formelle coi simboli delle corporazioni d’Arti e Mestieri (i paratici), a spese delle quali i pilastri stessi furono eretti, opere legate alla scuola di Piacenza.

    Sul 2° pilastro destro, tre affreschi votivi: Madonna col Bambino tra due santi, del secolo XIV; Madonna delle Grazie, del ’400; Madonna in trono tra due angeli degli inizi del secolo XV. Nella cupola, divisa in 8 spicchi, i profeti Isaia e David sono del Morazzone (1625); in seguito alla sua morte la decorazione venne ripresa e compiuta da Guercino, che dipinse negli spicchi i profeti Aggeo, Osea, Zaccaria, Ezechiele, Michea e Geremia, nelle lunette sottostanti le Sibille e, negli scomparti, Annunzio ai pastori, Presepio, Circoncisione, Riposo nella fuga in Egitto.

    Il fregio al disopra degli archi della loggia è pure esso di Guercino o di scolari da lui diretti. Nel transetto destro, la decorazione delle absidi è opera moderna di Eugenio Cisterna e altri (1902 circa). Alla parete sinistra, entro nicchia, Crocifissione, affresco della fine del ’400 e, vicino, una tomba gotica in pietra, sormontata da un affresco raffigurante Cristo tra due sante martiri, di scuola bolognese del ’300.

    Alla parete destra, tombe gotiche terragne; sopra, il Sogno di S. Giuseppe, affresco staccato di Marcantonio Franceschini (1688-89). In una nicchia, sempre alla parete destra, Madonna col Bambino in trono e santi, affresco di Bartolino da Piacenza degli inizi del ’400. Navatella a destra del presbiterio: nella volta, Episodi della vita di S. Alessio (i primi due scomparti dipinti da Camillo Procaccini, gli altri dal Fiammenghino); nell’abside, frammenti di affreschi del secolo XIII, completati da Luigi Morgari.

    Il Presbiterio è sopraelevato sulla cripta. I due amboni ai lati delle scale di accesso sono un’invenzione dei restauri, scolpiti da Fedele Toscani su progetto del Guidotti, come pure il pulpito. Dell’ingente apparato decorativo, soppresso dai restauri novecenteschi, rimangono, nella volta, Incoronazione della Vergine di Camillo Procaccini, e cori di angeli e Limbo di Ludovico Carracci. All’altare maggiore, un bel polittico ligneo scolpito da Antonio Burlengo e dipinto da Bartolomeo da Gropallo (1447). Notevole coro ligneo goticizzante, di Giangiacomo da Genova (1471; alcune parti sono rifatte).

    Alla parete sinistra, Deposizione della Vergine; in quella destra, Sepolcro trovato vuoto dagli Apostoli, grandi quadri di Gaspare Landi (1804) in sostituzione di quelli di Ludovico Carracci, ora nella Galleria nazionale di Parma. Nella volta a botte, in una fascia a fondo azzurro, angeli di Ludovico Carracci; nel catino dell’abside, Assunzione della Vergine, affresco di Camillo Procaccini.

    La cripta si svolge sotto tutto il presbiterio ed è divisa in 5 navate longitudinali e 3 trasversali da 108 colonnine con capitelli vari. Sotto l’altare centrale è custodita l’urna contenente le reliquie di S. Giustina, martire del secolo III, alla quale era dedicata la primitiva cattedrale. Si risale nella chiesa e si va nella navatella a sin. del presbiterio. Nell’abside, storie della vita di S. Martino, frammenti di affreschi della fine del ’300, completati dal Morgari; nella volta, storie di S. Martino, del Procaccini e del Fiammenghino. In corrispondenza della scala sin. che scende alla cripta, si trova l’altare del Crocifisso con Cristo crocifisso tra la Madonna e S. Giovanni di Ambrogio Montevecchi (1504).

    Transetto sinistro: la decorazione delle absidi è moderna. Alla parete sinistra, sopra un confessionale, S. Cristoforo tra i Ss. Giorgio e Antonino, grande affresco della fine del ’300. Sulla parete destra, chiusa da un cancello, la cappella della fonte battesimale.

  • Chiesa di S. Giorgino Piacenza (PC)

    Chiesa barocca con all’interno, all’altare maggiore, la Vergine del suffragio, capolavoro di Robert de Longe; importante sagrestia interamente rivestita di armadi lignei del 1713, con volta affrescata da Sebastiano Galeotti e alle pareti tele dei secoli XVII e XVIII).

  • Museo Capitolare di S. Antonino Piacenza (PC)

    Annesso alla basilica di S. Antonino è il piccolo museo, che conta, fra gli oggetti più notevoli, paramenti, codici miniati, reliquiari, e tre dossali del Quattrocento, due di Bartolomeo Gropallo (Storie di S. Antonino, 1455-1456) e uno di Giovanni Mezzafontana (Trinità e Profeti, 1467-68), oltre alla «Bran- dazza», crocifisso in bronzo coi simboli degli Evangelisti (secolo XVII).

  • Basilica di S. Antonino Piacenza (PC)

    Basilica intitolata al patrono della città, fondata nel IV secolo, cattedrale fino al IX. Tra le grandi adunanze tenute nel suo interno e nel brolo annesso, si ricordano i preliminari della pace di Costanza (1183), con cui il Barbarossa riconobbe l’autonomia dei Comuni italiani.

    Secondo le ipotesi costruttive più recenti, l’attuale edificio, a tre navate, con transetto occidentale sormontato da un’alta torre ottagonale, è frutto (fatta astrazione per gli ampliamenti posteriori) di un’unica campagna costruttiva condotta nella prima metà dell’XI secolo sui resti della basilica paleocristiana, che forse occupava l’attuale transetto, come provano le identiche archeggiature (di cui rimangono brani originari nelle absidiole e nei transetti) e la decorazione ad affresco che ancora si conserva, seppure non completa, nei sottotetti. Sempre secondo questa ipotesi, la porta principale fu, fin dall’origine, quella settentrionale, aperta verso la città, alla quale nel secolo XIV fu aggiunto un grande atrio. Nel XV e XVII secolo si costruirono le cappelle.

    A metà dell’Ottocento l’interno subì un totale rinnovamento in stile neogotico, e successivamente i restauri condotti da Giulio Arata (1919-33), eliminando le aggiunte barocche, cercarono di riportare l’edificio alle originarie forme romaniche, distruggendo però le cappelle tardo-cinquecentesche del lato sud. Il portale di marmo (incompleto), scolpito nel 1172, è opera di uno scultore di notevole qualità, aggiornato sulle più vive correnti della scultura europea coeva.

    Nel 1350 gli fu addossato da Pietro Vago un grande pronao, detto il Paradiso, aperto da un altissimo arco ogivale e completato da slanciate guglie, che diverrà la nota caratteristica del complesso. L’interno rivela, al di là dei vari interventi sovrappostisi alle strutture originarie (elementi barocchi, rifacimenti neogotici), tracce dell’impianto originario. La basilica si presenta come una croce latina a rovescio, a tre navate con tre absidi. In corrispondenza della torre, il sostegno è costituito da massicci pilastri cilindrici messi a nudo con i rozzi capitelli originali nei restauri più recenti.

    Nel braccio destro del transetto è la cappella del Sacramento, in cui alla parete sono stati collocati alcuni brani degli affreschi del secolo XI recuperati dai sottotetti, staccati e restaurati. Nel transetto sinistro (accesso dal Paradiso) all’altare è un’Ultima cena di Bernardo Castello.

    Nella navata destra sono visibili le forme primitive (arcate che racchiudono altari), messe in luce a seguito della demolizione di tre cappelle. Il presbiterio, rifatto nei secoli XVI e XVII, ha la volta dipinta da Camillo Gavasetti (1626), del quale è anche l’affresco nella lunetta di fondo; alle pareti, 4 grandi quadri di Robert De Longe (1693), rappresentanti storie e il martirio di S. Antonino; al centro del coro, i Ss. Antonino e Vittore, dello stesso.

    Si passa nella cappelletta della testata della navata sinistra, ove sono due tele di Giuseppe Nuvolone. Nella stessa navata si aprono due arcate che mettono nella cappella della S. Spina, con volta a costoloni; sulla parete di fondo, scarsi avanzi di affreschi cinquecenteschi; segue, nella 2a cappella, Crocifissione, notevole gruppo in terracotta policroma quattrocentesco.

    Annesso alla basilica è il piccolo museo, che conta, fra gli oggetti più notevoli, paramenti, codici miniati, reliquiari, e tre dossali del Quattrocento, oltre alla «Brandazza», crocifisso in bronzo coi simboli degli Evangelisti (secolo XVII). Di ritorno nella chiesa, per una porta nella navata destra si esce nel chiostro, tardo-quattrocentesco ma ampiamente restaurato dall’Arata, che conserva alcuni capitelli rinascimentali.

  • Corso Garibaldi Piacenza (PC)

    Anticamente detto «via del Guasto» a causa del demolito palazzo di Alberto Scotti (1304). Si affaccia l’ex chiesetta di S. Ilario, fortemente restaurata, originaria del secolo XII, epoca cui risale il rilievo dell’architrave con l’Incredulità di S. Tommaso.

    Si susseguono alcuni edifici settecenteschi. Al N. 50 il palazzo della Provincia, in stile Beaux-Arts, progettato da Manfredo Manfredi (1920-1922).

  • Antiquarium S. Margherita Piacenza (PC)

    Cospicui resti della Piacenza romana sono stati rintracciati nella vicina ex chiesa di S. Margherita, oggi proprietà della Fondazione di Piacenza e Vigevano.

    La chiesa è un esempio di conservazione di tracce stratificate delle trasformazioni della città dall’epoca romana, attraverso il Medioevo e l’età moderna, fino all’attuale conversione dell’aula ecclesiale in auditorium.

    Le campagne di scavo susseguitesi dal 1979 a tempi recenti hanno messo in luce strutture e materiali che testimoniano la frequentazione dal II secolo a.C. al XVIII secolo.

    L’allestimento degli spazi sotterranei e della cripta ha dato vita a un antiquarium il cui percorso museale si avvale di pannelli didattici e di reperti archeologici formati principalmente da una sessantina di anfore e da vasellame da mensa di epoca romana (II-I secolo a.C.) e da ceramiche posteriori (xiv-xviii sec.). L’allestimento presenta anche i resti di una domus (I secolo a.C.-II secolo d.C.).

  • Via Poggiali Piacenza (PC)

    Al N. 24, è il vasto palazzo Paveri-Fontana, di origine medievale ma rifatto nel XVIII secolo (si veda il fastoso atrio e lo scalone), che appartenne a una delle più potenti famiglie di parte guelfa. Di fronte, N. 39, il coevo palazzo Scotti di Montalbo.

  • Palazzo Mandelli Piacenza (PC)

    Monumentale palazzo eretto a metà del secolo XVIII con gusto scenografico, del quale sono segno, all’esterno, le finestre decorate e i balconi, e, all’interno, l’atrio e lo scalone arricchiti di sorprendenti decorazioni in stucco; l’edificio, che fu residenza ducale nel XIX secolo, ospita oggi la Banca d’Italia.

  • Chiesa di S. Dalmazio Piacenza (PC)

    Rifacimento cinquecentesco di una chiesa dell’XI secolo, della quale rimane la cripta con volte a crociera e capitelli bizantini. Nella sagrestia, affreschi di Sebastiano Galeotti.

  • Oratorio di S. Cristoforo Piacenza (PC)

    Oratorio di S. Cristoforo, detto della Morte (Domenico Valmagini, 1687), piccolo impianto a croce greca che si dilata nelle grandiose decorazioni della cupola, illusionisticamente affrescata da Ferdinando Bibiena.

    Lo spazio è sede del Piccolo Museo della Poesia, che intende mettere in dialogo le opere d’arte presenti nell’oratorio e quelle esposte dalla Galleria Spazialismo poetico, con la poesia.

  • Chiesa di S. Pietro Piacenza (PC)

    Fondata dal vescovo Podone nel IX secolo, la chiesa di S. Pietro fu completamente ricostruita dai Gesuiti a partire dal 1585 ed ebbe una nuova facciata nel 1936.

    L’interno, a navata unica, riprende il modello vignolesco; conserva alcune tele interessanti, tra cui il Martirio di S. Pietro e quello di S. Paolo, opere realizzate da Jan Sons nel 1608; Gesù crocifisso di Robert De Longe; Apparizione della Vergine a S. Bernardo e La Vergine con S. Franca, sempre del De Longe; l’estremo saluto di S. Pietro a S. Paolo di Ercole Graziani (1730 circa); S. Michele, copia da Guido Reni, attribuita a Bartolomeo Baderna.

  • Biblioteca civica «Passerini-Landi» Piacenza (PC)

    In un complesso religioso di vaste proporzioni, costituito dall’ex collegio gesuitico ed eretto secondo i canoni architettonici di quell’ordine tra il 1585 e il 1593, ha sede la Biblioteca civica «Passerini-Landi», fondata nel 1778 dopo l’espulsione dei Gesuiti dal ducato.

    Notevole, all’interno, la sala di lettura allestita nel 1810. L’attuale patrimonio di oltre 200 mila volumi e 3.000 manoscritti, creato in origine con i duplicati della Biblioteca Palatina di Parma e con i fondi della Compagnia di Gesù, proviene in gran parte dalle donazioni Passerini e Landi.

    Tra i pezzi più importanti: il celebre salterio di Angilberga moglie dell’imperatore Lodovico II, dell’anno 827, su pergamena purpurea con caratteri in oro e argento e ricca rilegatura in argento dorato del principio del secolo XIX; il Codice Dantesco della Divina Commedia (1336), già dei Beccaria e poi dei Landi, il più antico con data certa; due uffizietti miniati (secolo XV); inoltre, una ricca raccolta di statuti e cronache locali.

  • Palazzo Ferrari-Sacchini Piacenza (PC)

    Palazzo dalla monumentale facciata, con paraste di ordine gigante su zoccolo bugnato (Domenico Valmagini, 1687); ambienti rilevanti sono il cortile con doppio loggiato, lo scalone a tre rampe con stucchi di Dalmazio della Porta, il salone affrescato nell’avanzato Settecento e alcuni ambienti con soffitti dipinti da Robert De Longe.

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
SITO UFFICIALE DI INFORMAZIONE TURISTICA © 2024 Regione Emilia-Romagna | Assessorato Turismo e Commercio