Piacenza: piazza del Borgo e la porta di S. Antonio

In collaborazione con Touring Club

L’area intorno alla Piazza del Borgo corrisponde al primo insediamento mercantile, formatosi a partire dall’XI secolo e dove, fino al 1647, aveva sede il Collegio dei Mercanti.

Nella parte più esterna, verso la porta S. Antonio (oggi piazzale Torino), si concentrarono, a partire dal XIII secolo, gli hospitia per pellegrini, legati alla presenza di conventi: da questo tessuto assistenziale ebbe poi origine l’ospedale civile.

  • Lunghezza
    n.d.
  • Piacenza Piacenza (PC)

    Nodo ferroviario e autostradale di primaria importanza sulla riva destra del Po, Piacenza (m 61, ab. 104.260) è la ‘porta dell’Emilia’ per chi proviene dal Piemonte e dalla Lombardia; lambita dalle grandi correnti di traffico, ha conservato la sua forte, e un po’ appartata, fisionomia di centro padano.

    Nonostante la discontinuità delle vicende politiche ed economiche, la città offre una sequenza ininterrotta di brillanti fasi artistiche: dagli episodi monumentali del Medioevo alle espressioni del Rinascimento, fino agli esempi di edilizia civile del XVII e XVIII secolo che oggi configurano il carattere prevalente del centro storico.

  • Piazza del Borgo Piacenza (PC)

    Crocevia di raccordo tra il centro e due radiali di uscita, la piazza del Borgo accoglie la chiesa di S. Brigida.

    Dalla piazza ha inizio la lunga via Giuseppe Taverna, allargata e rettificata in età farnesiana. Lungo la via Beverora ci si addentra in un quartiere di carattere tradizionalmente artigiano.

  • Chiesa di S. Brigida Piacenza (PC)

    Fondata nel IX secolo dai monaci di Bobbio e ricostruita tra l’XI e il XIII, la chiesa fu profondamente alterata nel Seicento e subì radicali interventi alla fine del XIX, che ne compromisero ulteriormente la statica, portando all’abbattimento del campanile, poi ricostruito.

    All’interno, a tre navate divise da pilastri cruciformi, tra i dipinti, Ecce Homo di Felice Boselli, Martirio di S. Andrea di Camillo Gavasetti; la cappella del Crocifisso ha, nella cupola, affreschi di Robert De Longe e un bel Crocifisso ligneo del secolo XIII.

  • Palazzo Scotti di Vigoleno Piacenza (PC)

    Oggi Palazzo della Prefettura, rifatto da Ignazio Cerri (1717-26), con portale scolpito e interni monumentali.

  • Via S. Giovanni Piacenza (PC)

    Al N. 17 prospetta il Palazzo Scotti di Vigoleno, oggi della Prefettura, rifatto da Ignazio Cerri (1717-26), con portale scolpito e interni monumentali.

    Lo fronteggia una piazzetta detta del Tempio, antistante allo scomparso convento dei Templari; al N. 56 il Palazzo Marliani, pure settecentesco, con facciata rococò.

    Sempre nella via S. Giovanni, dopo il Palazzo Mulazzani del XVI secolo ma rifatto in seguito, si trova il settecentesco Palazzo Fogliani, con cortile porticato di epoca rinascimentale.

  • Chiesa di S. Giovanni in Canale Piacenza (PC)

    Centro del Borgo, quartiere di carattere tradizionalmente artigiano, è la chiesa di S. Giovanni in Canale, eretta con l’annesso convento intorno al 1220 dai Domenicani, ampliata e trasformata nel secolo XVI, e ancora modificata nei secoli XVII e XVIII, allorché il complesso fu sede del tribunale dell’Inquisizione.

    I ripristini svoltisi a più riprese tra il 1937 e il 1958, cercando di recuperare le forme originarie, ne hanno eliminato gli elementi rinascimentali e barocchi. L’interno di grande semplicità è a tre navate, coperte parte da capriate, parte da volte, divise da pilastri cilindrici in laterizi.

    Ai lati dell’ingresso, a sinistra sepolcro della famiglia Scotti (secolo XVI), a destra un’edicola gotica. Alla parete della navata destra, affreschi staccati frammentari dei secoli XIV e XVI; inoltre, due tele di Antonio Bresciani con Miracoli di S. Ulderico (1747).

    Tra la 3a e la 4a campata, sarcofago di Alberto Scotti in breccia di Verona (secolo XIV): sul coperchio, guerriero a cavallo; nelle fasce anteriori e laterali, Madonna, il Redentore, angeli e santi, a rilievo. Nella cappella a destra del presbiterio, i Ss. Pietro e Paolo, affreschi della fine del ’400, ridipinti; il Beato Marcolino da Forlì di Gerardo de’ Garatoli; Cristo nel sepolcro, affresco degli inizi del ’400.

    Gli affreschi nella volta del presbiterio e nell’abside sono di Sebastiano Galeotti e di Francesco Natali (1721-22); grande altare in marmi policromi di Giuliano Mozani (1733).

    Nella vasta cappella del Rosario, costruita da Lotario Tomba con suggerimenti del Canova, in fondo alla navata sinistra, Andata al Calvario di Gaspare Landi e Presentazione al Tempio di Vincenzo Camuccini, grandissime tele eseguite a Roma nel 1806-1808.

    Alla parete della navata sinistra, un dipinto di Luigi Crespi (S. Elena e S. Pietro martire); nella 3a cappella sinistra, S. Domenico in gloria di Paolo Borroni e Apparizione della Vergine e S. Giacinto, del Malosso (1595 circa).

    Per una porta in fondo alla navata destra si passa nella sagrestia e di qui nel chiostro dell’antico convento dei Domenicani, di cui rimane un solo lato, ridotto a corridoio. Subito a destra della porta è il sepolcro di Guglielmo da Saliceto, assai rovinato, di scuola lombarda vicino all’Amadeo (inizi del ’500). Più avanti, il monumentale sepolcro della famiglia Guadagnabene (1365), in breccia di Verona.

  • Palazzo Scotti da Fombio Piacenza (PC)

    Vecchia sede del museo di Storia Naturale, oggi in via Scalabrini 105, poi collegio Morigi, del XV secolo, dal bel portale proto-rinascimentale che immette in un grande cortile porticato; all’interno, lo scalone e molte delle decorazioni sono opera di Cosimo Morelli, cui è attribuito anche il sopralzo.

  • Via Taverna Piacenza (PC)

    Dalla Piazza del Borgo ha inizio la lunga via Giuseppe Taverna (già detta «strà levata» o «di Porta S. Antonio»), allargata e rettificata in età farnesiana.

    Vi si affacciano gli austeri fronti di alcune delle più antiche residenze patrizie di Piacenza. All’angolo con la via S. Bartolomeo, è il Palazzo Scotti da Fombio, vecchia sede del museo di Storia Naturale, poi collegio Morigi, del XV secolo.

    Poco distante è la ex chiesa dei Ss. Nazzaro e Celso, con campanile del XIII secolo, attualmente adibita a spazio espositivo per mostre temporanee (Spazio Rosso Tiziano).

    Di fronte il Palazzo Somaglia, iniziato nel 1688 e articolato su due corti; notevole, all’interno, lo scalone a rampe incrociate, affrescato con spettacolari prospettive architettoniche da Francesco Natali. Il palazzo Barattieri è invece di origine medievale, ma venne ricostruito in età rinascimentale e decorato tra Sei e Settecento.

    La strada si allarga in corrispondenza dell’ingresso all’Ospedale civile, il cui primo nucleo, lo «Spedal grande», fu insediato nel 1471 accanto al monastero olivetano del S. Sepolcro annesso alla omonima chiesa.

  • Ex monastero del S. Sepolcro Piacenza (PC)

    Ex monastero olivetano del S. Sepolcro (XV e XVI secolo) prima annesso alla omonima chiesa e poi, dopo la soppressione napoleonica, all’Ospedale civile.

    Si articola intorno a tre chiostri, uno dei quali interamente porticato (si notino le cornici in cotto lungo gli archi e i marcapiano); al piano superiore, dal lungo corridoio, chiuso da grandi bifore, si accede alla libreria, disposta su tre piccole navate con colonne e volte a crociera.

  • Chiesa del S. Sepolcro Piacenza (PC)

    Fondata nell’XI secolo con l’annesso monastero olivetano, ma completamente ricostruita nel 1513-20 sotto la direzione di Alessio Tramello.

    Conclusa da un profilo a doppio spiovente e scandita da quattro contrafforti, la facciata evoca, nella sua nudità, un carattere da fabbrica incompiuta che contrasta con il portale barocco (XVII secolo).

    Dal 2017 la chiesa è officiata secondo il rito ortodosso. Il vasto interno a tre navate è intervallato da grandi pilastri quadrati e dilatato, al centro, da quattro arconi; un fregio a chiaroscuro lungo le pareti sottolinea la continuità dello spazio. Nella controfacciata, La Madonna appare ai Ss. Bernardo e Benedetto di Giambettino Cignaroli.

  • Basilica di Santa Maria di Campagna Piacenza (PC)

    Equilibrata composizione di masse laterizie d’impronta bramantesca. La basilica fu costruita sul luogo di un antichissimo sacello da Alessio Tramello (1522-28), che la articolò in quattro corpi disposti a croce greca intorno a un possente tiburio ottagonale, al quale una lanterna conferisce slancio volumetrico; quattro cappelle agli angoli raccordano l’impianto, la cui tipologia centrale venne alterata (1791) dall’allungamento del capocroce.

    L’armonioso interno ruota intorno ai quattro pilastroni centrali (sulla sinistra, davanti all’altare, Ranuccio I, statua in scagliola di Francesco Mochi, 1616), che reggono la cupola e sostengono le volte a botte dei quattro bracci.

    Belle tele, in maggior parte seicentesche, con soggetti biblici, sono collocate nel fregio che corre tutt’attorno alla chiesa.
    Da destra, tra le altre: l’arcangelo Raffaele che scaccia il demonio attribuita a Daniele Crespi (1626); Ruth nel campo dei mietitori di Alessandro Tiarini (1627); l’angelo appare alla moglie di Manue della bottega di Guercino (1636-38); a sinistra, Debora e Barac di Daniele Crespi (1623-26).
    Braccio d’ingresso: a destra, S. Giorgio che uccide il drago, deperito affresco strappato del Soiaro (1543); a sinistra, S. Agostino, affresco staccato del Pordenone (ante 1536).
    1a cappella d’angolo (vi si conservano le reliquie di S. Vittoria): grande tela di Paolo Bozzini; sulla volta, decorazioni a stucco e dipinti di Ferrante Moreschi; nei medaglioni della volta, storie di S. Vittoria e profeti, attribuite a Giulio Mazzoni. Braccio destro: all’altare, Crocifissione, gruppo ligneo scolpito e policromato, opera di Jan Geernaert (1757); sulla parete sinistra, Annunciazione di Ignaz Stern (1724).
    2a cappella d’angolo: Il perdono di Assisi di Camillo Procaccini (1610 circa).

    La decorazione a fresco della cupola, iniziata nel 1530, venne affidata al Pordenone, che dipinse, nel lanternino, Dio Padre, con ardito scorcio illusionistico, negli spicchi della calotta profeti, nel fregio scene mitologiche, inframmezzate da medaglie monocrome con exempla, tratti da Fabio Massimo.

    Gli 8 riquadri del tamburo con storie della Vergine e i pennacchi (Evangelisti) vennero eseguiti da Bernardino Gatti detto il Soiaro e da aiuti nel 1543.

    Gli affreschi possono essere osservati virtualmente in dettaglio attraverso un monitor touch-screen. Presbiterio: col prolungamento operato nel 1791 andarono distrutti gli affreschi dei Campi che ornavano l’abside (se ne conservano tre lacerti al Museo Gazzola).

    Altare neoclassico di marmi policromi (Giuseppe Maria Buzzi, 1794); nell’edicola, Madonna col Bambino, statua lignea policromata, forse della metà del ’300 (l’immagine è oggetto di grande venerazione); nella parete a sinistra, una Madonna a fresco di Antonio Campi, salvata dalla demolizione della primitiva abside e qui trasportata nel 1890. Dietro l’altare si svolge un bel coro ligneo, intagliato da Giulio Rossi (1560-65).

    Sulla parete di fondo, al centro del coro, è una tela con S. Caterina di Giulio Cesare Procaccini, e negli angoli della lunetta soprastante, Gabriele e l’Annunziata di Camillo Boccaccino (1530). Sopra la porta laterale sinistra, Sansone e Dalila di Ludovico Pesci (1648), sopra quella opposta, Sisara e Giaele di Benedetto Marini (1626).

    Nella 3a cappella d’angolo (di S. Caterina), eccettuati i peducci degli archi, opera di Benedetto Marini, tutti i dipinti a fresco sono del Pordenone, come pure la tela dell’altare, raffigurante lo Sposalizio mistico di S. Caterina; sulla parete sinistra, Disputa di S. Caterina coi filosofi (1530-32); nelle lunette soprastanti, Martirio e Decapitazione di S. Caterina. Braccio sinistro: ai lati dell’altare, S. Sebastiano e S. Rocco di Camillo Procaccini, e, al di sopra, 4 quadretti dello stesso raffiguranti episodi della vita di S. Francesco.

    4a cappella d’angolo (detta dei Magi). Gli affreschi che la ricoprono sono sempre opera del Pordenone: all’altare, Adorazione dei Magi; sulla parete sinistra, Natività della Vergine; nelle lunette soprastanti, Pastori al Presepio e Fuga in Egitto. Ai piedi dell’altare, bella pietra tombale del beato Marco da Bologna (1479).

  • Chiesa di S. Bartolomeo Piacenza (PC)

    Ex chiesa omonima che manifesta l’ispirazione borrominiana, sia nella facciata, dall’avancorpo convesso e dal frontone arrotondato, sia all’interno, dalla bella cupola con oculi ovali.

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
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