Bologna fuori dalle mura. I quartieri occidentali

In collaborazione con Touring Club

L’espansione novecentesca della città al di fuori delle mura del XIV secolo mostra espressioni corrispondenti a successive fasi di sviluppo dovute a vasti fenomeni di accrescimento demografico, soprattutto per effetto dell’immigrazione dalla provincia, tra 1920 e ’40, e di quella massiccia e di provenienza diversa, tra 1945 e ’60.

L’immagine della città e la sua organizzazione interna sono state fortemente segnate da queste trasformazioni fisiche e sociali. Nelle immediate vicinanze dei viali di circonvallazione è riconoscibile l’impronta della maglia ortogonale realizzata per effetto del piano regolatore e di ampliamento del 1889.

Al di là di essa, l’urbanizzazione ha seguito regole approssimative, articolandosi dapprima, tra la prima e la seconda guerra mondiale, lungo la Via Emilia, le due direttrici stradali pedecollinari (via Saragozza e via Toscana) e l’asse più settentrionale (via Corticella, via Ferrarese), per poi diffondersi a macchia d’olio, almeno sino alla fine degli anni ’60 del Novecento, come diretta conseguenza di un’attività edilizia indiscriminata e per lo più carente di servizi, che ribadiva il tradizionale carattere monocentrico della città attratta dal suo nucleo storico.

L’espressione architettonica di questo sviluppo è stata altrettanto infelice, priva di qualità ed estranea alla figuratività che invece contraddistingue tanta parte del centro storico.

All’interno di un simile tessuto resistono tuttavia significative presenze architettoniche del passato, ed emergono interventi più recenti (dalla metà degli anni ’60 in avanti), frutto di una cultura e di una pianificazione del territorio ben consapevoli del proprio ruolo collettivo, che si segnalano proprio per la dichiarata volontà di ridare forma e vitalità sociale a un ambiente periferico altrimenti compromesso.

L’itinerario conduce, in primo luogo, lungo il percorso porticato dalla porta Saragozza, al santuario della Madonna di S. Luca, opera di notevole importanza simbolica e urbanistica, che rappresenta il collegamento – fisico e ideale – tra la città intra-muraria e il più significativo dei luoghi di culto esterni alle fortificazioni cittadine.

Si consiglia di spingersi fino alla sommità del colle della Guardia dove è ubicato il santuario (raggiungibile anche con mezzi pubblici), lasciando a un successivo itinerario il compito di perlustrare più in profondità la collina. Non meno densa di interesse è la seconda tappa dell’itinerario: la Certosa, oggi Cimitero comunale, ubicato in corrispondenza di una delle maggiori necropoli della Fèlsina etrusca.

Nell’intraprendere il cammino si consideri che i percorsi consigliati assommano complessivamente a 6.1 km, e che pertanto l’uso dell’automobile o di mezzi pubblici appare indispensabile a coprire il tracciato ininterrottamente.


  • Lunghezza
    6,1 km
  • Bologna Bologna (BO)

    Capoluogo della regione Emilia-Romagna e centro generatore di un’area metropolitana, Bologna (m 54) è una delle città più animate d’Italia grazie sia al carattere dei suoi abitanti, sia all’incredibile numero di giovani che frequentano la sua Università.

    Il suo assetto antico, ottimamente conservato, permette un’agevole lettura delle fasi della sua storia. L’ellisse dei viali di circonvallazione interna perpetua il disegno delle mura trecentesche, al di là delle quali si allargano i quartieri sviluppatisi dalla fine del sec. XIX.

    Entro le mura l’impianto urbanistico radiocentrico resta prettamente medievale, ma il volto urbano è in più larga parte sei-settecentesco, con rilevanti inserzioni dello scorso secolo; fuori delle mura si ripropongono – con qualche significativa attenuazione – i paesaggi e i problemi delle grandi concentrazioni urbane italiane.

    Bologna è la maggiore fra le città che non furono capitali di stati preunitari e, nonostante la precocissima solida vocazione universitaria, per secoli viaggiatori ed eruditi la collocarono nella gerarchia urbana italiana in posizioni contraddittorie.

    Ma la città ha guadagnato posizioni dopo l’unità nazionale, via via che le infrastrutture di comunicazione (ferroviarie prima, autostradali poi) la qualificavano come nodo essenziale fra Nord e Italia peninsulare.

    Oggi l’importanza di Bologna – valutata su parametri economici, culturali, direzionali – è maggiore di quanto non indichi il suo peso demografico (394.463 abitanti secondo la stima Istat nel 2021; erano 490.528 nel 1971).

    Bologna nel 2006 è stata dichiarata dall’Unesco «Città creativa della musica» – prima in Italia e seconda in Europa dopo Siviglia – per la tradizione musicale in continua evoluzione e l’impegno a promuovere la musica come mezzo di sviluppo economico e di inclusione sociale e culturale.

    Inoltre a luglio 2021, dei 62 km totali di portici bolognesi (fra centro e periferia), 12 tratti sono stati iscritti nel sito seriale del Patrimonio mondiale dell’Umanità, in quanto sono «espressione ed elemento dell’identità urbana» della città: via S. Caterina, piazza S. Stefano, il monumentale complesso del Baraccano, la nobile via Galliera, il portico del Pavaglione e piazza Maggiore, via Zamboni, il portico della Certosa, il portico di S. Luca che sale in collina, piazza Cavour e via Farini con i soffitti decorati, i portici di Strada Maggiore, quelli del Mambo (Museo di Arte Moderna di Bologna), nel quartiere Barca, i portici dell’edificio chiamato il Treno.

  • Facoltà di Ingegneria Bologna (BO)

    A sud dell’arco Bonaccorsi, sopra il parco pubblico di villa Cassarini, area di uno dei principali insediamenti della Bologna etrusca, si staglia l’imponente torre-biblioteca del monumentale e funzionale complesso della facoltà di Ingegneria, realizzato tra il 1931 e il 1935 su progetto di Giuseppe Vaccaro e ampliato nel 1977, uno degli esempi più interessanti del razionalismo italiano.

  • Via Saragozza (fuori porta) Bologna (BO)

    Prendendo le mosse dalla porta Saragozza, ci si volge verso il tratto esterno della via omonima, al cui imbocco una monumentale tribuna (arco Bonaccorsi) disegnata da Giovan Giacomo Monti (1675) invita al percorso che, lungo una teoria di 666 archi di portico (corrispondenti a 3.796 m; sono fra i tratti porticati protetti dall’Unesco), conduce al santuario della Madonna di S. Luca.

    Il tratto di pianura (316 archi dalla tribuna all’arco del Meloncello, costruiti tra 1674 e 1721) è ormai inglobato dall’edilizia residenziale che lo sovrasta, pur non interrompendone la primitiva continuità di impianto.

    A sud dell’arco Bonaccorsi, sopra il parco pubblico di villa Cassarini, si staglia l’imponente torre-biblioteca del complesso della facoltà di Ingegneria. All’altezza di via Turati si distingue l’arco 132 dove il 26 agosto 1676 venne posata la prima pietra del portico.

    All’interno dell’arco 170, al N. 175 rimane una statua settecentesca detta della Madonna grassa (Andrea Ferrari), a testimoniare come ogni anno il portico venisse finanziato da una famiglia patrizia, confraternita o Arte, che contrassegnava la sponsorizzazione con statue e dipinti ormai quasi totalmente perduti.

    A sinistra all’edificazione serrata si alternano alcuni episodi di villa: presso l’innesto della via Battaglia, la villa Benni (1928); presso quello della via di Casaglia, la neoclassica villa Spada, in cui è sistemato il Museo del Tessuto e della Tappezzeria «Vittorio Zironi».

    Al N. 228-230 di via Saragozza, al centro di un vasto parco, si trova la settecentesca villa delle Rose, oggi uno degli spazi esterni del MAMbo. Poco più avanti il tracciato pedecollinare viene scavalcato con scenografica acrobazia barocca dall’arco del Meloncello, avvio della parte più ripida del portico. Al termine dell’ultima rampa, km 3.6, sulla sommità del colle della Guardia m 289, è il santuario della Madonna di S. Luca.

  • Quartiere Sironi Bologna (BO)

    Via Audinot conduce al quartiere residenziale realizzato nei primi anni del Novecento dall’architetto e imprenditore milanese Paolo Sironi, che conserva gli unici esempi di villini liberty in città. Al N. 9 sorge il villino Sironi (1907).

  • Chiesa di S. Giuseppe Bologna (BO)

    Integralmente ricostruita da Filippo Antolini (1841) per i Cappuccini, in un sito occupato fin dal XIII secolo dai Benedettini. L’interno, a navata unica, presenta un interessante e omogeneo insieme di decorazione ottocentesca.

    Le pale delle cappelle sono di Alessandro Guardassoni, Antonio Muzzi, Carlo Ernesto Liverati, Paul Melchior Deschwanden e Adeodato Malatesta, autore anche dello Sposalizio della Vergine (1844) dell’altare maggiore; la Crocifissione nel coro è di Prospero Fontana (1580).

    Le 22 statue in stucco collocate nelle nicchie delle paraste sono di Giovanni Putti, Massimiliano Putti, Carlo Berozzi, Bernardo Bernardi, Vincenzo Testoni.

    Nell’atrio della chiesa, a destra, bel Compianto su Cristo morto di Angelo Piò. Nel convento è stato sistemato il Museo provinciale dei Minori Cappuccini.

  • Museo provinciale dei Minori Cappuccini Bologna (BO)

    Sistemato nel convento di S. Giuseppe, raccoglie dipinti di Marco Zoppo (Crocifisso del 1461), Innocenzo da Imola, Bartolomeo Passarotti, Lavinia Fontana, Bartolomeo Cesi, Simone Cantarini, Pietro Faccini, Marcantonio Franceschini, Gaetano Gandolfi, Giuseppe Maria e Luigi Crespi, Jacopo Alessandro Calvi, e altri.

  • Museo del Tessuto e della Tappezzeria «Vittorio Zironi» Bologna (BO)

    Nella settecentesca villa Spada è sistemato il Museo del Tessuto e della Tappezzeria «Vittorio Zironi», nel quale sono raccolti, conservati e catalogati gli oltre 8.000 reperti della collezione, già allestita in palazzo Salina Brazzetti dal maestro tappezziere fondatore a cui è intitolato il museo, che è divenuto di proprietà comunale nel 2016 tramite donazione.

    La raccolta, unica nel suo genere, comprende un vasto repertorio di tessuti e merletti, di strumenti dell’arte della tappezzeria e di abbigliamento storico civile e religioso.

    Si segnalano i frammenti tessili copti egiziani dei secoli V-X, i tessuti mediorientali e orientali dal secolo XVII alla fine del XIX, con vari esemplari turchi, persiani, indiani e cinesi, più una elegante collezione di kaftan; preziose stoffe veneziane dei secoli XVII e XVIII; broccati e damaschi dal tipico rosso bolognese dal ’600 alle soglie del ’900; poi sete, velluti a giardino genovesi, tele a piccolo punto e a punto fiamma di varie epoche e inoltre una preziosa raccolta di tessuti dell’epoca del revival, tra cui quelli della ditta Vittorio Ferrari di Milano (secoli XIX-XX).

    Particolarmente ricca è la raccolta di passamanerie comprendente fiocchi, frange, nastri e galloni, alcuni dei quali risalenti ai secoli XVII-XVIII. La raccolta di merletti annovera innanzitutto molti esemplari di Aemilia Ars di Bologna e di Ranieri di Sorbello di Perugia, mentre la collezione di vesti e corredi liturgici composta da piviali, pianete, dalmatiche, stole e manipoli comprende esemplari che risalgono ai secoli XVII-XIX e include gli antichi paramenti della chiesa di S. Michele in Bosco di Bologna.

    La collezione che riguarda il costume e la documentazione sartoriale comprende indumenti e accessori che vanno dalla fine del Settecento alla seconda metà del Novecento. Di notevole interesse sono i grandi telai per la tessitura manuale, alcuni con l’applicazione del sistema Jacquard a schede perforate.

    Vi sono poi telai manuali più piccoli per la fabbricazione delle passamanerie, uno dei quali conserva parti molto antiche. Il museo comprende anche un laboratorio di restauro dei tessili e una biblioteca specializzata.

  • Villa delle Rose Bologna (BO)

    Settecentesca dimora patrizia di villeggiatura, ornata da un elegante loggiato e circondata da un parco che si estende sulle prime pendici del colle della Guardia; venne donata al Comune di Bologna nel 1916 e fu prima sede della Galleria d’Arte Moderna; oggi è uno degli spazi esterni del MAMbo, dedicato a ospitare mostre temporanee e site-specific.

  • Arco del Meloncello Bologna (BO)

    Scenografico arco barocco (compiuto nel 1732 su disegno di Carlo Francesco Dotti), da cui prende avvio la parte più ripida del percorso pedonale (concluso nel 1715, su disegno di Giovanni Antonio Conti), e di quello stradale del portico di S. Luca.

    Questo tratto del portico è intervallato da quindici cappellette con raffigurazioni dipinte (una sola ha sculture) dei Misteri del Rosario.

  • Santuario della Madonna di S. Luca Bologna (BO)

    Sulla sommità del colle della Guardia m 289, è il santuario della Madonna di S. Luca, il più importante nella storia religiosa e civile della città. L’edificio conserva il sito di una costruzione precedente, nata come romitorio femminile ad opera di Angelica Bonfantini nel 1194.

    La chiesa attuale è opera di Carlo Francesco Dotti (1723-57) e venne consacrata nel 1765. Sorge su di un basamento sottolineato da paraste, su cui si eleva il nucleo centrale avvolto da un porticato, al di sopra del quale emerge il profilo ellittico della cupola con lanterna e il suo coronamento (visitabile).

    Due scale elicoidali e due sinuose tribune (compiute nel 1774 da Giovanni Giacomo Dotti su progetto del padre) raccordano il piano del piazzale al corpo centrale, il cui perimetro esterno è un’ellisse perfetta (38 m di asse maggiore), con presbiterio a catino, sporgente. Ai lati del portale d’ingresso, statue di S. Luca e di S. Marco di Bernardino Cametti (1716).

    All’interno il gioco dei pieni e dei vuoti suggerisce l’impressione di un impianto a croce greca, con cupola (affrescata da Giuseppe Cassioli nel 1932) e sei cappelle laterali inscritte nel perimetro.

    La decorazione plastica è affidata a statue di Angelo Piò e a stucchi di Antonio Borelli e Giovanni Calegari. Al 2° altare destro, Incoronazione della Vergine di Donato Creti (1745-46); al 3°, Madonna col Bambino, S. Domenico e i Misteri del Rosario di Guido Reni (1597-98). Nella volta della cappella maggiore, Assunzione della Vergine di Vittorio Bigari (1756-64), autore anche della Gloria di Maria (1750-58) del catino absidale.

    Dietro al fastoso altare di Angelo Venturoli (1815) è conservata l’icona della Madonna col Bambino che la tradizione attribuiva alla mano dell’evangelista Luca, in realtà opera bizantina del XII secolo. La preziosa immagine, che determinò l’origine del santuario, è protetta da una lastra d’argento cesellata a sbalzo dall’orafo fiammingo Jan Jacobs (1625). Al 2° altare sinistro, Vergine con i santi protettori della città di Donato Creti (1745-46).

    Nella sagrestia di sinistra, due grandi tele di Giovanni Domenico Piestrini (Storie dell’immagine di S. Luca, 1714), Cristo appare alla Madonna del Guercino, e Madonna e santi, predella d’altare attribuita a Orazio di Jacopo. Ogni anno, in primavera, l’icona bizantina della Madonna lascia per una settimana il colle della Guardia (abitualmente in processione) e viene esposta nella cattedrale di S. Pietro nella cerimonia detta «discesa della Madonna di S. Luca».

    Nei pressi del piazzale antistante al santuario vi è ciò che resta dell’edificio della stazione di arrivo della funivia a pilone unico e due cabine che dal 1931 al 1976 collegava la città al colle.

  • Stadio comunale Renato Dall’Ara Bologna (BO)

    A ridosso del portico di S. Luca, a metà circa della via de Coubertin, si eleva la torre di Maratona (Giulio Arata, 1928), segnale monumentale a indicare la posizione dello Stadio comunale «Renato Dall’Ara».

    Lo Stadio comunale (l’ex Littoriale di Umberto Costanzini, 1925-29), all’epoca impianto sportivo all’avanguardia, spiccava per le dimensioni (ha una capienza di circa 50.000 spettatori), per l’uso del calcestruzzo e per l’innovativa idea di farne il cuore di una cittadella polisportiva (con piscine, palestre e campi da tennis).

    Nel 1983 fu intitolato alla memoria di Renato Dall’Ara (presidente del Bologna Football Club) e, in occasione dei Mondiali di Italia ’90 venne ampliato e modernizzato.

  • Cimitero monumentale della Certosa Bologna (BO)

    Il Cimitero venne istituito nel 1801 nei chiostri del monastero della Certosa, fondata nel 1334 sul terreno donato dal giureconsulto Giovanni d’Andrea, e da allora fu oggetto di sistematici ampliamenti rispetto al nucleo originario.

    Nel 1869, nel corso di lavori di scavo, venne scoperto il nucleo centrale della più vasta necropoli di Fèlsina (421 tombe; materiali presso il Museo civico Archeologico), portata alla luce alla fine del secolo da Antonio Zannoni.

    Per tutto il corso dell’Ottocento e parte del Novecento i maggiori architetti e artisti locali si impegnarono nella costruzione di nuovi recinti, gallerie etc. che hanno ridefinito i percorsi interni.

    Si entra dall’ingresso settentrionale che immette nel campo rettangolare (ampliato nel 1786), cinto su tre lati da portici. Lungo il lato orientale è l’ingresso alla chiesa di S. Girolamo. A ovest del campo rettangolare si stende l’espansione più recente dei campi da inumazione. Sempre dal lato ovest si possono raggiungere l’ara crematoria e il campo degli Israeliti.

    La visita prosegue accedendo, tramite il passaggio alla destra di S. Girolamo, al cinquecentesco chiostro d’ingresso o I, cinto da portici. Si attraversa quindi la sala della pietà, in origine refettorio dei Certosini (nel mezzo una scala discende al sotterraneo), che comunica con il quattrocentesco chiostro II (dell’Ossario o delle Madonne), fasciato da un portico ad archi ribassati su pilastri ottagonali.

    Attraverso un corridoio (affreschi con figure di Certosini nelle lunette e storie di santi certosini nelle pareti, opera di Marco da Venezia, 1638), si passa nel chiostro della cappella o III, che risale ai primi anni del XVI secolo, con elegante portico su colonnine dai capitelli variati; tutt’intorno anticamente erano disposte le celle dei Certosini; sopra il lato di levante (tomba di Clotilde Tambroni, 1768-1817), spuntano i resti delle coperture di quattro celle; nel lato nord, tombe Magenta, di G.B. Lombardi (1863), Caprara, di Giacomo De Maria, e Minghetti, di Augusto Rivalta.

    Dall’angolo di sud-est si entra nella sala ellittica, con monumenti neoclassici, da dove a sinistra si percorrono il recinto delle monache e il recinto dei Cappuccini, serie di ambienti un tempo destinati a dimore dei monaci, affiancati da un portichetto a colonnine che ha conservato l’impronta monastica.

    Al termine si esce nel chiostro maggiore, disegnato da Luigi Marchesini all’inizio del XIX secolo, diviso in tre campi dalla costruzione di due doppi portici. Dall’angolo sud-ovest ci si reimmette nel campo rettangolare di partenza; immediatamente sulla sinistra è il chiostro X (1931), che consente una bella veduta dei campanili, di cui il più piccolo è del 1588, e il più grande, su disegno di Tommaso Martelli, fu costruito tra 1606 e 1611; comunicante è la ellittica sala di S. Paolo.

    Dal fondo del campo rettangolare si accede al chiostro IV, detto anche «del 1500» dall’epoca in cui fu costruito, alla cui sinistra si articola una sequenza di sale, loggiati e gallerie che costituirono l’organico ampliamento di stampo neoclassico operato nella prima metà del XIX secolo.

    Per prima si attraversa la sala delle tombe (Angelo Venturoli), seguita dall’omonimo loggiato (Luigi Marchesini, Coriolano Monti) che comunica con la sala Gemina. Questa, a sua volta, disimpegna la sala delle catacombe e la Galleria a tre navate, a pianta cruciforme con belle fughe di colonnati, su disegno di Coriolano Monti. Dalla crociera, sottolineata da una cupola emisferica, a sinistra si esce nel quadrato chiostro VII, disegnato da Antonio Zannoni. All’estremità nord è la Galleria degli angeli, disegnata dallo stesso Zannoni che qui è sepolto, da dove si passa nel grandioso colombario, di Luigi Marchesini, lungo 200 m, con due ampie testate e altrettanti emicicli al centro. In una cella, notevole il busto di Antonio Silvani di Pietro Tenerani.

    In corrispondenza degli emicicli, Pallade e il genio della gloria, grandioso gruppo di Lorenzo Bartolini; nel fondo, statua di Gioacchino Murat di Vincenzo Vela (1865; davanti, il bel ritratto di Letizia). Percorso longitudinalmente il colombario, si riattraversa la galleria a tre navate, uscendone verso sinistra in direzione del campo degli Ospedali e del monumento ossario ai Partigiani di Piero Bottoni (1954-59).

    Costeggiando verso sinistra il muro di cinta si giunge al campo Carducci (grande sarcofago di Giosuè Carducci in granito egiziano) e di qui al chiostro VI (Filippo Buriani), cinto sui quattro lati da colonne marmoree architravate; all’interno, due sepolcreti: sullo sfondo quello ai martiri della rivoluzione fascista, di Giulio Arata (1932); nella parte anteriore, i due ossari sotterranei dei caduti della guerra del 1915-18, con statue di Ercole Drei. A destra si passa nel chiostro IX, costruito in occasione degli ampliamenti del 1923, al quale sono annessi una galleria e il recinto dei sarcofagi.

  • Chiesa di S. Girolamo Bologna (BO)

    All'interno del cimitero monumentale della Certosa si trova la chiesa di S. Girolamo (1334 c.), il cui interno presenta una pianta a T rovesciata; il braccio longitudinale è del IV secolo, quello trasversale è un’addizione cinquecentesca.

    Nella 1a cappella destra, sull’altare, Visione di S. Bruno di Bartolomeo Cesi; ai lati, Giudizio finale di Domenico Maria Canuti (1657) e Ascensione di Giovanni Maria Bibiena. Sulle pareti laterali della chiesa, a sinistra, Entrata in Gerusalemme di Lorenzo Pasinelli (1657) e Cacciata dei mercanti dal tempio di Giovanni Francesco Gessi (1645); sotto quest’ultimo, Cristo portacroce di Ludovico Carracci; a destra, Cristo appare alla Madonna del Pasinelli e Pesca miracolosa di S. Pietro del Gessi.

    La cappella maggiore è stata decorata da Bartolomeo Cesi (1595-1600 c.) con tre grandi tele (Orazione nell’orto, Crocifissione e Compianto su Cristo morto) e con finte nicchie ad affresco che contengono santi e beati certosini.

    Gli stalli del coro hanno pregevoli tarsie di fra’ Biagio de’ Marchi (1539), restaurate e in parte rifatte da G.B. Natali e Antonio Levanti (1611). Nella 1a cappella sinistra, sull’altare, Comunione di S. Girolamo di Clemente Alberi, copia ottocentesca dell’opera di Agostino Carracci, ora nella Pinacoteca nazionale; ai lati, Cena in casa di Simone di Giovanni Andrea Sirani (1652) e Battesimo di Cristo di Elisabetta Sirani (1658).

  • Via Andrea Costa Bologna (BO)

    Oltre allo Stadio comunale, qui si trova l’ex villaggio della Rivoluzione fascista (Francesco Santini, 1936-38), uno dei più significativi, seppur alterati, interventi tardo-razionalisti compiuti a Bologna, composto da fabbricati a quattro piani e villette bifamiliari.

    Nella stessa via si incontra la chiesa di S. Paolo di Ravone (Giuseppe Ceri, 1899-1904), fino alla quale si stendeva il grande sepolcreto etrusco della Certosa.

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
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