Le «terre nuove» del Delta del Po

In collaborazione con Touring Club

Itinerario circolare, che punta verso le estreme terre orientali emiliano-padane: il castello della Mesola e il Boscone delle cacce estensi, le opere idrauliche per la regolazione delle acque e l’incerta topografia di valli e paludi, l’insigne abbazia di Pomposa e i relitti di antiche linee di costa e di paleoalvei del Po sono luoghi che compongono un insieme ambientale complesso e di grande fascino

La porzione centrale dell’itinerario propone una lunga escursione nell’area del Delta emiliano. I tratti iniziale e conclusivo attraversano le «terre nuove» della ex Grande Bonificazione ferrarese (tra il Po, il Po di Goro e il Volano), prosciugate col metodo ‘a gravità’ dagli Estensi tra il XV e il XVI secolo, e a partire dal 1872 con mezzi meccanici. 

Oggi questo territorio, insieme alle «terre vecchie» occidentali e al Mesolano rientra nel Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, e gran parte della sua superficie è sotto il livello del mare. Oltre che tributario dell’opera di bonifica ‘moderna’, questo settore della campagna ferrarese si avvalse, a partire dagli anni ’30 del Novecento, di un ampio programma di ristrutturazione, concretizzatosi nello sviluppo pianificato dei centri agricoli di Tresigallo, Jolanda di Savoia, Corte Centrale, Volania, e nell’apertura di strade rettilinee al posto di quelle sinuose affiancanti i vecchi rami deltizi del Po.

  • Lunghezza
    118,1 km
  • Copparo Copparo (FE)

    A m 5, ab. 15.871. La bella piazza della Libertà è situata davanti ai resti di una ‘delizia’ estense, il palazzo del Municipio. Poco discosta a destra del municipio, la chiesa di S. Pietro ha origini anteriori al secolo XI, ma si mostra nell’aspetto conferitole dai restauri del dopoguerra; all’interno, due tele (malamente ritoccate) dello Scarsellino. Sulla sinistra della strada per Ro, sussiste l’ex chiesa di S. Venanzio, risalente al 1344, con all’interno affreschi coevi. In via Goito ha sede il Museo delle tradizioni e della cultura materiale «La Tratta», mentre in via Roma si trova la Galleria civica d’Arte contemporanea «Alda Costa». All’estremità dell’abitato si trova la villa Bighi, abitazione e museo dell’eclettico artista Dante Bighi.

  • Palazzo del Municipio Copparo (FE)

    ‘Delizia’ estense, la cui prima edificazione si deve a Ercole II e al progetto di Terzo de’ Terzi (1540-47), con l’intervento del Garofalo e di Girolamo da Carpi per gli affreschi; dopo un incendio (1808), l’edificio venne rifatto nel 1875 come palazzo del Municipio: delle tre torri preesistenti ne resta una sola che diventa la sede della collezione di opere del secondo Novecento, donata nel 1989 dall’artista Dante Bighi.

  • Galleria civica d'Arte contemporanea-ex Carceri «Alda Costa» Copparo (FE)

    Dislocata nell’edificio delle ex carceri, la Galleria è nata dalla donazione del gallerista copparese Renzo Melotti; una sezione è dedicata a Ferrara e al Delta, con opere di Treccani, Brindisi, Zavattini e molti altri.

  • Villa Bighi Copparo (FE)

    All’estremità dell’abitato di Copparo si trova la villa Bighi, abitazione e museo dell’eclettico artista Dante Bighi, donata al Comune con gli arredi e le collezioni d’arte e di oggetti raccolti in tutto il mondo; lo stesso edificio disegnato dal proprietario è un interessante esempio di architettura moderna.

  • La Tratta Museo delle Tradizioni e della Cultura materiale del Copparese Copparo (FE)

    In una casa colonica in via Goito ha sede il Museo delle tradizioni e della cultura materiale «La Tratta», con nuovo percorso espositivo dal 2020.

  • Zenzalino Copparo (FE)

    Grande tenuta a m 3, luogo anticamente occupato da boscaglie e stagni e fin dal secolo XII famoso per le cacce; vi sorge, al centro di un agglomerato rurale visibile dalla strada, un castello di origine quattrocentesca, già dotato di affreschi di Girolamo da Carpi e Camillo Ricci, restaurato a fine ’800 e ora sede di villa Pavanelli (privata).

  • Jolanda di Savoia Jolanda di Savoia (FE)

    L'ex Grande Bonificazione ferrarese ebbe con Jolanda di Savoia, m 0,9, ab. 2.742, un immediato effetto insediativo, poiché dall’ultimo quarto del secolo XIX qui stabilì la propria dimora una moltitudine di braccianti destinati alle opere di bonifica; nel 1924 entrò in funzione uno zuccherificio, e grosse aziende rurali e zootecniche si impiantarono negli insediamenti agricoli caratteristici della zona, le corti autosufficienti all’uso della vicina Lombardia.

  • Dune fossili di Massenzatica Mesola (FE)

    La Riserva naturale orientata Dune fossili di Massenzàtica tutela un cordone di dune corrispondente alla linea di costa intorno ai secoli VIII-VI a. Cristo.

  • Castello Mesola (FE)

    Il vasto complesso – che pare costituisse il primo nucleo di un’erigenda nuova città, con funzioni strategiche ed economiche – venne costruito tra il 1579 e il 1583 come residenza estiva e di caccia per Alfonso II, sotto la direzione di G.B. Aleotti, utilizzando un disegno di Marco Antonio Pase; ha forma di fortezza con quattro torri disposte a raggiera sul quadrato di base ed è racchiuso da un sistema di bassi edifici in parte porticati, originariamente destinati ad alloggiare caserme, cantine, scuderie. Il castello è sede del Museo del Cervo e del Bosco della Mesola che traccia l’evoluzione del cervo italico, unico ceppo autoctono della penisola, tuttora presente solo nel Gran Bosco; una sala espone una raccolta di copie di fogli dell’erbario di Filippo De Pisis, il pittore ferrarese che all’inizio del ’900 raccolse piante del Bosco della Mesola. Il castello è anche Centro di educazione ambientale con laboratorio naturalistico. Nella seconda metà del Settecento venne innalzata la chiesa della Natività di Maria Santissima, che nell’aula barocca custodisce un Ecce Homo in terracotta di scuola bolognese del secolo XVII.

  • Torre dell’Abate Mesola (FE)

    Presso il modesto abitato di bonifica di Santa Giustina è possibile vedere l’interessante torre dell’Abate, chiavica emissaria a «porte vinciane» della seconda metà del XVI secolo, posta quasi al termine del Canal Bianco.

  • Goro Goro (FE)

    A m 1, ab. 3.640. Del nucleo più antico, cresciuto sull’argine del Po di Goro nella prima metà del secolo XVIII, poco rimane; prevalente è l’esercizio della pesca, e a questa attività è pure legata la pittoresca processione delle barche pavesate, che dal porto delle Chiaviche raggiunge il pilone di S. Antonio, isolato nella sacca di Goro.

  • Gorino Goro (FE)

    A m 2, estremo insediamento di terra ferrarese protesa in mare verso est, formato da una fila di modeste case in muratura che all’inizio del Novecento hanno sostituito le antiche capanne palustri dei pescatori. Da Gorino è interessante dare uno sguardo alla sacca di Goro, bella laguna costiera di pescose acque basse salmastre, di notevole interesse ornitologico.

  • Riserva naturale delle Dune e delle Isole Mezzanino della Sacca di Goro Goro (FE)

    La sponda ferrarese del Po di Goro si sfrangia in un arcipelago di isolotti che formano la Riserva naturale delle Dune e delle Isole Mezzanino della Sacca di Goro.

  • Riserva Naturale del Gran Bosco della Mesola Mesola (FE)

    Dalla frazione Bosco Mésola si accede al Gran Bosco della Mésola o Boscone, residuo (1058 ettari) della secolare tenuta di caccia estense, costituita in riserva naturale; l’area è visitabile, a piedi o in bicicletta, solo in parte. Si presenta come una grande macchia che dalla sponda destra del Po di Goro, per una lunghezza di circa 16 km si spinge a sud-ovest fino al mare; il suo interesse naturalistico è elevatissimo, costituendo un biotopo forestale unico per ampiezza e stato di naturalità lungo tutta la fascia costiera da Ravenna a Venezia. Offrendo angoli paesistici incantevoli, comprende ambienti silvestri e palustri interdipendenti, che si conservano in perfetto equilibrio. Sui complessi dunosi più recenti vegeta un bosco di leccio (orno-lecceto); su quelli più antichi, un bosco mesofilo con farnia; sui suoli umidi delle depressioni interdunali, un bosco igrofilo con frassino meridionale. Si ritiene che la sua formazione risalga a una fase climatica più calda dell’attuale, intorno al Mille, che favorì l’insediamento costiero nell’alto Adriatico di alcune specie forestali di clima mediterraneo umido.

  • Riserva naturale Po di Volano Codigoro (FE)

    L’area della foce del Volano (221 ettari) forma un biotopo, protetto come Riserva naturale Po di Volano, in cui sono compresi diversi ambienti: paludi alternate a dossi arenosi paralleli alla spiaggia, la porzione settentrionale della pineta di Volano, l’isola dello Scannone, parte a pineta e parte paludosa, un ramo morto del Po di Volano.

  • Valle Bertuzzi Comacchio (FE)

    La strada, che diverge da Lido di Volano diretta a Lido delle Nazioni costeggia per l’intera lunghezza la Valle Bertuzzi, paesisticamente uno dei più affascinanti ambienti lagunari della regione. Stesa per circa 2.000 ettari e alimentata da una diramazione di foce del Volano, è formata da tre bacini di acque salmastre comunicanti, che nell’insieme sono l’ultima testimonianza delle valli formatesi tra i complessi dunosi delle cuspidi deltizie padane; l’ambiente è importante per la vegetazione alofila delle barene e dei dossi, e come luogo di sosta e nidificazione di uccelli acquatici e palustri.

  • Abbazia di Pomposa Codigoro (FE)

    Capolavoro di arte romanica e scrigno di antiche memorie, questo monastero benedettino ospitò nel Medioevo un centro di spiritualità e cultura tra i più importanti al mondo. Lo straordinario complesso, pur lacunoso rispetto all’assetto originario, si compone oggi di tre nuclei essenziali: il campanile con la chiesa di S. Maria e l’atrio, il chiostro con gli ambienti annessi e il palazzo della Ragione. Il complesso, un tempo situato sull’insula pomposiana, isola boscosa circondata da due rami del Po e protetta dal mare, si trova oggi all’interno del Parco regionale del Delta del Po, uno dei parchi deltizi più importanti d’Europa. Le prime attestazioni scritte dell’esistenza del centro monastico risalgono all’anno 874, ma l’insediamento dei monaci pare risalente al VI-VII secolo. Da piccolo cenobio, il complesso divenne un vero e proprio monastero e infine abbazia sul modello benedettino; nel 1022 ottenne la piena autonomia e cominciò così un periodo di grande fioritura economica e culturale per Pomposa, grazie soprattutto all’azione dell’abate Guido, il cui operato rappresenta l’apice della parabola pomposiana. Per tutto l’XI secolo Pomposa fu luogo d’incontro di figure spiritualmente molto rappresentative come quella di Pier Damiani, invitato dall’abate stesso come magister dei novizi, e l’abate Girolamo che vi fondò la considerevole biblioteca. Al fervore spirituale del periodo si accosta quello artistico: la chiesa venne ampliata, si costruì l’atrio, opera del magister Mazulo, e si gettarono le basi per l’elevazione del campanile. Nello stesso periodo fu monaco Guido d’Arezzo, inventore della moderna notazione musicale e artefice di una rivoluzione nel campo dell’insegnamento. Dal XIII secolo Pomposa entrò nelle mire espansionistiche della corte estense, ma riuscì a mantenere ancora una certa autonomia e spinta propulsiva, come dimostra il fatto che nella prima metà del Trecento l’abate Andrea commissionò gli affreschi della chiesa a Vitale da Bologna. Si trattava però di un ultimo breve momento di splendore: nel XVI secolo l’abbazia era ormai in decadenza e venne abbandonata anche dagli ultimi monaci che si trasferirono nel monastero di S. Benedetto a Ferrara nel 1553. Nel 1663 il monastero di Pomposa fu soppresso a causa del suo stato di abbandono e la chiesa dichiarata parrocchiale. Con l’avvento del potere napoleonico e la confisca dei beni ecclesiastici a partire dal 1802, il monastero di Pomposa venne messo in vendita mediante asta pubblica e acquistato dalla nobile famiglia Guiccioli di Ravenna. L’esproprio da parte dello Stato italiano e le importanti operazioni di restauro, finalizzate alla conservazione e alla pubblica fruizione, risalgono alla prima metà del ’900.

  • Abbazia di Pomposa-Monastero Codigoro (FE)

    Il monastero si sviluppa attorno a quello che era il chiostro maggiore, sul quale si affacciavano gli ambienti di vita comune dei monaci. In questi spazi l’incanto mistico del monastero si accende dei colori e delle suggestioni dei vasti cicli di affreschi fra i più eccelsi del Medioevo italiano. Nel lato orientale si apre la Sala capitolare, luogo di riunione dei monaci nel quale campeggia un’imponente *Crocifissione piena di pathos, attribuita a scuola giottesca padovana (secolo XIV). Nel lato sud del chiostro si trova il Refettorio, luogo in cui i monaci consumavano i pasti della giornata. Nella parete di fondo, il *ciclo affrescato più pregevole tra quelli rimasti a Pomposa, sia per la vivacità dei personaggi che per la cura dei dettagli (secolo XIV): al centro una Deesis (Cristo in trono tra la Vergine e S. Giovanni Battista, ai lati i santi pomposiani, S. Benedetto e S. Guido); a sinistra l’Ultima Cena evangelica; a destra il miracolo della mutazione dell’acqua in vino da parte di Guido Abate.

  • Abbazia di Pomposa e Museo Pomposiano Codigoro (FE)

    In quello che era l’antico dormitorio dei monaci, è situato il Museo Pomposiano, al quale si accede dal chiostro. L’attuale allestimento risale al 1976 e custodisce numerosi oggetti provenienti dalla chiesa, dal complesso abbaziale e dai dintorni di Pomposa, in un excursus cronologico che parte dal VI secolo e arriva al XIX. Appena entrati si possono ammirare alcuni affreschi staccati dalla chiesa durante i restauri degli anni Sessanta; volgendo lo sguardo verso sinistra si osservano splendidi elementi architettonici della chiesa e del monastero. Nelle vetrine sono esposti oggetti d’uso quotidiano quali suppellettili in vetro e ceramica, frammenti in stucco, terracotta e pietra che provengono dal complesso monastico.Tra i pezzi più significativi: *pluteo in stucco di arte bizantina del secolo VII-VIII; un fregio e due plutei marmorei del secolo XI, di scuola orientale; sottarco dell’abside minore destra della chiesa, risalente al secolo IX-X e decorato con clipei di santi e apostoli; due cippi funerari etruschi, presumibilmente provenienti dalla necropoli di Spina (secolo V a.C.); un *capitello ravennate (secolo VI) lavorato a giorno e reimpiegato come acquasantiera.

  • Abbazia di Pomposa-Basilica di S. Maria Codigoro (FE)

    La chiesa abbaziale, risalente nell’impianto più antico all’VIII-IX secolo, venne ampliata all’inizio dell’XI e consacrata nel 1026. La facciata è animata dallo splendido *atrio, di forma rettangolare, con tre arcate d’ingresso e una copertura a capanna con due monofore. Di tale opera fu autore il magister Mazulo, che volle farsi ricordare attraverso l’epigrafe murata sulla destra della facciata. Quest’ultima, sullo sfondo di un paramento tipicamente medievale di mattoni irregolari e policromi, è impreziosita, alla maniera orientale, da bacini ceramici, reimpieghi di marmo e decorazioni con altorilievi zoomorfi e figure simboliche. Eccezionali, le due finestre a rosone chiuse da transenne traforate raffigurano due grifi alati che mangiano i frutti dell’albero della vita. L’interno della chiesa presenta oggi una pianta basilicale a tre navate con abside poligonale all’esterno e semicircolare all’interno, peculiare dell’ambiente ravennate, come pure moltissimi elementi strutturali interni, dai capitelli ai mosaici pavimentali, che testimoniano la pratica tipicamente medievale del reimpiego di materiali di pregio, più antichi. Così come appare oggi l’interno della chiesa, completamente affrescato, è il risultato di un palinsesto composito formatosi nei secoli. Sebbene la prevalenza sia data dagli affreschi trecenteschi dell’abside e della navata centrale, è possibile scorgere qua e là qualche testimonianza della decorazione dei secoli precedenti, come le figure di profeti e pontefici sull’interno della facciata. La *decorazione dell’abside, opera di Vitale da Bologna nel XIV secolo, raffigura Cristo benedicente dentro la Mandorla Mistica, con a destra la Vergine, seguita da uno stuolo di principesse, vergini, martiri e l’abate Andrea, committente dell’opera, in ginocchio. Nella fascia centrale sono raffigurati S. Giovanni Battista e S. Martino tra evangelisti e dottori della Chiesa. Nel registro inferiore è illustrata la storia di S. Eustachio. A un periodo successivo alla realizzazione dell’abside, ma sempre di scuola vitaliana, sono gli *affreschi della navata centrale, divisi in tre ordini. Le scene si leggono in senso orario procedendo dall’abside verso l’entrata: nell’ordine superiore scene tratte dall’Antico Testamento, nell’ordine mediano scene tratte dal Nuovo Testamento. L’ordine inferiore è destinato al ciclo dall’Apocalisse. La visita alla chiesa si conclude con il monito del Giudizio Universale, posto sulla controfacciata. Una particolare attenzione merita il pavimento della navata centrale realizzato con le tecniche del mosaico e dell’opus sectile. Si presenta come una complessa distesa, suddivisa in quattro settori databili tra XI e XII secolo. Il settore più antico è quello che si trova nella zona del presbiterio, realizzato attraverso una commistione delle due tecniche, tipica di ambienti bizantini. Il secondo settore è costituito da un quinconce (disposizione di 5 soggetti come nei dadi) di grandi dimensioni, con un cerchio al centro da cui si dipartono quattro bracci di una croce. All’interno di questo grande pannello è inserita la piccola lastra marmorea che ricorda la dedicazione della chiesa il 7 maggio 1026. A seguire, spostandosi verso l’ingresso, l’unico mosaico figurato di Pomposa, raffigurante animali e simboli medievali. Il mosaico figurato è posto in una zona originariamente destinata ai soli monaci, mentre il settore più vicino all’ingresso, posteriore di circa un secolo rispetto agli altri, è decorato con un quinconce di grandi dimensioni.

  • Abbazia di Pomposa-Campanile Codigoro (FE)

    Il campanile svetta da lontano sul piatto orizzonte padano ed è un mirabile esempio di stile romanico eretto nel 1063 ad opera del magister Deusdedit. Posa su un massiccio basamento in pietra naturale, è alto circa 48 m ed è caratterizzato da un progressivo ampliamento delle aperture, da monofore a luce crescente, a bifore, trifore e quadrifore man mano che l’altezza aumenta. All’interno della muratura, in mattoni policromi rossi e gialli con decorazione ad archetti e lesene, si notano diversi marmi di reimpiego, i quali suggeriscono momenti di vita più antica del territorio; i motivi decorativi più originali sono però i bacini ceramici la cui provenienza da Egitto, Tunisia e Sicilia dimostra che Pomposa aveva appositamente importato questo tipo di ceramica esotica proprio in occasione dei grandi lavori di ampliamento dell’XI secolo.

  • Abbazia di Pomposa-Palazzo della Ragione Codigoro (FE)

    L’edificio, costruito durante l’XI secolo e originariamente entro le mura di cinta, aveva la funzione di luogo in cui gli abati esercitavano la giustizia sui territori di pertinenza dell’abbazia ed era collegato al complesso abbaziale tramite un loggiato oggi perduto. In affinità stilistica con il campanile e l’atrio della chiesa, la facciata è in stile romanico ma risulta fortemente alterata dai massicci restauri, ultimi in ordine di tempo quelli degli anni ’30 del Novecento; originariamente era decorata con bacini ceramici oggi in gran parte sostituiti da riproduzioni. La struttura, a semplice pianta rettangolare e su due piani, presenta due loggiati scanditi da colonnine di reimpiego, probabilmente di area ravennate.

  • Palazzo del Vescovo Codigoro (FE)

    Rifacimento settecentesco in graziose forme veneziane della Domus dominicata pomposiana, ora utilizzato come sede della Biblioteca comunale «Giorgio Bassani», della Fondazione Bassani e per esposizioni.

  • Codigoro Codigoro (FE)

    A m 4, ab. 11.576, grosso centro con caratteristiche di mercato agricolo e con industrie alimentari, che si adagia lungo la riva sinistra del Po di Volano. L’insediamento sorse in epoca tardo-romana alla confluenza del ramo minore del Goro nel Po di Volano – da cui il nome di Caput Gauri – e a ridosso del cordone dunoso litoraneo etrusco, ospitando in epoca pomposiana la Domus dominicata, sede amministrativa degli immensi possedimenti dell’abbazia. Dal 1224 entrò nell’orbita estense, ma il territorio rimase a lungo occupato da boscaglie e stagni, prima di essere oggetto di tentativi di sistemazione idrica e di bonifica; dopo l’esito non felice di quella voluta da Alfonso II, solo intorno al 1872 fu intrapresa con maggiore decisione: dapprima con la realizzazione di una rete idrica di 170 km – costituita da vecchi canali estensi riadattati e da altri scavati ex novo – poco più avanti con la costruzione dell’enorme impianto idrovoro, iniziato nel 1885 (acque alte) e raddoppiato nel 1911 (acque basse), che mantiene asciutti 56 mila ettari di terreno. Il paese è plasmato sull’andamento del Volano: la Strada di giù (che cioè, rispetto al ponte, discende il corso d’acqua verso foce e che è l’odierna via Cavallotti) è la più popolata e nel tratto più prossimo al ponte è occupata dagli edifici rappresentativi: ad esempio, il cosiddetto palazzo del Vescovo, sede della Biblioteca comunale «Giorgio Bassani». Nella Strada di su (oggi via XX Settembre), primo tratto della direttrice per Ferrara, sorgono le case basse dei pescatori e dei contadini. Appena fuori dell’abitato, si osserva il complesso degli stabilimenti idrovori di Codigoro, ubicati in edifici di bella architettura.

  • Massa Fiscaglia Fiscaglia (FE)

    A m 2, frazione del comune di Fiscaglia, ab. 8.611, è una borgata agricola sede di industrie per la conservazione della frutta. La collegiata dei Ss. Pietro e Giacomo, in origine romanica, è stata completamente modificata nel ’700-’800. Nel Museo parrocchiale, allestito nelle pertinenze dell’ex palazzo Vescovile, oggetti, arredi, paramenti liturgici e dipinti (tra i quali S. Francesco riceve le stimmate di Carlo Bononi).

  • Santuario della Corba Fiscaglia (FE)

    Rifacimento neogotico (1910) di una costruzione citata nel secolo XV; notevole, all’interno, una terracotta della Madonna col Bambino, attribuibile a un anonimo scultore ferrarese del primo ’500.

  • Palazzo Pio Tresignana (FE)

    Edificio di tipologia fortificata caratterizzato da un’alta torre ora usata come colombaia; fu fatto costruire verso la metà del secolo XVI dalla famiglia Pio di Savoia che aveva possedimenti nella zona. Ora di proprietà comunale, è visitabile in occasioni particolari.

  • Tresigallo Tresignana (FE)

    Centro frutticolo e industriale dove tra le case si distingue il palazzo Pio, fatto costruire verso la metà del secolo XVI dalla famiglia Pio di Savoia. Sebbene la sua origine sia piuttosto antica (la chiesa di S. Apollinare è nota dal XII secolo), Tresigallo è stato in qualche modo ‘rifondato’ tra il 1928 e il 1940, per iniziativa di Edmondo Rossoni, nativo del luogo, che fu ministro per l’agricoltura in epoca fascista. La nuova compagine urbana si sviluppò secondo un disegno preciso, con caratteristiche esemplari per l’omogeneità e l’organicità degli interventi; il piano previde pure un centro agricolo-industriale, che cessò l’attività nell’immediato dopoguerra e, dopo diversi anni di abbandono, è stato in buona parte riattivato, anche con destinazioni diverse da quelle originarie. La zona industriale costituisce un tessuto continuo e omogeneo, formato dagli stabilimenti con annesse palazzine di residenza ben conservate e provviste di aree verdi e alberate. I principali edifici pubblici risalgono agli anni ’30 del secolo XX, e così pure la piazza della Repubblica, con l’originale fontana e una quinta di edifici porticati; anche la chiesa di S. Apollinare fu rifatta nel 1930, conservando solo nell’abside elementi dell’origine romanica.

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
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