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Il primo dei due itinerari che conducono a Berceto utilizza, per l’intero suo sviluppo, l’asse di collegamento storicamente più consolidato, la statale 62, della Cisa, oggi per lo più sostituita, nel ruolo di canale drenante dell’economia montana e del traffico interregionale, dall’autostrada A15 Parma-La Spezia.
L’attuale tracciato della statale fu iniziato nel 1809 per volontà di Napoleone, ripreso nel 1833 da Maria Luigia e ultimato dal governo italiano dopo il 1859.
La sua costruzione decretò l’abbandono della altomedievale strada Romea di Monte Bardone, il cui percorso a grandi linee le corrispondeva, specialmente a monte di Castello di Càsola.
La denominazione di tale strada va riferita all’appellativo Mons Longobardorum con cui nel Medioevo veniva genericamente indicata l’area gravitante verso il passo della Cisa.
In più punti tuttora riconoscibile, la strada altomedievale incise significativamente nel paesaggio e nella storia della montagna parmense.
I motivi d’interesse si estendono anche alle componenti naturalistiche, sottolineate da una estesa panoramicità, che trova ostacolo solo nelle frequenti curve e contropendenze, espressione dei criteri d’ingegneria ottocenteschi cui la strada è ancora in gran parte soggetta.
A m 112, ab. 14.591, Collecchio è un centro agricolo e industriale situato in corrispondenza delle estese coltri alluvionali del Taro.
Nel Medioevo è ricordato col nome di Colliculum, possesso dei vescovi di Parma e importante tappa lungo la strada Romea, poi, come feudo dei Dalla Rosa-Prati, con quello di Casalecchio.
All’ingresso nell’abitato, un grande portale ad arco sulla destra è il monumentale accesso alla Villa Paveri Fontana.
Più avanti si innalza la parrocchiale di S. Prospero.
All’ingresso nell’abitato di Collecchio, un grande portale ad arco è il monumentale accesso alla Villa Paveri Fontana, sorta alla fine del secolo XVII su preesistenze cinquecentesche e dovuta prevalentemente all’opera di Ferdinando Bibiena; conserva un vasto parco con bella fontana e ricchi ambienti con affreschi prospettici.
Originaria del secolo XI e ampiamente ristrutturata nel XIII; oggi appare nella veste neo-romanica conferitale dai restauri del secolo XX; si noti però l’originaria abside centrale, quadrata, con decorazioni in cotto e in pietra, ripartita da lesene con archetti abbinati.
Il campanile isolato (1922) è dedicato ai Caduti. Interno a tre navate scandite da pilastri e colonne, alcune con interessanti capitelli, talora reimpiegati dall’edificio dell’XI secolo, talaltra dell’inizio del XIII; a quest’ultimo periodo risalgono un bel fonte battesimale scolpito e un rilievo in marmo bianco che raffigura il Battesimo di Gesù, murato alla parete vicina, opera di un maestro campionese.
Una delle maggiori e più interessanti raccolte private italiane di oggetti della cultura materiale, allestito in una casa mezzadrile fuori dal paese.
La collezione, composta da diverse decine di migliaia di pezzi raccolti negli anni da Ettore Guatelli (1921-2000), documenta esaurientemente l’ampio ventaglio dei mestieri e delle tecniche collegati alla cultura contadina, artigianale e paleoindustriale; l’ampiezza dei riferimenti sociali, culturali e lavorativi ne fa una riconosciuta testimonianza di rilevante valore storico e scientifico.
A m 146, ab. 5.899, Fornovo di Taro è un notevole centro di attività economiche e di servizi, nodo di smistamento stradale e ferroviario tra la pianura e la riviera lunigiana e versiliese, lambito dal grande alveo intrecciato del fiume Taro, alla confluenza dei torrenti Ceno e Sporzana.
Il nucleo storico insiste sull’area di un romano Forum Novum, sviluppatosi lungo una direttrice transappenninica. Ne sono testimonianza numerosi resti d’epoca romana apparsi a più riprese, tra cui le sortes, asticciole iscritte in bronzo, usate per pratiche oracolari, conservate nel Museo archeologico di Parma.
Divenuto municipium probabilmente in piena età imperiale, venne poi per tempo collegato con la riva sinistra del Ceno da un ponte, di cui sono superstiti resti di pile a nucleo cementizio, con paramento in blocchi lapidei.
Tappa nodale lungo la strada di Monte Bardone e feudo ecclesiastico, Fornovo fu più tardi degli Ercolani di Senigallia. Nel suo territorio, il 5-6 luglio 1495 si combatté una famosa battaglia tra l’esercito della Lega Italiana, condotto da Francesco Gonzaga, e quello di Carlo VIII che, in ritirata da Napoli e diretto in Piemonte, riuscì a passare il Taro.
Di interessante l’abitato vecchio di Fornovo offre la parrocchiale di S. Maria Assunta, una delle pievi romaniche più importanti del Parmense.
Una delle pievi romaniche più importanti del Parmense. Documentata nell’854, venne ricostruita nella prima metà del secolo XI utilizzando anche materiale di recupero romano; la torre campanaria è datata 1303.
Nella facciata sono murati alcuni notevoli pezzi scultorei ascrivibili al primo Duecento; di straordinaria evidenza e vigore espressivo la scena raffigurante l’inferno e i vizi capitali.
Nel portalino del fianco destro, rilievo con animali fantastici e una figura umana, impegnati in una caccia simbolica. Si entra in un atrio coperto da volte su pilastri polistili, originariamente (secoli XII-XIII) costituente il nartece; coeve alle sculture di facciata sono una coppia di colonnine utilizzate come sostegni per le acquasantiere e due belle statue raffiguranti un sovrano e un vescovo.
Il corpo principale della chiesa ha impianto a tre navate scandite da pesanti colonne in pietra di fiume e cotto, e quattro cappelle aggiunte tra il secolo XIV e il XVIII.
L’opera d’arte più rilevante della chiesa è una lastra, utilizzata come paliotto d’altare, con storie del martirio di S. Margherita che, presumibilmente, insieme ad alcune delle sculture della facciata e del nartece, faceva parte di un ambone, successivamente smembrato, realizzato all’inizio del XIII secolo da uno scultore aggiornato sull’opera di Benedetto Antelami e attivo anche a Bardone.
In sagrestia, pregevolissima croce-reliquiario in bronzo, ascrivibile al secolo XI.
Nel minuscolo abitato di Bardone m 402 l’interessante Pieve conserva poche tracce dell’originaria architettura romanica ma, sia all’esterno sia all’interno, numerosi e interessanti pezzi scultorei dei primi decenni del XIII secolo, dovuti a un artista sensibile alla lezione antelamica e attivo anche a S. Maria Assunta di Fornovo; a eccezione dell’archivolto in facciata, questi rilievi probabilmente appartenevano, come a Fornovo, a un pulpito esemplato su quello del Duomo di Parma.
Cassio (m 815) è piccolo centro di origine medievale, nella cui chiesa dell’Assunzione di Maria Vergine è un affresco databile tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV.
A breve distanza dal paese, in direzione di Selva del Bocchetto, è visibile un lembo degli affioramenti arenacei del Monte Cassio m 1022, formati da una serie di guglie rocciose (Sassi di Cassio), costituenti l’estremità occidentale dei Salti del Diavolo.
Custodisce un affresco (S. Giovanni Battista e S. Benedetto) databile tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV.
A m 912, minuscolo nucleo rurale a impianto lineare, i cui fabbricati conservano l’originaria copertura in lastre di arenaria.
A m 808, ab. 2.015, Berceto è località attrezzata per il soggiorno estivo e interessante tipico borgo d’impianto medievale, con rustici palazzetti (secoli XII-XVII), alcuni impreziositi da ornati rinascimentali, e al centro la parrocchiale di S. Moderanno, detta Duomo.
Matrice del borgo fu un’abbazia benedettina fondata nell’VIII secolo da Liutprando re dei Longobardi per intercessione di Moderanno vescovo di Rennes, e ubicata, secondo alcuni, in prossimità del vicino Monte Tabernasco, secondo altri nel luogo dell’attuale Duomo.
L’abitato, ultima tappa sulla strada Romea prima del valico appenninico, fu munito nel XIII secolo di un castello, conteso in epoca comunale, passato quindi in feudo ai Rossi.
Al centro di Berceto è la parrocchiale di S. Moderanno, detta Duomo in onore del santo, vescovo di Rennes, poi abate di Berceto, cui è dedicata.
L’edificio attuale conserva l’impianto romanico della ricostruzione avvenuta tra il XII e il XIII secolo; significativi interventi successivi furono quello del primo Cinquecento, che portò anche alla ristrutturazione del capocroce, e quello di epoca luigina (1845), allorché venne completamente rifatta la facciata, nella quale, entro linee romaniche, fu reimpiegato il ricco portale strombato del secolo XII, con lunetta e architrave a rilievi.
Nel fianco sinistro si apre un altro portaletto, fiancheggiato da due sculture romaniche. L’interno, a tre navate divise da colonne che reggono archi acuti, con transetto appena accennato, si deve quasi completamente ai restauri promossi tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento dalla famiglia Rossi, i cui stemmi compaiono sui capitelli scolpiti; del XVI secolo sono anche le cinque cappelle laterali.
Nella 1a cappella destra, archivolto scolpito del XIII secolo; all’inizio della navata sinistra è collocata la sepoltura di S. Boccardo (1355), ricomposta nel 1916. All’altare maggiore, lastra tombale raffigurante pavoni ai lati della Croce, esempio di arte longobarda (VIII secolo) assai raro nel Parmense, risalente all’epoca di fondazione del primitivo monastero di Berceto.
Nel Museo del Duomo, tra gli oggetti del tesoro piviale d’arte lucchese forse del secolo VIII-IX, calice niellato del 1517, altro prezioso calice in vetro di incerta datazione, rinvenuto in una tomba all’interno della chiesa.
Corchia (m 651) è un borgo montano medievale che conserva integro l’originario paesaggio architettonico, con unità edilizie di tipologia rurale in pietra (tra cui la trecentesca chiesa di S. Martino), strade lastricate, passaggi coperti; significative anche alcune tegge appenniniche (stalle-fienile) con rampa selciata.
Sullo sfondo, l’imponente anfiteatro basaltico del Monte Cornia m 909, in cui sono rinvenibili splendidi esempi di diabase con strutture di pillow lavas.
A m 1039, valico aperto a breve distanza da quello utilizzato nel Medioevo dalla strada di Monte Bardone, già confine tra il ducato di Parma e il granducato di Toscana. Alla sommità di una scalinata, la cappella di Nostra Signora della Guardia (1921).