La valle del Savio

In collaborazione con Touring Club

L’itinerario (da Cesena a Bagno di Romagna) segue, lungo la valle del fiume Savio, una delle vie di penetrazione storiche dell’Appennino, che collega la Romagna al Casentino e alla val Tiberina

Il Sapis dei Romani nasce alle pendici del Monte Fumaiolo, ha un corso di circa 126 km e un bacino imbrifero che alla foce (posta tra Lido di Classe e Lido di Savio) è valutato sui 700 km2. Lungo l’asta del fiume (che soprattutto nel tratto medio è incisa entro grandi stratificazioni marnoso-arenacee) si dispongono i centri che presentano i maggiori motivi d’interesse storico (Mercato Saraceno, Sarsina, Bagno di Romagna). 

Si consiglia di risalire la vallata seguendo il percorso della vecchia statale 71, Umbro Casentinese Romagnola, un percorso che prescinde dalla nuova parallela superstrada a scorrimento veloce, che si potrà utilizzare per un rapido rientro in città. 

Si snoda nella valle del Savio e nel Montefeltro il Cammino di San Vicinio, uno dei 20 Cammini di pellegrinaggio istituiti dalla Regione Emilia-Romagna. Questo, dedicato al santo taumaturgo, si sviluppa ad anello per 300 km (210 in regione).

  • Lunghezza
    58,1 km
  • Villa Silvia-Carducci Cesena (FC)

    Settecentesca villa dove è allestito il Museo Musicalia degli strumenti musicali meccanici. Nell’Ottocento la villa era di proprietà della contessa Silvia Pasolini Zanelli, che ne fece un importante cenacolo della cultura romagnola. Tra gli illustri frequentatori della villa c’era Giosuè Carducci, la cui camera da letto con gli arredi originali è visitabile.

  • Musicalia Cesena (FC)

    Museo degli strumenti musicali meccanici allestito nella settecentesca villa Silvia-Carducci. La collezione è divisa per tipologie: nella sala degli organi da casa sono annoverati anche i carillon, piccoli sax meccanizzati e gabbiette con uccellini meccanici che cantano e si muovono; ci sono poi gli organi da strada, la sala della Registrazione, la stanza della Regina Margherita con un piano melodico Rocca, dal suono melodioso e soave. Una sala è arredata come la hall di un Grand Hotel del XX secolo, dove erano presenti grandi strumenti musicali. Infine la stanza delle Piazze, munita degli strumenti musicali adoperati nelle fiere.

  • Formignano Cesena (FC)

    A m 287, nel cui territorio (dove fino al 1962 fu attiva l’estrazione dello zolfo) sono in fase di realizzazione le strutture per la messa in sicurezza e la valorizzazione del Parco minerario interregionale delle miniere di zolfo delle Marche e dell’Emilia-Romagna; tra i lavori in programma, la costruzione di itinerari cicloturistici.

  • Montecodruzzo Roncofreddo (FC)

    A m 439, già feudo dei Malatesti di Roncofreddo, conserva un bastione dell’antico castello (trasformato in torre dell’Orologio) e il santuario di S. Maria Liberatrice (detto anche Tempio Malatestiano), eretto da Giacomo Malatesta nel 1573 (stemma nel portale), restaurato, dopo l’ultima guerra, in forme ridotte.

  • Ranchio Sarsina (FC)

    Su uno sperone proteso nella valle, Ranchio m 333, probabilmente fortificazione bizantina (nella zona intorno, la Chiesa di Ravenna ha mantenuto per parecchi secoli ampi possessi), continuatasi poi in un castello medievale (resti di alcuni bastioni poligonali e di vani sotterranei). In basso sussistono i resti di un’abbazia, i cui notevoli avanzi marmorei (sarcofago ravennate del secolo VI) sono visibili nel Museo della Valborello, allestito nella parte sotterranea della parrocchiale di S. Bartolomeo.

  • Museo della Val Borello Sarsina (FC)

    Allestito nella parte sotterranea della parrocchiale di S. Bartolomeo. Oltre a resti lapidei, il museo raccoglie opere d’arte, arredi e oggetti liturgici anche di altre 7 parrocchie limitrofe.

  • Pieve di Monte Sorbo Mercato Saraceno (FC)

    Chiesa del tardo periodo bizantino (secolo VIII-IX) con rifacimenti romanici e settecenteschi; nell’interno, colonne di cipollino con bei capitelli corinzi e ciborio con colonnine marmoree ristrutturato nel XVIII secolo.

  • Mercato Saraceno Mercato Saraceno (FC)

    A m 134, ab. 6.945, grosso centro agricolo e di iniziative industriali, le cui espansioni moderne si sono attestate prevalentemente a ridosso della statale. Il borgo ebbe origine intorno alla metà del secolo XII da Saraceno di Alberico Onesti, feudatario di origine ravennate e signore di alcuni castelli nella zona di Monte Sorbo, che qui a fondovalle creò una piazza mercantile (l’Emporium Saracenum ricordato come villaggio da Biondo Flavio a metà del secolo XV). In seguito giurò fedeltà a Cesena (1246), fu vicariato dei Malatesti e quindi feudo della Mensa arcivescovile di Ravenna fino a età napoleonica. Capoluogo di cantone durante il Regno italico, da quegli anni superò in importanza la vicina Sàrsina. Sul fondo della vivace porticata piazza Mazzini domina la parrocchiale di S. Maria Nuova, eretta nel secolo XIV. Nella vicina piazza Gaiani la settecentesca chiesetta della famiglia Ricchi. Traversando il Savio si va in breve all’oratorio della Madonna del Ponte, addossato a un gruppo di antiche case di notevole interesse ambientale; accanto, un pilone del ponte vecchio, fatto costruire a tre arcate dall’arcivescovo di Ravenna Filiasio Roverella e distrutto nel 1944 dai Tedeschi in ritirata.

  • S. Maria Nuova Mercato Saraceno (FC)

    Eretta nel secolo XIV dagli Agostiniani, modificata da rifacimenti nel Settecento e in epoca recente; contiene due dipinti assegnati a Cristoforo Serra (S. Antonio da Padova e S. Francesco e la Maddalena) e uno di Cristoforo Savolini (Sacra famiglia).

  • Sorbano-Ponte Sarsina (FC)

    A m 313, il cui nucleo antico, posto su un rilievo roccioso sulla destra, è l’antico castrum suburbanum, originariamente propaggine di Sàrsina, ma dal 1441 al 1964 Comune autonomo nell’ambito della Romagna toscana.

  • Monumento funerario di A. Murcius Obulaccus Sarsina (FC)

    All’ingresso nell’abitato, entro un giardino pubblico, è stato ricostruito il monumento funerario di A. Murcius Obulaccus, proveniente dalla vicina necropoli di Pian di Bezzo, elegante struttura a edicola con copertura piramidale cuspidata, della prima età augustea; ne è in progetto il restauro e la musealizzazione del Museo Archeologico.

  • Museo Archeologico Nazionale Sarsina (FC)

    Uno dei più importanti musei della Romagna per l’epoca romana. Costituito nel 1891, è stato ampliato in occasione degli scavi compiuti dal 1927 in poi nella necropoli di Pian di Bezzo, che ha restituito parecchi sepolcri allineati ai due lati di una strada, riconosciuta per lungo tratto. Intorno al 200 d.C. una frana a valle di Sàrsina, in corrispondenza dell’attuale ponte, ostruì il corso del Savio dando luogo a un piccolo lago; le sedimentazioni interrarono i monumenti e se ne spiega perciò la conservazione relativamente buona. Piano inferiore. Sala I. In questa sala, come in quella successiva, sono esposte pietre funerarie risalenti all’età imperiale (fine del I secolo a.C.-prima metà del III secolo d.C.), in molti casi recuperate nel greto del fiume Savio; originariamente le lapidi erano erette sui luoghi di seppellimento o inserite all’interno di edifici sepolcrali in miniatura. Nel complesso le epigrafi offrono uno spaccato sociale dell’antica comunità di Sassina, attraverso il ricordo di uomini liberi appartenenti ad alcune delle più note famiglie locali e di schiavi affrancati (liberti); talora i nomi delle persone sono associati all’indicazione dei collegia (corporazioni professionali) cui essi appartengono. Presso l’angolo sono esposti un architrave e un cippo funerario dalla *tomba di Cetraria Severina (prima metà del II secolo d.C.), sacerdotessa del culto di Marciana, sorella dell’imperatore Traiano; su un lato del segnacolo è riportato un passo del suo testamento con il quale lasciava 6.000 sesterzi ai collegi dei dendrophori, dei fabri e dei centonari del municipio di Sàrsina. Sala II. All’angolo c’è il pezzo più interessante della sala, costituito dal cippo di Marcana Vera che, dopo la dedica riporta una breve carme che ricorda il ciclo delle stagioni. Accanto vi è la stele della giovane liberta Helvia Harbuscula (inizi del I secolo d.C.), che reca incisa la raffigurazione di una porta, elemento architettonico funerario spesso presente nei monumenti sarsinati, per simboleggiare il passaggio all’oltretomba. Sulla parte di fondo, a sinistra, è la *stele a edicola di Atella Prisca (I secolo d.C.); il segnacolo, riccamente ornato e inquadrato da un’elaborata composizione architettonica, mostra sul frontone una Gorgone e due leoni accovacciati su teste di capri, figurazioni destinate ad accentuare la sacralità del sepolcro e a garantirne la protezione. Interessante è poi la stele in marmo, con piccolo frontone triangolare a triplice cornice, dedicata a Mattiena Myrallis (II-III secolo d.C.) dal marito Quintus Commeatronis Exoratus liberto di Quinto, il quale dichiara che la moglie merita più di quanto con l’iscrizione possa essere scritto. Segue la stele frammentaria dei Fuficii (prima metà del I secolo d.C.), che conserva parte dei busti-ritratto con cui questi liberti avevano voluto essere ricordati. Nella grande *stele del liberto Lucius Caesellius Diopanes (seconda metà del I secolo a.C.), è rappresentato il defunto realisticamente ritratto a figura intera con la toga, un volumen in mano e un grosso anello a testimonianza del suo raggiunto prestigio sociale. Sala III. Lungo la parete della sala sono disposti diversi elementi lapidei riferibili alla principale necropoli sarsinate. Il sepolcreto si sviluppò in località Pian di Bezzo, lungo un tratto della via di fondovalle diretta alla pianura, che correva sulla riva destra del Savio. Intorno al 200 d.C. una frana, forse causata da un terremoto, ostruì il corso del fiume e provocò l’allagamento di tutta l’area, ben presto sommersa da svariati metri di depositi alluvionali che protessero per secoli le tombe che vi si trovavano. Tra il 1927 e il 1933, e negli anni ’50 e ’80, sistematiche campagne di scavo archeologico consentirono di porre in luce un vasto settore del sepolcro monumentale. Sulla destra è esposta parte della prescrizione di Horatius Balbus (I secolo a.C.), il cui testo ricorda la donazione di lotti di terreno per sepolture a favore di cittadini bisognosi. Segue il grande architrave con indicazione dell’ampiezza di un lotto funerario di 110 piedi - 33 metri (II secolo d.C.). A terra è posto il piccolo cippo funerario di Secunda (II secolo d.C.), in pietra calcarea, anticamente sormontato da una pigna, posto dal marito Lucio Sarsinate Trasileo, che manifesta il suo compianto per la moglie virtuosa, pia, casta e santissima. Sala IV. Appena entrati nella sala accoglie maestoso il *monumento di Publius Verginius Paetus, con paraste angolari e mediane tuscaniche sovrastate da epistilio a fregio dorico e cornice modanata, e con copertura piramidale. Tre capitelli corinzi e parte di una trabeazione con fregio a girali d’acanto fiorito appartenevano alla parte mediana dei monumenti. A parete sono esposti resti dei finti cinerari in pietra, di forma globulare con applicazioni a teste di grifo, abitualmente collocati al culmine dei monumenti. Nella sala si può osservare un tratto di fognatura antica, protetta da un vetro. Accanto si trova un bel pavimento a mosaico, con tessere bianche e nere, a disegni geometrici. Lungo la parete di fondo della sala sono disposte svariate pietre iscritte che menzionano i nomi di diverse divinità anticamente venerate a Sàrsina. Di particolare interesse è la serie di basi in marmo rosso di Verona destinate a sostenere statue in bronzo di divinità, dedicate da C. Caesius Sabinus, facoltoso cittadino sarsinate vissuto tra la fine del i e gli inizi del II secolo d.C. Applicato alla parete è un grande frammento di trabeazione curvilinea con il nume dello stesso Sabinus; tale elemento architettonico in origine doveva essere inserito all’esterno della cella sacra che conteneva le statue, forse da riconoscere nell’edificio trilobato situato in prossimità del foro, i cui ruderi sono tuttora visibili in vicolo Aurigemma. Sala V. La sala custodisce due dei più significativi reperti del museo: il *mausoleo di Asfionius Rufus, formato da un’edicola tetrastila d’ordine corinzio su alto basamento, con slanciata piramide terminale affiancata da sfingi e coronata da capitello con pseudo-cinerario; negli intercolumni, quattro statue ioniche e il mosaico policromo con *Trionfo di Dioniso, restituito dagli scavi di una domus a ovest del Foro, databile a età severiana: nel quadro maggiore centrale, entro tondo, Dionysos sul carro trainato da tigri, presenti Pan e un giovane satiro; agli angoli esterni al tondo, busti dei Venti; nei due trittici laterali, figurine del thyasos bacchico; alla sommità, scena di caccia fra animali in bianco e nero. Ai lati del passaggio si levano svariati segnacoli sepolcrali, in prevalenze stele, recuperati lungo la via che attraversava la necropoli di Pian di Bezzo. Sulla destra i piccoli monumenti mostrano solo la parte iscritta e decorata che emergeva sull’antico piano di calpestio; sulla sinistra si conservano anche le pietre dei basamenti e le strutture originariamente collocate nel sottosuolo, destinate a racchiudere le urne con le ceneri dei defunti. Tra le lapidi poste sul lato sinistro, prevalentemente di età augustea e giulio-claudia, si segnalano la stele a edicola di Sextus Obellius, il piccolo altare di Caesellia Gazza, con rilievi raffiguranti Geni funerari, la *stele a porta di Titia Prima, il cippo che delimitava l’area sepolcrale della corporazione dei mulattieri (muliones). Nel medesimo lato, al fondo della sala, è ricostruito il basamento del monumento funebre di Murcius Oculatius, affiancato dal relativo cinerario in arenaria. Il sepolcro, del tipo a edicola cuspidata, è identico a quello del padre Murcius Obulaccus, integralmente ricomposto all’ingresso del paese. Sala VI. Le statue delle divinità orientali. Ai lati della sala sono disposti gli elementi scultorei in marmo greco recuperati nel settore occidentale della città, dove doveva collocarsi un importante santuario. Si tratta di un gruppo di statue di eccezionale importanza non tanto sotto l’aspetto artistico, difficilmente valutabile, quanto per quelli religioso ed economico. Questo complesso di statue, databili tra il tardo ii e gli inizi del III secolo d.C., costituiva il santuario più importante dell’Italia settentrionale dedicato a tali divinità. La presenza di questo santuario testimonia i nuovi culti diffusisi localmente durante la piena età imperiale, anche grazie agli influssi culturali provenienti dalla città portuale di Ravenna. È evidente l’importanza del culto anche sotto l’aspetto economico: basti pensare che nel vicino porto di Classe, la flotta romana era equipaggiata per larga parte da marinai levantini, che veneravano questi dei. Il grande richiamo procurava evidenti vantaggi economici. Se si considera inoltre la singolarità dei riti, durante i quali i sacerdoti addetti cadevano in una specie di trance, si può ipotizzare che l’ambiente e la vita a Sàrsina avessero una connotazione molto peculiare in confronto alle altre località. Le sculture, probabilmente ridotte in minuti frammenti nella tarda antichità per produrre calce o distrutte forse dai primi cristiani, hanno richiesto un laborioso lavoro di ricomposizione e restauro. Sul lato sinistro, dopo i resti di una figura virile bracata, forse raffigurante Mitra, sono tre statue di personaggi legati a culti egizi: Serapide seduto affiancato dal cane tricipite Cerbero, Anubis (?) su una base con falchi sacri a rilievo, Arpocrate (?), giovane divinità della quale restano solo i piedi. Sul lato opposto si levano due altre sculture connesse ai culti asiatici: la Magna Mater, seduta, con a fianco una coppia di leoni e cembali ai piedi; *Attis, la statua più bella del Museo, che rappresenta una giovane divinità ignuda dal caratteristico berretto frigio, in piedi, in atteggiamento di riposo, tipo eclettico riferibile all’età adrianea e stilisticamente con riflessi della scuola d’Afrodisia. Sala VII. iscrizioni civiche e resti architettonici. Verso il fondo della sala VI e nella seguente sono esposte diverse lapidi e frammenti strutturali, databili tra il I secolo a.C. e il III secolo d.C. Una prima serie di iscrizioni del I e II secolo d.C. è relativa a dediche onorarie che ricordano membri della famiglia imperiale (Nerva, Traiano, Faustina Maggiore, Marco Aurelio) e importanti personaggi del luogo (L. Appaeus Pudens, Aulus Pudens, C. Caesius Sabinus), anche con riferimenti ad alcune delle principali magistrature municipali. All’ingresso della sala VII, sulla destra, sono collocati diversi blocchi di pietra con iscrizioni relative all’edificazione delle mura difensive della città (secondo venticinquennio del I secolo a.C.). Primo piano. Sala A. Alle componenti geologiche dell’area si riferiscono, entro vetrine, campionature di rocce e minerali, cui si aggiungono fossili di varie specie di flora e di fauna. Il primitivo popolamento umano della zona, dal Paleolitico all’età pre-protostorica, è testimoniato da strumenti in selce scheggiata e da suppellettili in ceramica dell’età del Bronzo. Nella vetrina centrale sono esposti frammenti ceramici con decorazione dipinta, riferibili alla più antica fase umbra (seconda metà del IV-inizi del III secolo a.C.); piccole statuette in bronzo raffiguranti Ercole e devoti nell’atto dell’offerta, monete bronzee (una della serie coniata ad Ariminum dopo il 268 a.C.) e aes rude. Sala B. Suppellettili d’uso comune e di età romana provenienti dall’abitato e dalla necropoli di Sàrsina. Tra i materiali più caratteristici del culto funerario compaiono vasi da mensa destinati a contenere cibi, lucerne per illuminare la via verso l’oltretomba, monete utilizzate come obolo per Caronte, balsamari fittili e in vetro per essenze profumate, oggetti d’uso personale, quali spilloni d’osso e specchi di bronzo da tombe femminili, piccoli calamai cilindrici, pure in bronzo, da tombe maschili. Nella vetrina centrale è ricostruita una tomba alla cappuccina recuperata nella necropoli di Pian di Bezzo. Sale C-D. A parete, sulla sinistra, sono applicate sezioni di pavimenti in opus signinum (cocciopesto decorato con motivi geometrici e floreali a tessere musive). Al di sotto, e sul lato opposto della sala, sono disposte campionature di materiali edilizi in laterizio: tabuli per condutture idriche, mattoni sesquipedali (di 45x30 cm) e semisesquipedali, elementi per suspensurae. Nel corridoio successivo, sulla parete destra, sono applicate porzioni di pavimenti a mosaico di età imperiale, con varie decorazioni e con inserti in opus sectile (composizione a lastrine di marmi policromi). Sala E. Vasellame. Si segnalano in particolare i piatti votivi (linx) in ceramica invetriata. Questo genere di ceramica, decorata con motivi fitomorfi, scene di genere e dionisiache, è eccezionale per quantità e qualità degli esemplari rinvenuti a Sàrsina. Numeroso è, altresì, il vasellame in ceramica a vernice opaca di produzione dell’area romagnola, databile dal I al III secolo. Interessanti, fra gli oggetti in vetro, sono una bellissima coppa policroma, un bicchiere decorato a losanghe, un piatto, una bottiglia, due tazze biansate con decorazioni. Vi è poi un’elegante brocca in bronzo che reca all’attacco dell’ansa la raffigurazione di un fanciullo che gioca con un’oca. Sculture. La sala ha come fulcro la ricostruzione della stanza da pranzo (triclinium) della domus di via Finamore, nella quale era esposto, fin dal momento del ritrovamento avvenuto nel 1988, il pavimento a mosaico cosiddetto di Ercole ebbro (II sec. d.C.). Sulla parete di fondo sono disposti diversi frammenti di statue marmoree, in prevalenza rinvenuti in scavi condotti all’interno dell’abitato. In posizione centrale è collocata una testa femminile con diadema (metà del I secolo d.C.), forse Livia, moglie di Augusto. Ai lati sono due ritratti, virili, di un giovane di età traianea (inizi del II secolo d.C.) e di un personaggio anziano, della tarda età repubblicana (I secolo a.C.), reso con tratti realistici. A parete sono affiancati due frammenti che componevano una scultura di giovane cavaliere, di tradizione ellenistica: il pezzo, rinvenuto tra i ruderi di un edificio scoperto nelle vicinanze del Museo, doveva far parte della decorazione di una domus.

  • Museo Diocesano d'Arte sacra Sarsina (FC)

    Le collezioni del museo, che ha sede nel Palazzo vescovile, comprendono arredi liturgici, intagli, tessuti, sculture e dipinti provenienti dalla città e dalla diocesi. Due sale ospitano materiali del XVII e XVIII secolo, tra i quali interessanti paramenti appartenuti ai vescovi di Sàrsina; nella terza sala, un tempo cappella vescovile, si conservano importanti dipinti di scuola marchigiana e bolognese del XV e XVI secolo, già in chiese della zona non più officiate o isolate. Nella quarta sala, entro teche, argenterie sacre e manufatti artistici del XVIII-XIX secolo.

  • Basilica Concattedrale di S. Vicinio Sarsina (FC)

    Cattedrale di struttura romanica (sorta probabilmente in età bizantina, venne rifatta verso il Mille e in seguito più volte rimaneggiata), che conserva nella facciata tracce evidenti di un portico demolito; sul sagrato, cippi funerari, colonne e capitelli romani. L'interno è a tre navate, del quale sono state rimesse in luce strutture originarie. In fondo alla navata destra, la settecentesca cappella di S. Vicinio, che conserva le spoglie del santo eremita, primo vescovo di Sàrsina (secolo IV-V), e un collare ritenuto strumento di penitenza del santo; all’altare, Madonna col Bambino e S. Vicinio dello Scarsellino; alle pareti, quattro dipinti illustranti Miracoli di S. Vicinio di Michele Valbonesi. Nel presbiterio, alla parete destra, La messa di S. Gregorio di un discepolo del Cignani; a sinistra, la fronte di un marmoreo ambone romanico, coi simboli degli evangelisti, adibita a leggio; nel paliotto dell’altare maggiore, bassorilievo altomedievale raffigurante Cristo in trono affiancato dagli arcangeli Michele e Gabriele.

  • Piazza Plauto Sarsina (FC)

    Corrispondente al Foro della città romana, di cui è riconoscibile, alle spalle degli edifici del lato breve settentrionale, un tratto della pavimentazione a grandi lastre in marmo di Verona. Di un edificio paleocristiano a trichora (che doveva prospettare sul lato est del Foro) sono stati messi in luce i resti di due absidi contigue (visibili dalla via Aurigemma); sulla più completa di queste è superstite una struttura laterizia ad andamento esterno poligonale, che testimonia una riutilizzazione del monumento in età bizantina. Sulla piazza prospetta la Cattedrale (S. Vicinio), di struttura romanica. A destra della Cattedrale è il Palazzo vescovile, sede del Museo diocesano d’Arte sacra. Nella via Guerrin Cappello (che inizia dal lato sud della piazza), al N. 32 un edificio medievale molto rimaneggiato è tradizionalmente indicato come la casa di Plauto.

  • Sarsina Sarsina (FC)

    Situata su di un ripiano in posizione aperta e dominante il corso del fiume, Sàrsina m 243, ab. 3.386, è oggi importante centro agricolo e industriale della media valle, nonché Bandiera Arancione del Touring. L’abitato antico si dispone con pianta compatta intorno alla piazza principale, mentre le espansioni hanno occupato le pendici a nord. Fondata da popolazioni umbre, capoluogo delle tribù occupanti il versante settentrionale dell’Appennino, nel 266 a.C. fu conquistata dai Romani. Divenne municipio dopo la guerra sociale, con ampia giurisdizione territoriale. Vi nacque verso il 254 a.C. il commediografo latino Plauto, nel cui nome ogni anno la cittadina allestisce una stagione teatrale (Plautus Festival). I resti della cinta muraria bastionata ricordano la Sàrsina medievale che acquistò grande importanza come sede di diocesi (dal IV secolo).

  • Lago di Quarto Sarsina (FC)

    A m 317, bacino artificiale (per produzione di energia elettrica) creato nel 1925, che si presenta come una vasta distesa di canneti con alcune esili lame d’acqua poco profonda.

  • Castello di Corzano Bagno di Romagna (FC)

    Pittoresche rovine del castello di Corzano, che appartenne al monastero di Camàldoli, poi fu dei Guidi (1220-1404) e di Firenze, e venne distrutto nel 1527 dalle milizie di Carlo di Borbone dirette al Sacco di Roma. Ne restano tratti di cortine, il rudere del maschio, due cisterne.

  • San Piero in Bagno Bagno di Romagna (FC)

    A m 462 (sede del Comune di Bagno di Romagna, ab. 5783), negli ultimi due secoli rinomata sede di mercati e di fiere, e oggi apprezzata stazione climatica. Il segno stilistico che connota gran parte dell’edilizia del borgo storico testimonia la prevalenza dell’influsso toscano, importato dalla borghesia granducale tra i secoli XVI e XVIII. In fondo alla piazza Salvador Allende, una strada di 1 km c. conduce al colle (m 676) sul quale sorge l’ottocentesco santuario della Madonna di Corzano, nei pressi del quale svettano le pittoresche rovine del castello di Corzano.

  • Santuario della Madonna di Corzano Bagno di Romagna (FC)

    Ottocentesco santuario della Madonna di Corzano che conserva un affresco di scuola romagnola del secolo XIV e un dipinto (Ultima cena) di Giovanni Stradano.

  • Bagno di Romagna Bagno di Romagna (FC)

    A m 492, fiorente centro termale, noto per le sue acque calde (mediominerali, bicarbonato-alcaline-solfuree, sgorganti a 45°), apprezzate fin dall’età romana, e borgo montano profondamente marcato dalla lunga dominazione medicea. È Bandiera Arancione del TCI. In epoca romana la località fu nota col nome di Oppidum Boiorum o Oppidum Balnei, nome poi mutato nel Medioevo in quello di Castrum Balnei. Nel secolo XI fu feudo dei signori di Valbona e nel XII dei Guidi di Modigliana; il ramo qui dominante si chiamò in seguito dei conti di Bagno; nel 1404 se ne impadronì Firenze, di cui fu ottimo caposaldo in terra di Romagna. Nella parte più elevata dell’abitato, intessuta da strette e sinuose viuzze, sono ancora riconoscibili alcuni tratti della cinta di mura costruita dai Guidi nel secolo XIV, con un bastione circolare e una torre (forse il mastio della rocca). Poco conservate invece le fortificazioni erette dai Fiorentini a difesa del borgo e della pieve di S. Maria.

  • Basilica di S. Maria Assunta Bagno di Romagna (FC)

    Basilica già dei Camaldolesi, eretta (forse sulle rovine di un tempio pagano) nella seconda metà del secolo IX, trasformata nelle forme attuali nel XV, restaurata e un poco alterata nel 1874; la facciata, dove spicca il notevole portale quattrocentesco, mantiene talune parti della originaria costruzione romanica. La basilica fa parte di un percorso espositivo denominato Museo d’Arte sacra, che comprende altre due sedi all’interno del borgo medievale: la Canonica della parrocchia di Bagno di Romagna, dove sono conservate numerose opere e arredi liturgici, e l’oratorio della Madonna del Carmine, che ospita due presepi napoletani. Alcune pregevoli opere d’arte custodite in questo polo museale, particolarmente di scuola toscana dei secoli XV e XVI, ne rendono consigliabile la visita. La basilica è a una navata, di eleganti forme fiorentine, senza transetto e con sei cappelle per lato, alcune introdotte da un’inquadratura in arenaria scolpita. Al 1° altare destro, Crocifisso ligneo del Maestro di Bagno di Romagna; al 2°, Natività del Maestro del Tondo Borghese; tra il 3° e il 4°, Madonna col Bambino e santi, affresco quattrocentesco proveniente dal palazzo dei conti Guidi, di scuola toscana (1410 c.); nell’ultima cappella, statua in terracotta raffigurante S. Agnese di Andrea di Marco della Robbia. Nel coro, *Assunta e santi, pregevole trittico di Neri di Bicci (1468); sulla sinistra del coro, Madonna col Bambino di scuola senese del Trecento, e alla sinistra di questa, S. Romualdo e cinque monaci, affresco di Andrea Sacchi. Nella 3a cappella sinistra, alla parete sinistra, tabernacolo in pietra a bassorilievo, opera fiorentina della scuola di Giuliano da Maiano (di fronte, imitazione in legno); nella 2a, immagine ritenuta miracolosa della Madonna, rara xilografia colorata quattrocentesca; alla parete d., Annunciazione, riferibile all’ambiente di Lorenzo di Credi; nella 1a, *Madonna col Bambino e i Ss. Giovanni Battista ed evangelista, notevole pala della scuola di Andrea del Sarto. Segue il battistero (secolo XV), sopra il quale è un dipinto (I misteri dolorosi del Rosario) di Jacopo Vignali.

  • Terme di Bagno di Romagna Bagno di Romagna (FC)

    I trattamenti termali (acque alcaline bicarbonato sulfuree) sono svolti presso il Roseo Euroterme Wellness Resort e presso l’Hotel delle Terme Santa Agrese. Nell’area di quest’ultimo sono stati rinvenuti e resi visibili al pubblico alcuni interessanti resti archeologici riferibili a un complesso legato al culto del- le acque salutari e consistenti in un rocchio di colonna e un capitello tuscanico; nell’edificio dell’amministrazione sono visibili una base di colonna e un lungo tratto di muratura in arenaria del I-II secolo. Sempre da quest’area provengono un centinaio di monete romane e un bronzetto di offerente (esposto nel Museo archeologico di Sàrsina).

  • Palazzo del Capitano Bagno di Romagna (FC)

    Palazzo dei conti Guidi, divenuto poi palazzo del Capitano, sede dei governatori fiorentini, e oggi di iniziative e manifestazioni culturali e artistiche; vi è ospitato anche il Centro visite del Parco delle Foreste casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Di struttura, allo stato odierno, cinquecentesca, conserva murati nella facciata numerosi stemmi di capitani della Repubblica fiorentina e di gonfalonieri del granducato mediceo.

  • Verghereto Verghereto (FC)

    A m 812, ab. 1.792, graziosa località di villeggiatura estiva, che ebbe una certa importanza nel Medioevo per la sua posizione sulla strada di valico tra Romagna e Umbria. Ebbe incremento da un’abbazia fondata nel 987 da S. Romualdo, incorporata poi (1511) all’eremo di Camàldoli. Nel territorio fiorì anche l’abbazia benedettina del Trivio, fondata nel secolo XI, ubicata alle pendici sud-occidentali del Monte Fumaiolo, di cui non resta traccia.

  • Montecoronaro (Valico di) Verghereto (FC)

    Una delle più marcate selle dell’Appennino settentrionale, caratterizzata da singolari forme di erosione che conferiscono al paesaggio un aspetto vagamente lunare, a cui sovrasta il villaggio omonimo.

  • Montecoronaro Verghereto (FC)

    A m 882 presso il valico di Montecoronaro, fu alternativamente possesso dei Guidi, dell’abbazia del Trivio e dei Fiorentini; in cima al villaggio sono visibili i resti del castello.

  • Balze Verghereto (FC)

    A m 1081, ben attrezzata località di soggiorno estivo e invernale (impianti sciistici sul Monte Fumaiolo), in bella posizione su un pendio prativo, al piede di affioramenti rupestri; nella parrocchiale, terracotta smaltata policroma con la Madonna col Bambino e due santi, che ricorda una miracolosa apparizione; l’opera è attribuita a Benedetto Buglione, artista di scuola robbiana.

  • Alfero Verghereto (FC)

    A m 670, tranquilla località di villeggiatura tra pascoli e boschi presso il monte Fumaiolo. Su uno sperone di arenarie a strapiombo sul torrente Alferello è il castel d’Àlfero, ancora recinto sul lato sud da mura medievali e che conserva pittoreschi rustici edifici del periodo della dominazione fiorentina.

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
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