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L’itinerario si sviluppa lungo i bacini montani del fiume Lamone e del torrente Marzeno. Il primo, l’antico Anemo di Plinio, nasce in territorio toscano presso la colla di Casaglia, attraversa Marradi, tocca Brisighella e bagna Faenza, da dove, arginato, solca la pianura e sfocia in mare tra Casalborsetti e Marina Romea.
L’abbondante apporto torbido del fiume, dovuto all’erodibilità del bacino di circa 500 km2, è servito per oltre un secolo (1840-1960) a riempire le casse di colmata a nord-ovest di Ravenna.
Alle porte di Faenza il Lamone riceve il torrente Marzeno, formato dalle acque dei torrenti Acerreta e Tramazzo, con sorgenti nell’alto Appennino tosco-romagnolo, che si uniscono all’Ibola presso Modigliana.
Il suo bacino è di circa 220 km2. Il percorso, con partenza e ritorno a Faenza, interessa un territorio attualmente smembrato in un groviglio di ripartizioni politico-amministrative (due regioni, tre province), pur essendo per molti aspetti (organizzazione economica, movimenti della popolazione, iniziative consorziali) gravitante intorno al capoluogo faentino.
Si utilizza la ex statale 302, Brisighellese Ravennate, e tratti di provinciali di buona percorribilità; la prima, che risale il fondovalle del Lamone ricalca il tracciato di una strada romana, come testimoniato dai toponimi riferiti alle distanze miliari da Faenza.
Brisighella, Marradi, Tredozio e Modigliana sono centri di interesse storico e ambientale, e la ricca trama viaria che da essi si dirama consente di portarsi in breve sui percorsi panoramici dei versanti montuosi.
Villa Case Grandi o Ferniani conserva la raccolta di ceramiche della fabbrica Ferniani. Il vasto parco comprende anche la vicina villa Emaldi (location per eventi).
La neoclassica Villa Laderchi, detta villa Rotonda (Giovanni Antonio Antolini), ha saletta dipinta a pergolato da Romolo Liverani.
Sul colle di Persolino esplorazioni archeologiche dell’inizio del XX secolo e scavi condotti dal 1958 hanno rivelato una straordinaria sequenza di insediamenti, dal Paleolitico inferiore a età romana. Sono visibili le fondazioni in ciottoli di un probabile *tempietto etrusco, cui furono sovrapposte le strutture di una villa romana della fine del II secolo a.C. (i materiali sono sia presso l’Istituto professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente Persolino-Strocchi, sia in deposito al Museo archeologico di Faenza).
Le terme di Brisighella, ubicate lungo la riva destra del Lamone, a valle dell’abitato storico, utilizzano le acque della sorgente del Colombarino, sulfuree, e quelle della sorgente Igea Val d’Amone, salso-iodiche.
Chiesa di S. Maria degli Angeli o dell’Osservanza (1518-25), preceduta da un portico; sopra il portale, l’Assunta, lunetta in terracotta di Giuseppe Rosetti. Sulla sinistra, nella cappella della deposizione, dello stesso, pannelli in ceramica raffiguranti la vita di S. Francesco. Nell’interno, con stucchi del 1634, sopra il 1° altare destro, statue di Girolamo Bacchi e di sua moglie Osanna, committenti della chiesa; nel presbiterio, a destra Madonna col Bambino e S. Giovanni del secolo XVI; nel coro, *Madonna col Bambino in trono, angeli e santi e, nella lunetta, il Padre Eterno, tavola di Marco Palmezzano (1520) entro cornice originaria.
Nella centrale piazza Carducci sorge la collegiata, progettata dal fiorentino Gherardo Silvani (secolo XVII). Nell’interno, a croce greca, si conservano due pale di grande pregio, una del Guercino (S. Francesco e S. Ludovico che ‘incorniciano’ una tavoletta della Madonna col Bambino; di proprietà del Comune in deposito temporaneo) e una di Marco Palmezzano (Epifania e nella lunetta Disputa nel Tempio, 1514); altre opere interessanti sono due dipinti di G.B. Bertucci, S. Giorgio e S. Rosa da Lima, un Crocifisso ligneo del XVI secolo, S. Michele, copia da Guido Reni, forse della sua bottega, collocato dietro l’altare maggiore, una Madonna delle Grazie, pregevole tavola del ’400; nel battistero, vasca marmorea (1547) con lo stemma dei Malatesta.
Detta anche via del Borgo, caratteristica strada sopraelevata e coperta, illuminata da mezzi archi di varia ampiezza, affacciati sulla strada sottostante. In epoca medievale ospitava le abitazioni dei birocciai (carrettieri) e le stalle per asini e muli.
Edificio neoclassico, dove nella sala consiliare sono un camino quattrocentesco con lo stemma dei Manfredi e un tondo in maiolica con festone di frutta, in stile robbiano.
Allestito all’interno delle torri della Rocca. In quella nord-orientale, nei tre piccoli ambienti circolari sovrapposti sono distribuiti pannelli con immagini riferite alla vita dell’uomo nella Vena del Gesso nelle diverse fasi storiche; nell’ambiente superiore, più ampio, sono esposti entro vetrine i reperti più significativi rinvenuti in grotte, cave e altri luoghi (grotta dei Banditi, cava della Lucerna, castello di Rontana eccetera). Nel torrione sud-orientale, o torre Veneziana, sono stati allestiti due ambienti con ricostruzioni di mobili e suppellettili in stile medievale, che suggeriscono i modi di vivere nella Rocca.
Dall’estremità sud-ovest dell’abitato la carrozzabile per Riolo Terme conduce in erta salita alla Rocca. Eretta nel 1310 da Francesco Manfredi sui resti di una precedente, risale nell’aspetto attuale ai lavori promossi nel 1457-66 da Astorgio II Manfredi. Restaurata negli anni ’60 del Novecento, consta di due torri cilindriche (la maggiore fu aggiunta dai Veneziani nel 1503) e di un cortile cinto da massicce mura, alla cui estremità si aprivano i cunicoli sotterranei. All’interno delle torri ha sede il Museo «L’uomo e il Gesso».
A m 115, ab. 7.303, principale centro della bassa valle del Lamone, cresciuto sulla sinistra del fiume ai piedi di tre spuntoni di selenite sui quali sorgono la torre dell’Orologio, la Rocca e un santuario mariano. Oltre a essere mercato di prodotti agricoli conta iniziative industriali e commerciali, ed è frequentata stazione termale. Ricercata è la produzione dell’olio, che offre l’occasione per un’escursione di 7 km tra le colline appenniniche lungo il sentiero dell’Olio. Il borgo è Bandiera Arancione del Touring Club Italiano. Gli scavi archeologici condotti nella grotta della Tanaccia attestano la presenza di antichi abitatori tra il Neolitico e l’età del Bronzo, con frequentazione anche nell’età del Ferro e in epoca romana (materiali presso il Museo di Scienze naturali di Faenza). La zona fu poi occupata dai Celti (Galli) come testimoniano alcuni toponimi. Le origini del Castrum Brasichellae sono incerte: se le prime memorie risalgono al 1178, la fondazione dell’abitato viene comunemente attribuita a Maghinardo de’ Pagani da Susinana che verso la fine del XIII secolo, distrutto il castello di Baccagnano sulla sponda opposta del Lamone, fece erigere una torre (dove è oggi quella dell’Orologio) contro Francesco Manfredi, signore di Faenza. Alla signoria manfrediana subentrò nel 1500 quella di Cesare Borgia; dopo la breve dominazione della Serenissima (1503-9), fu annessa allo Stato della Chiesa.
Compresa all’interno del Parco regionale della Vena del Gesso romagnola, raggiungibile a piedi e percorribile per circa 500 m con guida. La Vena del Gesso è un affioramento che si sviluppa per 25 km e ha una larghezza media di km 1,5.
Bosco di 43 ettari attrezzato alle falde del monte di Rontana, sul fianco del rilievo si aprono numerose doline.
A breve distanza dalla Rocca, una strada sterrata raggiunge la torre dell’Orologio, costruita da Maghinardo de’ Pagani nel 1290, rifatta nel 1850. Una campana del 1408 porta il nome di Astorgio III Manfredi.
Modesto edificio tra gli alberi del Parco regionale della Vena del Gesso romagnola. A destra dell’ingresso, un capitello antico adibito ad acquasantiera.
Pieve di S. Giovanni in Ottavo, o del Tho, cosiddetta perché sorta all’ottavo miglio da Faenza, lungo la strada che univa l’Emilia all’Etruria. La bella costruzione è uno dei monumenti di età romanica meglio conservati del Ravennate, e uno dei più antichi (la prima memoria risale al 909), con campanile retrostante che conserva la bifora originale. Venne edificata in corrispondenza di una villa urbano-rustica di età romana e di un sepolcreto tardo-antico. Venne riedificata in varie fasi a partire dal XII secolo, con il reimpiego di materiali lapidei; è stata restaurata nel 1931-32. L’interno è a pianta basilicale, a tre navate divise da colonne di granito orientale con alcuni capitelli e frammenti provenienti da edifici romani. A destra, accanto alla 1a colonna, capitello corinzio utilizzato come acquasantiera; di fronte, la Madonna della Melagrana, opera in cotto policromo di scultore toscano della prima metà del secolo XV; nel fusto della 4a colonna destra, iscrizione miliaria che ricorda gli imperatori Valente, Graziano e Valentiniano. Nella navata destra, piccola targa funeraria in maiolica faentina datata 1592. Nel fronte dell’altare è stata collocata in guisa di paliotto la lunetta in pietra serena raffigurante Gesù tra croci, palme, angeli e pecore (secolo IX-X), già murata all’esterno sopra il portale. Nel sesto sottarco destro e nella fronte dell’unica abside, a sinistra, due Madonne, affreschi dell’inizio del secolo XV. Dal 2014 è possibile visitare la suggestiva cripta risalente alle fasi più antiche della costruzione grazie a un nuovo percorso di visita articolato nei diversi ambienti sotterranei. Il percorso è arricchito da pannelli che ne narrano storia e vicende e dall’esposizione dei materiali di epoca romana e medievale rinvenuti nel corso degli sterri degli anni ’50 e ’60. Si segnalano una transenna di età romana, plutei alto-medievali, un capitello-imposta e la ricostruzione di una tomba alla cappuccina.
Grandiosa costruzione edificata su progetto di Pietro Tomba (1822-32); la chiesa custodisce pale di Gaspare Mattioli.
In un campo lungo la statale (località Strada Casale) sono stati portati alla luce i resti di un edificio romano (tratti di pavimento in opus spicatum, dolî fittili), probabilmente una stazione itineraria (mansio) lungo la strada appenninica da Faenza a Firenze.
Esplorazioni archeologiche, a partire dal 1963, hanno rivelato nel podere Ospedale una notevole necropoli dell’età del Ferro (VI e IV secolo a.C.), per un totale di sessanta tombe, parzialmente comprese in un recinto circolare. Tra i corredi, in parte esposti al Museo nazionale di Ravenna, compaiono vasi attici di importazione. La parrocchiale conserva tratti dell’originaria costruzione risalente ai secoli XII-XIII.
A m 328, ab. 3.029, dall’XI secolo feudo della badia del Borgo che, venduto nel 1260 ai Fiorentini, a questi definitivamente rimase dal XVI secolo dopo l’occupazione di Niccolò Piccinino (1440), quella di Caterina Sforza e una breve parentesi veneziana. In riva sinistra del Lamone è la chiesa arcipretale (parti di un polittico con Madonna, S. Lorenzo e S. Giovanni, di scuola toscana del Quattrocento), con a fianco la casa che fu del poeta Dino Campana (lapide), dal pittoresco giardino; in riva destra, il nucleo storico, disposto su livelli diversi, con piacevoli effetti scenografici e vecchie case.
L'antica badia del Borgo (S. Reparata), ricostruita nel 1741, conserva il campanile romanico a due piani di bifore con campane secolari. Notevoli, di un anonimo ghirlandaiesco della fine del Quattrocento: al 1° altare sinistro, S. Sebastiano, S. Antonio abate e S. Lucia; in sagrestia, S. Giovanni Gualberto, Madonna della Misericordia, e, sopra l’altare, Madonna col Bambino e santi (nel paliotto, S. Reparata).
Suggestiva cascatella dove le acque del Lamone scendono con una serie di salti. Nei pressi, in corrispondenza dell’omonimo mulino, un grande ammasso di stratificazioni marnoso-arenacee del Miocene documenta un’antica frana (forse altomedievale) che ostruì il corso d’acqua e creò un laghetto.
A m 913, valico d’accesso al Mugello, tra distese prative alle quali succedono nude stratificazioni marnoso-arenacee.
Al valico della Collina, sul crinale fra i torrenti Acerreta e Tramazzo, sorge tra pini e abeti la villa Collina (location per matrimoni), con una raccolta di sculture, pitture e acqueforti di Giuseppe Graziosi.
A m 334, ab. 1.159, fu feudo dei conti Guidi di Romena e di quelli di Dovàdola, menzionato in un diploma imperiale del 1164. Conserva la parrocchiale di S. Michele originaria del secolo XIII. Costeggiandone il fianco destro si scende al torrente, in prossimità del quale è il mulino di S. Michele, che risalirebbe al secolo XIV. In riva opposta del Tramazzo, lungo la via principale, sono di qualche interesse il palazzetto Bonaccorsi, con bella porta intagliata, e l’oratorio di Piazza o della Compagnia, con un’Annunciazione di scuola toscana della fine del Quattrocento.
Originaria del secolo XIII; in parte ripristinata nelle forme medievali, possiede un Crocifisso su tavola di scuola riminese del Trecento.
A m 185, ab. 4422, preceduta dai ruderi della Roccaccia. Alla confluenza dei torrenti Acerreta, Tramazzo e Ibola, che riuniti formano il Marzeno, è vivace centro di industrie, caratteristico per i molti ponti e interessante per il tono ambientale del nucleo storico. È forse il Castrum Mutilum ricordato da Livio, ove nel 204 a.C. i Galli sconfissero il console romano Caio Appio. A lungo soggetta agli esarchi e agli arcivescovi di Ravenna, poi feudo dei Guidi (che ebbero il titolo di conti di Modigliana), si pose nel 1377 sotto il protettorato di Firenze, di cui seguì poi le sorti. Vi nacque nel 1826 il pittore Silvestro Lega. Nel 1850 ebbe da Pio IX la sede vescovile.
Ruderi quattro-cinquecenteschi della Rocca che fu dei Guidi, grandiosi su uno scosceso affioramento marnoso-arenaceo.
Ex palazzo del Pretorio, poi dei conti Guidi, di tipologia duecentesca nel nucleo centrale, ornato nell’atrio degli stemmi dei podestà fiorentini. È sede della Pinacoteca «Silvestro Lega» e della biblioteca Don Giovanni Verità, con manoscritti, incunaboli e l’archivio storico del Comune.
Intitolata al genius loci il pittore macchiaiolo modiglianese, fu inaugurata nel palazzo del Pretorio nel 1999. La collezione permanente si compone di quattro nuclei fondamentali: quadri di Silvestro Lega (Ritratti di Giuseppe Garibaldi, di Giovanni Verità, di Mazzini morente); la donazione Michele Campana (opere di fine XIX-inizio XX secolo: Annibale Gatti, Guglielmo Micheli, Armando Spadini, Carlo Servolini); le opere provenienti dal Premio Lega, testimone dei movimenti di avanguardia degli anni ’50 e ’60 (Getulio Alviani, Concetto Pozzati, Plinio Mesciulam) e una raccolta di dipinti di proprietà civica (anni ’50-’80, in cui emergono Emilio Vedova e Dino Buzzati).
Ha sede nella casa di don Giovanni Verità, rifugio di Garibaldi durante la fuga (agosto 1849) verso le coste tirreniche. La sezione risorgimentale documenta l’attività della ‘trafila’ locale, impegnata a far attraversare il confine col Granducato di Toscana a Giuseppe Garibaldi e ai patrioti in fuga dalla Legazione pontificia. Sono esposti documenti e cimeli e la camera da letto che accolse il fuggiasco Giuseppe Garibaldi e che lo ospitò anche quando tornò nell’ottobre del ’59, a salutare l’amico. La sezione Resistenza 1918-45 dedica una sala ai caduti modiglianesi dei due conflitti mondiali, alla dittatura fascista e alla Resistenza nei territori di Modigliana e Tredozio, attraverso un percorso fotografico, didascalico e multimediale. La sezione Pia Tassinari è allestita in una sala arredata come un salotto del primo Novecento, ambientazione suggestiva per i cimeli di questa cantante lirica modiglianese (1903-95). Seguono la sala delle armi della prima e della seconda guerra mondiale, e la sezione archeologica (nella cantina-dispensa di don Giovanni Verità): ascia martello celtica, bronzetti, fibule a navicella, monete romane.
Convento fondato nel 1548 (di stretta clausura), con chiesa barocca del 1746 (G.B. Boschi) che, decorata di stucchi del ticinese G.B. Verda, conserva una bella Deposizione della cerchia di Alessandro Tiarini.
La concattedrale di S. Stefano, rinnovata nel 1764 da G.B. Boschi, ha un interno a tre navate con a destra Annunciazione, tavola di Francesco delle Querce (1533); nell’abside una tela di Paolo Cignani; nelle nicchie dei pilastri statue di Carlo Sarti (1769).
Torrione semicilindrico delle mura alzate nel secolo XV-XVI, affiancato da due campaniletti e sormontato da un’edicola con la statua della Madonna col Bambino di Clemente Molli (1678). Sottopassandola, si entra nella caratteristica città vecchia.
Chiesa romanica, con facciata ricostruita. Nell’abside, affreschi di scuola romagnola di fine Duecento; nell’arco trionfale, resti di un Giudizio universale del 1360 circa, di un artista vicino ad Andrea da Bologna.