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Il territorio montano del Cesenate abbraccia il bacino del fiume Savio e nella sua parte collinare quelli dei minori torrenti Uso e Fiumicino, al secondo dei quali un’errata identificazione degli anni ’30 del Novecento ha dato il nome, tuttora usato, di Rubicone.
L’Appennino cesenate è geologicamente più mosso e tormentato di quelli giacenti a nord ovest; i terreni miocenici, che a O di Forlì non si incontrano a meno di 13-15 km dalla Via Emilia, qui si affacciano direttamente sulla pianura, sostenendo la parte meridionale dell’abitato di Cesena.
Arenarie della formazione marnoso-arenacea e strati di gesso sono stati compressi in una serie di strette pieghe, tagliate dalla valle del Savio. Tra questo e il Rubicone, un pacco’ di argille plioceniche con intercalazioni arenacee copre tali strutture: ne vediamo gli effetti sotto forma di argille scompaginate e caotiche a SE di Cesena (Roncofreddo, valle del Pisciatello), a Sogliano al Rubicone, Montegelli, Rontagnano, Mercato Saraceno.
Due le emergenze montuose più rilevanti, geologicamente alloctone: il M. Còmero, fatto di arenarie dell’Oligocene, e il M. Fumaiolo (che ha la forma di un’isola circondata da falesie rocciose, poggiante su un ‘mare’ di argille), costituito da due distinte unità mioceniche, una inferiore calcarea, e una più evidente formata da calcareniti verdastre.
Ad accelerare i fenomeni di dissesto nelle valli cesenati ha contribuito, qui come nelle valli adiacenti, la prolungata e massiccia azione di diboscamento: in collina sono radi i resti di boscaglia di roverella sui pendii più ripidi; in montagna, sino ai 900 m, il castagneto si è spesso sostituito ai querceti misti, e sulle giogaie più elevate le faggete sono spesso degradate e ridotte a ceduo.
Le uniche aree ove il faggio forma dei boschi discreti sono quelle sul versante N del gruppo che culmina nel M. Fumaiolo e in qualche sezione della giogaia appenninica.
Territorio umbro in epoca preromana, il Cesenate assunse una rilevante importanza in età romana, sia per la presenza di una città federata come Sàrsina, sia perché la valle del Savio fu usata come via di comunicazione tra la odierna Romagna e le regioni medio-peninsulari.
Lo spopolamento delle zone montane e collinari iniziatosi nella prima metà del Novecento e la conseguente riduzione della pressione demografica consentono ora un processo di riorganizzazione agricola e una ricostituzione delle aree boscate.
Nuove risorse – in particolare il turismo di ambito regionale – tendono a rivitalizzare l’economia di tutta l’area, mentre, per effetto della costruzione della strada a scorrimento veloce E7, tra la pianura padana e la valle del Tevere, i centri della valle del Savio si trovano inseriti in un ampio circuito di collegamenti.