La pianura modenese occidentale

In collaborazione con Touring Club

Itinerario circolare che inizia nella parte occidentale della provincia di Modena e si svolge nella bassa pianura, raggiungendo il confine con le terre dell’Oltrepò mantovano. 
Utilizza lunghi tratti delle due statali 413, Romana, e 12, dell’Abetone e del Brennero, e porzioni di strade provinciali per lo più ampie e rettilinee. 

Di particolare interesse i due centri di Carpi e Mirandola, che serbano memorie monumentali e storiche del loro passato di piccole capitali

Elemento di caratterizzazione della geografia della zona è il fiume Secchia (antico Gabelo), che nasce presso il passo del Cerreto fra l’Alpe di Succiso e il Monte La Nuda, e scende assai ripido raccogliendo rii e ruscelli alimentati da laghetti glaciali d’alta quota, sboccando nel Po poco a valle del Mincio. Ha un bacino di circa 1.300 km2 e una lunghezza di oltre 170 km. 

Notevole è il contributo del fiume ad alimentare falde sotterranee, specie nei terreni ghiaiosi e sabbiosi dell’alta pianura. Alti sono i valori di deflusso torbido (intorno a 1.000 m3/km2): un valore che pone il bacino della Secchia fra quelli più erodibili dell’Appennino. 

Buona parte del territorio perlustrato dall’itinerario ricade nell’area del Consorzio della Bonifica Burana-Leo-Scoltenna-Panaro. La zona di competenza del consorzio (200.722 ettari) comprende l’alto bacino imbrifero del Panaro, l’area di pianura tra i fiumi Secchia, Panaro e Po, le aree in destra Panaro appartenenti ai comuni di Nonantola e Ravarino. 

Si tratta di territori in gran parte in provincia di Modena, oltre all’Oltrepò mantovano e al settore più occidentale della pianura ferrarese. In quest’ultima area sono ubicati gli impianti idrovori e le opere idrauliche più notevoli, tra cui la botte Napoleonica (1899), l’impianto di S. Bianca di Bondeno, l’impianto Pilastresi presso la Stellata. 

Tra le opere di distribuzione a uso irriguo, l’impianto più importante è il Sabbioncello, che deriva le acque dal fiume Po. 

Le forti scosse sismiche del maggio 2012 hanno avuto come epicentro Mirandola, cittadina semidistrutta dall’evento, che ancora in gran parte ne mostra i segni. Molto danneggiate anche Novi di Modena, San Possidonio, San Prospero, Soliera, Concordia sulla Secchia.

  • Lunghezza
    84,3 km
  • Campogalliano Campogalliano (MO)

    A m 43, ab. 8.096, è un centro agricolo e di produzione di bilance, raccolto attorno alla parrocchiale di S. Orsola (elegante l’interno neoclassico) e alla piccola torre dell’Orologio, seicentesca. Qui si trova anche il Museo della Bilancia, con esemplari di varie epoche e provenienza. A sud dell’abitato una strada di quasi 5 km, passato il piccolo santuario della Madonna della Sassola (1745), con raccolta di ex voto dipinti dei secoli XVIII e XIX, raggiunge i laghi Curiel, specchi d’acqua artificiali ricavati da vecchie cave di ghiaia e, più avanti, una diga sulla Secchia, manufatto completato nel 1980 per la moderazione delle piene del fiume (altezza m 9, con quattro bocche aventi una luce di m 5 per m 2.5). La diga sottende un bacino entro il quale, in caso di forti piene, si possono invasare 15 milioni di metri cubi d’acqua, delimitato da arginature sviluppate per 8 km.

  • Museo della Bilancia Campogalliano (MO)

    A Campogalliano, in quella che può essere definita la ‘città della bilancia’, il Museo della Bilancia, unico nel suo genere, illustra la storia degli strumenti per pesare (oltre 10.000 reperti tra oggetti e documenti) con esemplari di varie epoche e provenienza. Tra questi una bilancia romana, antiche bilance medievali da mercato, bascule risorgimentali, precisissime bilance da laboratorio del primo Novecento e bilance elettroniche contemporanee. Il museo, strutturato in varie sezioni, è un punto di riferimento importante per i collezionisti.

  • S. Giorgio Modena (MO)

    A Ganaceto, località che ha restituito reperti romani, è custodita all’interno della pieve di S. Giorgio una stele funeraria di un militare della fine del II secolo. La chiesa occupa il sito, leggermente emergente, di un castrum altomedievale; originaria del XII secolo e restaurata nel 1961, conserva la parte absidale romanica, fiancheggiata dal campanile quattrocentesco. Nell’interno, settecentesco, sulla parete della controfacciata, S. Giorgio e il drago, dipinto ottocentesco di Adeodato e Narciso Malatesta; nella 1a cappella sinistra, fonte battesimale ricavato da un’acquasantiera del XII secolo, ornato di arpie e sirene e attribuito al Maestro delle Metope, attivo nella Cattedrale di Modena; nell’abside di destra, Madonna col Bambino e santi, affreschi del ferrarese Maestro degli Occhi Ammiccanti.

  • Castello Campori Soliera (MO)

    A Soliera, mole laterizia con cassero e torri angolari quattrocentesche, che nel piano nobile ospita mostre di arte contemporanea e di fotografia.

  • S. Giovanni Battista Soliera (MO)

    Parrocchiale decorata di stucchi settecenteschi, paliotti in scagliola di scuola carpigiana del ’600 e, tra i dipinti, una Crocifissione con i Ss. Francesco d’Assisi e Francesco Saverio di Francesco Gessi.

  • Soliera Soliera (MO)

    A m 28, ab. 15.368. Preceduta dalla villa Campori, del XVII-XVIII secolo. Borgo a pianta quadrata, già circondato da mura, Soliera fu nel XV secolo della famiglia Pio, poi feudo Campori. La porticata strada principale si apre col castello Campori. Sulla destra è la parrocchiale di S. Giovanni Battista.

  • Santa Croce Carpi (MO)

    Nella frazione Santa Croce m 30, è la settecentesca villa Meloni, con facciata del XIX secolo e parco. Dall’abitato, la strada dei Mulini tocca in successione verso sud una serie di impianti molitori preceduti da portico, distribuiti lungo il canale dei Mulini o di Carpi, paleoalveo della Secchia rettificato dai Pio nel XIV secolo. Gli originari mulini quattrocenteschi furono rifatti nell’Ottocento.

  • Carpi Carpi (MO)

    Circondato da una vasta periferia folta di impianti produttivi piccoli e medi, Carpi m 26, ab. 72.369, è notevole centro industriale, agricolo e commerciale. Il suo nucleo storico, che conserva ben leggibile, all’interno dei viali di circonvallazione, l’impronta rinascimentale del sistema a strade ortogonali, offre molteplici motivi d’interesse, sia sotto il profilo urbanistico, sia sotto quello dell’architettura monumentale. Incerte le origini dell’insediamento: la zona era abitata all’epoca del Bronzo, e recenti scoperte hanno localizzato nelle vicinanze stanziamenti del periodo villanoviano. In età romana il territorio apparteneva alla circoscrizione di Mùtina e anche oggi sono riconoscibili, specialmente a est e a sud, le regolari maglie della centuriazione che percorrono le campagne. La fondazione della chiesa di S. Maria alla metà dell’VIII secolo costituisce la prima traccia di aggregazione del piccolo borgo fortificato, divenuto nel X secolo castello in possesso dei Canossa. Disputato da varie famiglie, nel XIV secolo è dei Bonacolsi, signori di Mantova, e nel 1327 diventa possesso di Manfredo Pio, investito della signoria dall’Impero. Particolarmente significativo per l’assetto definitivo della città fu il governo di Alberto III (dal 1475), principe umanista che si servì dei progetti di ristrutturazione monumentale disegnati da Baldassarre Peruzzi. Nel 1525 Alberto venne spodestato dall’imperatore Carlo V e la città passò agli Estensi, ai quali rimase fino al 1859. A partire dal XVII secolo la cultura cittadina ebbe significative manifestazioni nella produzione artigianale di qualità, come l’arte della scagliola, diffusa da Guido Fassi, vivacissima nel xviii secolo, poi estinta. Negli ultimi secoli Carpi ha avuto soprattutto rinomanza per l’industria del ‘truciolo’ che consisteva nella fabbricazione di cappelli ottenuti dall’intreccio di paglie ritagliate da tronchi di salice o di pioppo; già attiva nel XV secolo, decadde dopo la prima guerra mondiale ed è ora del tutto scomparsa. Dopo l’ultima guerra lo spirito imprenditoriale lo- cale promosse nuove attività manifatturiere, soprattutto industrie di confezioni e maglieria che poi, adeguandosi alle esigenze dei mercati, hanno costruito l’attuale base economica della città, ormai nota a livello europeo. Queste, d’altronde, come anche le altre (meccaniche, della lavorazione del legno, della plastica, alimentari) sono per buona parte responsabili dell’abnorme accrescimento edilizio che ha saldato il centro storico ai borghi un tempo agricoli, creando in tempi brevissimi una cintura periferica priva di qualità progettuale. È consigliabile effettuare la visita della città storica a piedi, lasciando l’auto lungo il circuito di circonvallazione.

  • S. Nicolò Carpi (MO)

    Armoniosa costruzione rinascimentale, eretta nel 1494 per disposizione dei Pio sul luogo di una duecentesca, secondo un progetto che prevedeva uno schema centrale di tipologia lombarda e bramantesca, poi trasformato nel 1516 in longitudinale mediante l’aggiunta delle navate su disegno di Baldassarre Peruzzi. Interessante la veduta che della zona absidale, conclusa da altissimo tiburio ottagonale e da due campanili, si può cogliere retrocedendo brevemente lungo la via Berengario fino al primo varco del portico. L’interno, a pianta basilicale su svelti pilastri, ha decorazione pittorica ottocentesca che ricalca l’originaria cinquecentesca. Sono autografi di Giovanni del Sega, quantunque molto ridipinti, gli affreschi della cupola (Evangelisti e Profeti) e quelli delle quattro cupolette laterali (Sibille). Superbi i paliotti che ornano gli altari. Nella parete di facciata, al centro, Madonna del Rosario, S. Eurosia e S. Vincenzo Ferreri di Antonio Crespi, a sinistra, S. Teresa di Francesco Vellani. Navata destra: 2a cappella, S. Antonio da Padova di Gian Gioseffo Dal Sole; 4a cappella, Annunciazione, tavola di Bernardino Loschi (1528); 5a cappella, S. Nicolò e santi di Antonio Consetti (1744); 6a cappella, S. Rocco, altra tavola di Bernardino Loschi. Nel presbiterio, coro intarsiato di Ercole Meloni (1518), ancona di Vittorio Bigari (1720) e S. Francesco di Albano Lugli. Navata sinistra: nella cappella della testata, Ss. Michele, Francesco di Paola e Onofrio di Louis de la Forest; 5a cappella, ancona in scagliola di Guido Fassi (1633) e Immacolata di Francesco Gessi.

  • S. Bernardino da Siena Carpi (MO)

    Tempio patronale della città, iniziata nel 1605. Nell’interno, a navata unica, ricco di arredi in legno dorato e di paliotti in scagliola: 1a cappella destra, Martirio di S. Lorenzo di Jacopo Palma il Giovane; 2a cappella d., S. Carlo Borromeo di Camillo Procaccini.

  • S. Francesco d’Assisi Carpi (MO)

    Costruita nel 1682 al posto di una duecentesca, ma rimasta incompiuta in facciata. Il terremoto del 2012 ha provocato il crollo di una parte della volta. L’interno, a navata unica, configurato sullo schema della chiesa romana di S. Maria in Campitelli, custodisce: nel transetto destra, Madonna della Rosa di Antonio Alberti e, ai lati, il sarcofago di Marco Pio, di un seguace di Jacopo della Quercia (1418), e il sarcofago di Pietro Pio, pure quattrocentesco; nella cappella invernale, affresco raffigurante la Madonna col Bambino di Giovanni da Modena; nel transetto sinistra, S. Antonio da Padova, capolavoro di Antonio Consetti (1747); nella 1a cappella sinistra, Crocifisso e i Ss. Bonaventura e Margherita da Cortona di Antoine Colomb de Vanel (1765).

  • Chiesa del SS. Crocifisso Carpi (MO)

    Leggiadra architettura rococò, eretta su disegno di Carlo Lugli, con adorna facciata cuspidata, movimentata da ornati; nello scenografico interno, ricco di stucchi, sotto la cantoria di sinistra, Madonna degli angeli di Antonio Begarelli. All’altare maggiore, Deposizione di Bartolomeo Ranzani.

  • Teatro Comunale di Carpi Carpi (MO)

    Adiacente al palazzo dei Pio e fiancheggiato da due cancellate con erme marmoree di personaggi carpigiani, si trova il Teatro comunale, dell’architetto Claudio Rossi (1857-61); pregevole il decoro della sala di Giuseppe Ugolini, a stucchi e allegorie dipinte; il sipario con Orfeo che incanta la natura è dello stesso Ugolini.

  • S. Maria in Castello-La Sagra Carpi (MO)

    La pieve di S. Maria in Castello, detta la Sagra, fu eretta secondo la tradizione a metà dell’VIII secolo da Astolfo re dei Longobardi, e già documentata nel IX secolo. Ricostruita in forme basilicali romaniche nel XII secolo, fu consacrata nel 1184 dal papa Lucio III, ma nel 1515 venne accorciata per due terzi e provvista dell’attuale facciata rinascimentale su disegno di Baldassarre Peruzzi, nella quale venne inserito il portale originario. L’alta torre campanaria, in laterizio, del XIII secolo, di stile lombardo, è aperta da duplice ordine di bifore marmoree e sormontata da quattro pinnacoli e da una cuspide coronata da ghirlanda. L’interno, riportato al nudo aspetto romanico a seguito di restauri ottocenteschi, era in origine lungo 27 m, ridotti dopo la demolizione cinquecentesca a 8, e consiste nell’ultima campata (a tre navate separate da arconi su pilastri cilindrici) e nella zona absidale. Addossato alla parete d’ingresso, ambone del XII secolo, in marmo greco con i simboli degli Evangelisti, attribuito al maestro Nicolò. Nella navata centrale, in alto e sull’arco trionfale, affreschi frammentari del XIII secolo con scene del Nuovo Testamento. Nell’abside maggiore, Epifania, affresco di tipologia bizantineggiante, sempre dell’inizio del XIII secolo, e a destra Assunta, bassorilievo in terracotta del XV secolo della scuola di Jacopo della Quercia. Nella navata destra, sarcofago marmoreo di Manfredo Pio di Sibellino da Capraria (1351). Al posto dell’abside sinistra è la cappella di S. Martino, del XV secolo, decorata da affreschi coevi di Antonio Alberti da Ferrara: nello stipite dell’arcata, Ss. Giacomo maggiore e Cristoforo; nell’intradosso dell’arco, Ss. Flora, Lucia e Agnese; nella parete sinistra, quattro dottori della Chiesa, Adorazione dei Magi e Annunciazione. All’altare, paliotto in scagliola del XVII secolo e Crocifisso ligneo del XV. Per una porticina a sinistra si accede alla cappella di S. Caterina d’Alessandria, pure del XV secolo, completamente coperta di affreschi (storie della Santa e nella volta evangelisti e arcangeli), ritenuti di un seguace di Giovanni da Modena, denominato Maestro della Sagra di Carpi. La chiesa è stata oggetto di ulteriori restauri conservativi nel 1983-85 che hanno portato alla scoperta sotto la pavimentazione della navata centrale dei resti di un fabbricato di epoca romana e delle strutture della probabile cripta della chiesa del IX secolo; attraverso una botola è possibile visitarli.

  • Piazzale Re Astolfo Carpi (MO)

    Oggi appartato rispetto al movimento cittadino, il piazzale Re Astolfo costituisce il nucleo formativo della compagine urbana di Carpi, in origine chiusa da mura. Vi prospettano: l’alto austero fronte del più antico degli edifici che compongono il complesso del castello o palazzo dei Pio, con tracce di finestrature del XIV secolo e merlature tamponate; l’edificio di un ex stabilimento per la produzione del truciolo, l’unico di grande mole rimasto in città (riutilizzato come edificio scolastico), costruito nel 1911 in stile pseudo-quattrocentesco; il Castelvecchio, del XV secolo (pure adibito a scuola), con cornicione adorno di terrecotte e arioso cortile a duplice ordine di arcate su colonne in cotto, e, alla sua destra, la pieve di S. Maria in Castello, detta la Sagra, con alta torre campanaria. Di lato alla torre è il quattrocentesco palazzo della Pieve, poi del Monte di Pietà, lungo il cui fianco sinistro (accesso dal retrostante giardino) sopravvivono arcate su colonne in cotto e resti murari di un edificio precedente (secolo XIII).

  • Palazzo dei Pio Carpi (MO)

    Di fronte al portico Lungo di piazza dei Martiri si distende l’articolato complesso del palazzo dei Pio, detto anche il Castello, insieme di edifici differenziati che costituivano le dimore della famiglia dal XIV al XVI secolo. La lunga facciata rinascimentale del corpo principale (attualmente coperta dai ponteggi per il restauro post terremoto) ha carattere classicheggiante con tracce di affreschi di Giovanni del Sega (dal 1506) che ricoprivano il piano superiore, formato dall’accostamento serrato di nicchie, finestre e paraste. Al centro, seicentesca torre dell’Orologio; all’angolo nord, il cilindrico bastione dell’Uccelliera (1480) e la torre di Passerino Bonacolsi, merlata (1320). All’estremità opposta, isolato, il torrione di Galasso Pio, della metà del XV secolo, ornato di terrecotte e coronato da alti pinnacoli. Dal vestibolo aperto nella torre dell’Orologio si accede all’elegante cortile, esemplato su modelli bramanteschi, con portico sui quattro lati a colonne marmoree adorne di bei capitelli (particolarmente interessanti quelli di sinistra); le decorazioni in cotto sono di ripristino (1874). Nel palazzo, dove alcune sale sono tuttora in avanzata fase di restauro, trovano posto tre esposizioni: il Museo del palazzo, corrispondente all’appartamento nobile, aperto al pubblico nel 2006 con un rinnovato allestimento; il Museo della città dislocato nelle logge che girano attorno al cortile, al secondo piano; il Museo-Monumento al deportato politico e razziale al piano terra.

  • Musei di Palazzo dei Pio-Museo Monumento al Deportato Carpi (MO)

    Nel Palazzo dei Pio si trova il Museo-monumento al Deportato politico e razziale, progettato da Lodovico Belgioioso e inaugurato nel 1973. Vi sono raccolte testimonianze, documenti e cimeli relativi alle deportazioni durante la seconda guerra mondiale; il museo trova ragione nella presenza a Fòssoli (frazione a 5 km da Carpi) dell’unico campo italiano di internamento per prigionieri politici e perseguitati razziali in attesa della deportazione in Germania. Nel cortile, 16 grandi stele in cemento con i nomi dei campi di sterminio nazisti.

  • Musei di palazzo dei Pio Carpi (MO)

    Nel palazzo dei Pio, il Museo del palazzo, corrispondente all’appartamento nobile, è aperto al pubblico nel 2006 con un rinnovato allestimento Saliti al primo piano, il primo ambiente è lo scenografico salone dei Mori con affreschi di carattere prospettico di Giovanni del Sega (1506), restaurati su due pareti e distribuiti su tre registri: in quello centrale della parete sinistra, si riconoscono Marsia e Venere, nella parete di fronte, una città ideale; nel registro superiore gira un fregio cosiddetto ‘a tralcio abitato’. A destra è la *cappella, prezioso ambiente rinascimentale formato da una navatella e dal presbiterio quadrato sormontato da cupola su pennacchi. Le superfici furono affrescate da Jacopo e Bernardino Loschi, pittore di corte di Alberto Pio, all’inizio del XVI secolo secondo modelli mantegneschi: nella navatella episodi della vita di Cristo, nel presbiterio storie della vita di Maria; a destra dell’altare, Alberto Pio con alcuni familiari e personaggi di corte. Nelle lunette della navatella, Evangelisti in terracotta invetriata di Andrea della Robbia. Il pavimento, maiolicato, fu ricostruito nel restauro sulla base di un’unica mattonella superstite. Si passa nella Stanza del Forno, con camino, soffitto cassettonato ligneo del XV secolo e resti di un fregio affrescato del XVI; gli affreschi strappati in esposizione, che originariamente ricoprivano l’esterno del palazzo, furono eseguiti da Giovanni del Sega tra il 1506 e il 1518. La saletta conserva frammenti di affresco a soggetto vegetale nella parte superiore; alle pareti dipinti su tavola di Bernardino Loschi e del pittore veneto Vincenzo Catena: sua l’Annunciazione che proviene dalla scomparsa chiesa di S. Maria dei Bastardini. La sala loschi prende il nome dal pittore di corte, nativo di Parma, giunto a Carpi alla fine del Quattrocento al seguito del padre Jacopo pure pittore: sono esposti una Natività dipinta per la chiesa di S. Nicolò, un affresco pure della Natività strappato dalla pieve della Sagra, l’affresco con S. Nicola da Tolentino proveniente dall’omonima chiesa scomparsa. La sala ornata, detta anche del Principe, reca affreschi parietali a prospettive di Bernardino Loschi: in un finto loggiato scorciato, sono raffigurati contro un cielo azzurro putti alati che reggono ghirlande di fiori e frutti, di ispirazione mantegnesca; prezioso il *soffitto intagliato e dorato con figure fantastiche. Stanza dei Trionfi: le pareti presentano affreschi di tale soggetto petrarchesco, realizzati in occasione delle nozze di Lionello Pio con Caterina Pico negli anni 70 del Quattrocento; la traduzione pittorica del poema petrarchesco I Trionfi è un omaggio nuziale alla sposa; infatti due delle pareti furono affrescate con il Trionfo dell’Amore e il Trionfo della Castità. L’attigua sala dell’Amore ha camino quattrocentesco e soffitto cassettonato dipinto; alle pareti, come nella sala precedente, labili tracce di affreschi molto deperiti del tardo XV secolo di ambito ferrarese, raffiguranti dame che danzano e cavalieri impegnati in un torneo. Sala Ugo da Carpi, celebre intagliatore di caratteri e illustrazioni per la stampa; questa e la successiva sala sono incentrate sui temi della straordinaria invenzione dell’incisione a chiaroscuro e la xilografia italiana del Cinquecento, e sulla diffusione della stampa a Carpi da Aldo Manuzio all’Ottocento. L’apparato decorativo della grande sala Aldo Manuzio consta di un fregio ‘a tralcio abitato’, integrato dal corteo guidato dal carro del dio Nettuno; alla fase ottocentesca rimanda la ridipintura del soffitto ligneo. La sala Manuzio costituisce il primo nucleo della progettata Pinacoteca che troverà spazio nelle sale del Vescovo e nel Torrione degli Spagnoli, in fase di restauro. Attualmente nella sala sono collocate le opere più importanti della donazione Pietro Foresti: il raccapricciante mito della Vendetta di Progne di Mattia Preti, Allegoria di Jacopo Palma il Giovane, Battesimo di Cristo di Denijs Calvaert.

  • Musei di Palazzo dei Pio-Museo della Città Carpi (MO)

    Contiene importanti collezioni (materiali archeologici, dipinti, scagliole, arredi, ceramiche, e cimeli risorgimentali, fino alla più recente attività imprenditoriale del tessile) attinenti alla storia, all’arte e all’ingegno carpigiani. Il museo raccoglie razionalizzandolo in un rinnovato allestimento ricco di pannelli didascalici illustrati, il patrimonio del vecchio museo civico fondato nel 1898 e inaugurato nel 1914. I loggiati affacciati sul cortile offrono un continuum espositivo articolato in ‘isole tematiche’, che rappresenta la continuità della storia. I materiali archeologici provenienti dal territorio sono databili dall’età del Bronzo (cultura delle terramare, XVI secolo a.C.), gli insediamenti etruschi e celtici, l’occupazione romana, fino all’età tardo-antica, precedente alla fondazione della città avvenuta nel 752 da parte del re longobardo Astolfo. I materiali della sezione della Signoria sono databili tra il Duecento – prima quindi della signoria dei Pio – e i primi anni del Cinquecento, intorno al 1520-1530, quando Alberto III Pio perse Carpi. La produzione artistica del periodo di dominazione estense a Carpi (1527-1859) è caratterizzata nei primi due secoli dalla realizzazione di paliotti in scagliola; la scagliola carpigiana, inventata da Guido Fassi, si diffonde dai primi anni del Seicento a tutto il Settecento con una sua forma caratteristica per impasto e modelli decorativi: il museo possiede un cospicuo numero di tali opere. Uno dei nuclei originari del museo di Carpi è costituito dai cimeli risorgimentali (armi, onorificenze, divise, documenti) appartenuti a personaggi di origine locale che hanno avuto un ruolo nelle vicende dell’Unità d’Italia: Ciro Menotti, Manfredo Fanti e Antonio Gandolfi. Nella sezione del Novecento sono evidenziati l’industria del truciolo (l’artigianato dell’intreccio della paglia per la fabbricazione di cappelli), l’attività dei campi, Carpi tra Resistenza e Liberazione, lo sviluppo industriale della maglieria negli anni Sessanta.

  • Piazza dei Martiri Carpi (MO)

    Vasta piazza, centro della città rinascimentale, allungata nella prospettiva delle case porticate e del palazzo dei Pio e conclusa dalla Cattedrale, in una sintesi, tipicamente padana, di emergenze monumentali rappresentative del potere aristocratico, signorile e religioso. Lo spazio era già strutturato alla metà del XV secolo come nuovo centro della città, fuori delle mura della cittadella, mentre gli interventi urbanistici di Alberto III Pio, all’inizio del XVI secolo, comportarono la definizione dei poli monumentali mediante la costruzione della Cattedrale, della facciata del castello, trasformato in palazzo signorile, e del portico del Mercato del Grano. Il lato occidentale è costruito dalla sequenza delle 52 arcate adorne di terrecotte del *portico Lungo, che sostengono edifici di uguale altezza del XV secolo. Alla metà esatta dello sviluppo del portico il voltone di mezzeria segna una pausa, introducendo la veduta a cannocchiale della via Paolo Guaitoli, disposta in asse con l’ingresso del palazzo. Il lato minore settentrionale della piazza è chiuso dalla cattedrale di S. Maria Assunta. Di fronte al portico Lungo si distende l’articolato complesso del palazzo dei Pio, detto anche il Castello. Accanto al palazzo si trova il Teatro comunale. Sul lato breve meridionale la piazza dei Martiri si restringe a imbuto, fiancheggiata a destra dal portico del Mercato del Grano, elegante loggiato di nove alte arcate con ornati in terracotta, probabilmente progettato da Baldassarre Peruzzi. Di fronte, il Palazzo comunale, costruito da Carlo Lugli (1780) con valenze neoclassiche.

  • S. Maria Assunta Carpi (MO)

    Cattedrale iniziata nel 1514 sulla base di un progetto di Baldassarre Peruzzi, che propose uno schema planimetrico simile a quello da lui elaborato successivamente (1520) per la basilica di S. Pietro in Vaticano. Interrotta nel 1525, venne ripresa nel 1606 e faticosamente completata nel XVIII secolo con la facciata di pesanti linee barocche e l’alta cupola eretta su disegno di Carlo Lugli tra il 1768 e il 1770, mozzata l’anno seguente per timore di crollo. Gli ornati con statue in terracotta di Tommaso Lazzoni, raffiguranti i protettori di Carpi (1680), e il portale marmoreo (1701) furono completati alla metà dell’800. Danneggiata dal terremoto del 2012, è stata riaperta nel 2017. L’interno, a tre ampie navate su possenti pilastri, con transetto, profondo presbiterio e, all’incrocio dei bracci, la cupola, mantiene inalterato il carattere architettonico rinascimentale, solo offuscato dalla decorazione classicheggiante tardo-ottocentesca. Parte degli altari sono decorati da paliotti e ancone in scagliola. Navata destra: 1a cappella, Consegna delle chiavi a S. Pietro di Luca Ferrari; 3a cappella, Martirio di S. Stefano di Giulio Secchiari; 4a cappella, grandiosa ancona in stucco di Antonio Feraboschi (1724); nella nicchia, busto argenteo di S. Valeriano (secolo XVII); 5a cappella, ancona lignea delle Reliquie di Carlo Lugli e Visitazione, tela di Teodoro Ghisi (1579); nella cappella di fondo, ancona in scagliola di Guido Fassi (1629). Nell’abside, coro di Giovanni Papacini (1577); a sinistra, organo di Giovanni Cipri (1555); al centro, entro nicchia, Assunta, statua lignea di Gaspare Cibelli (1515). Navata sinistra: nella cappella di fondo, ancona marmorea su disegno di fra’ Stefano da Carpi (1772); nella nicchia, Redentore di Antonio Begarelli e ai lati Fede e Carità in marmo di Prospero Sogari; 3a cappella, S. Carlo Borromeo di Sante Peranda (1612); 2a cappella, Madonna di S. Luca e i Ss. Nicola da Tolentino e Bartolomeo di Giacomo Cavedoni; 1a cappella, Ss. Giuseppe e Filippo Neri di Matteo Loves. La Cattedrale possiede un ricco tesoro con paramenti e preziose oreficerie dei secoli XVI-XVIII.

  • S. Maria delle Grazie Carpi (MO)

    La chiesa di S. Maria delle Grazie, o di S. Rocco, già cinquecentesca, fu rifatta in eleganti forme barocche bolognesi tra il 1725 e il 1750; l’interno (chiuso al culto) è adibito ad auditorium; nelle cappelle conserva affreschi di G.B. Fassetti. L’adiacente ex convento dei Servi di Maria, ripristinato (1983-88), con grande chiostro porticato settecentesco, è sede dell’istituto musicale cittadino.

  • Convento delle Clarisse Carpi (MO)

    Di fronte al seminario vescovile si stende il convento delle Clarisse, che, fondato nel 1490 da Camilla Pio, conserva di antico un chiostro rinascimentale a due ordini di loggiati su colonne in cotto. L’annessa chiesa di S. Chiara, rifatta in forme neoclassiche nel 1845, custodisce una tavola con l’Adorazione dei pastori, di Giacomo e Giulio Francia.

  • Museo diocesano d'Arte Sacra Carpi (MO)

    Il Museo Diocesano d’Arte sacra «Cardinale Rodolfo Pio di Savoia», inaugurato nel 2008, è allestito nella chiesa di S. Ignazio di Loyola (già dei Gesuiti, costruita tra il 1670 e il 1682), che con il suo arredo liturgico e le sue opere d’arte, ne costituisce il nucleo principale. L’allestimento salvaguarda l’aspetto originario del contenitore senza alterarne la natura sacra. All’altare destro, S. Francesco Saverio battezza i re indiani di Bonaventura Lamberti; nella cappella maggiore, con altare in scagliola di Giovanni Massa e Giovanni Pozzuoli (1696), Gloria di S. Ignazio di Giacinto Brandi, Ss. Carlo e Girolamo di Bonaventura Lamberti e Immacolata con i Ss. Giuseppe e Filippo Neri di Francesco Stringa. Il percorso museale prosegue nelle due ex sagrestie, dove sono esposti dipinti di scuola emiliana dal XVII al XIX secolo, suppellettile liturgica delle stesse epoche, reliquiari, sculture in terracotta (XV secolo) di fabbricazione toscana. Nell’adiacente settecentesco edificio del Seminario vescovile, affresco strappato con l’Assunta di fra’ Stefano da Carpi.

  • Piazzale Guglielmo Marconi Carpi (MO)

    Con il monumento equestre a Manfredo Fanti (Cesare Zocchi, 1903), generale carpigiano (1806-1865) fondatore, nel 1859, della Scuola militare di Modena.

  • Migliarina Carpi (MO)

    A Migliarina m 25, frazione a 5 km a nord-ovest di Carpi, nacque nel 1798 Ciro Menotti, patriota risorgimentale, giustiziato nel 1831 a Modena. Oltre che per la sua casa natale, una semplice villa di forme tradizionali a un piano, la località va ricordata per la parrocchiale di S. Giulia, di fondazione longobarda.

  • Ex-Campo di Concentramento Carpi (MO)

    Campo di internamento che, tra la fine del 1943 e il 1944, fu usato come luogo di sosta per i deportati politici e razziali, prima dell’inoltro nei campi di sterminio nazisti; di questa struttura restano le mura delle baracche superstiti nella posizione originaria.

  • Novi di Modena Novi di Modena (MO)

    A m 21, ab. 9.862, centro agricolo violentemente colpito dalle scosse sismiche del 2012; tra i danni più rilevanti, la torre dell’Orologio, che danneggiata nel maggio è poi crollata nel giugno. La parrocchiale di S. Michele, ottocentesca, si trova isolata lungo la strada per Concordia e Mirandola; all’interno, lastra marmorea d’ambone del secolo XII, con raffigurazione di Cristo Pantocrator e i simboli degli Evangelisti. Dietro la chiesa, pure ottocentesca è la villa delle Rose, ora Vecchi, circondata da ampia corte agricola. Tra gli altri numerosi edifici di villa sparsi nel territorio, particolarmente significativi sono, nei pressi della frazione Rovereto sulla Secchia, il vasto incompiuto palazzo delle Lame, seicentesco, già castalderia estense, e, lungo la strada che da questo centro, fiancheggiando l’argine sinistro del fiume, conduce a Concordia, il palazzo Gasparini Casari (secoli XV-XIX), già dei Pio di Savoia, notevole per il superstite impianto fortificato con quattro torri e per l’oratorio dell’Immacolata.

  • Concordia sulla Secchia Concordia sulla Secchia (MO)

    A m 22, ab. 8.228, centro agricolo addossato all’argine destro del fiume, con la strada principale che ne asseconda il sinuoso percorso. Nell’ambiente vallivo, movimentato da filari di pioppi, si inseriscono qua e là grandi pompe a bilanciere per l’estrazione del petrolio, il cui giacimento, accertato tra Novi e Miràndola, è coltivato dagli anni ’70 del Novecento. Nella parrocchiale di S. Paolo, alle pareti del presbiterio due grandi tele di Aureliano Milani, Deposizione e Cattura di Cristo.

  • San Possidonio San Possidonio (MO)

    A m 20, ab. 3.463, presso l’argine della Secchia rimane, gravemente alterato, il settecentesco palazzo Tacoli, con torrioni angolari. Nell’abitato, la Parrocchiale tardo-settecentesca sostituisce quella romanica, della quale resta la cripta con resti lapidei romani; all’altare sinistro, Immacolata con i Ss. Geminiano e Ubaldo e il ritratto di Laura d’Este Pico, di Sante Peranda (1612). A San Possidonio nacque nel 1791 don Giuseppe Andreoli, cospiratore affiliato alla carboneria, condannato a morte e ucciso nel 1822.

  • Mirandola Mirandola (MO)

    Cittadina posta al limite tra la media e la bassa pianura modenese, Miràndola m 18, ab. 24.122, è centro agricolo, con industrie di trasformazione e attività artigianali. Negli ultimi decenni è diventata la ‘capitale’ del distretto biomedicale, specializzato nella produzione di dispositivi medici e considerato il più importante del settore in Europa e terzo nel mondo. Pur manomesso sotto il profilo edilizio dalle trasformazioni moderne e dai gravissimi danni del sisma del maggio 2012, l’assetto attuale della cittadina si mantiene serrato entro i viali di circonvallazione che hanno sostituito le antiche e celebrate fortificazioni, e tramanda, attraverso l’immagine di una compagine urbanistica compatta, d’impianto medievale, e attraverso alcuni superstiti brani monumentali, il ricordo della piccola capitale dello stato dei Pico. La zona, percorsa da sinuosi dossi emergenti corrispondenti ad alvei fluviali in vasto ambiente vallivo, fu abitata dall’epoca romana. Su una di queste naturali elevazioni, nel X secolo fu eretto un castello. Consolidata nel XIV secolo la presenza della famiglia Pico, questa nel 1311 ottenne dall’Impero la sovranità del territorio, durata fino al 1711, allorché lo stato venne ceduto a Rinaldo d’Este duca di Modena, avviandone così la decadenza. La città era difesa da una cinta bastionata a pianta poligonale che sostenne assedi, tra i quali celebre fu quello del 1511 per opera del papa Giulio II. Il nome dei Pico è comunemente collegato a Giovanni II (1463-94), detto la «Fenice degli ingegni», esponente di primo piano della cultura umanistica rinascimentale, anche se il periodo più florido per la signoria e per lo sviluppo della città, arricchita di edifici religiosi, civili e di rappresentanza, fu il XVII secolo, al tempo dei duchi Alessandro I e II. La visita, pedonale, muove dalla piazza Grande e si sviluppa successiva- mente lungo le radiali che dalla piazza si diramano. Si tenga presente che la descrizione del patrimonio monumentale e di opere d’arte della città risulta alterata dagli eventi sismici che ancora gravano sulla compagine urbana.

  • Duomo (S. Maria Maggiore) Mirandola (MO)

    Fatto costruire nel 1447 da Giovanni e Francesco Pico. La facciata, di forme goticizzanti, è dovuta a un rifacimento ottocentesco, mentre sono originari i fianchi e le absidi poligonali; il campanile è seicentesco. L’interno, diviso in tre navate da pilastri cilindrici e a fascio, di aspetto gotico, è stato pesantemente danneggiato dal sisma. Questa la consistenza del suo patrimonio: alla parete della navata destra, due dipinti di Sante Peranda, S. Stefano e Addolorata con i Ss. Francesco e Carlo Borromeo; in fondo alla navata sinistra, Crocifisso, affresco di Pietro Annigoni (1983); nella cappella della Madonna di Pompei, ancona in legno dorato, seicentesca, di scuola mirandolese. In sagrestia, Madonna che appare a S. Felice da Cantalice di Alessandro Tiarini (1612) e piccoli dipinti con storie di S. Giuseppe del secolo XVIII.

  • Piazza Grande - Piazza della Costituente Mirandola (MO)

    L’ampio spazio alberato della piazza Grande, ora piazza della Costituente, risulta oggi privo dell’originaria connotazione di rappresentatività per la perdita sul lato destro, nel 1714, delle opere fortificate della cittadella e del castello dei Pico, a seguito dello scoppio della polveriera. Al loro posto è la ricostruzione neogotica novecentesca di un torrione, dietro al quale restano alcune parti del castello con portico seicentesco e la sontuosa facciata della galleria Nuova. Nel lato breve settentrionale della piazza si trova l’oratorio della Madonna della Porta. Dopo alcuni edifici adiacenti al torrione, il Teatro Nuovo, di architettura eclettica (1905). Il lato meridionale è chiuso dal Palazzo comunale, con portico in facciata su colonne marmoree. Fanno ala al Palazzo comunale, a destra, il palazzo della Ragione, con elementi goticizzanti tardo-trecenteschi, a sinistra, il palazzo Bergomi, secolo XV, con portico e ornati in cotto.

  • Museo civico Mirandola Mirandola (MO)

    Situato nel castello dei Pico, il Museo Civico consta di una consistente pinacoteca e di una sezione archeologica; le collezioni a causa del terremoto del 2012 sono temporaneamente conservate nel Palazzo ducale di Sassuolo. Nel patrimonio della pinacoteca sono compresi diversi dipinti del secolo XVII e una serie di ritratti dei Pico, tra i quali uno di Alessandro I di Sante Peranda e uno di Alfonso IV di Justus Sustermans e una Madonna col Bambino attribuita a Guercino. Nella sezione numismatica una ricca collezione di monete romane e della zecca di Miràndola, e alcune medaglie realizzate da Pisanello e da Nicolò Fiorentino. Nella sezione archeologica, materiali dal territorio mirandolese (resti terramaricoli e da edifici rustici romani; stele funeraria del III secolo); vasi e maioliche risalenti all’alto medioevo e al rinascimento.

  • Palazzo Comunale Mirandola (MO)

    Palazzo comunale (1468; inagibile dal 2012), con portico in facciata su colonne marmoree, molto integrato nel restauro ottocentesco; in una sala erano custoditi: Adorazione dei Magi di artista affine a Jacopo Palma il Giovane, S. Agata di Pietro Faccini, Caduta di S. Paolo di Sante Peranda, opere trasferite nel Palazzo ducale di Sassuolo.

  • S. Francesco Mirandola (MO)

    Già esistente nel secolo XIII, rifatta nel Quattrocento in forme gotiche per adibirla a pantheon dei Pico, e molto restaurata. La chiesa è stata quasi completamente distrutta dal terremoto, compreso il campanile; ha resistito solo la facciata. Questa la dotazione precedente: interno a tre navate su archi ogivali. In fondo alla navata destra, nella cappella della Madonna di Reggio, già sepolcreto dei Pico, ricco altare seicentesco in marmi; in fondo a quella sinistra, Stimmate di S. Francesco di Sante Peranda. Lungo la parete di questa navata si allineavano le marmoree arche dei Pico, a cassone pensile: nell’ordine, l’arca di Galeotto (1499), quella di Prendiparte, opera di Pier Paolo e Jacobello dalle Masegne (1394), di Spinetta (1399), di Giovan Francesco (1467) e il cenotafio di Giovanni Pico di Giuseppe Pisani (secolo XIX).

  • Oratorio della Madonna della Porta Mirandola (MO)

    Del secolo XVII; sul timpano, Madonna col Bambino, statua in marmo del XVI secolo; nell’interno, paliotti in scagliola e, sull’altare maggiore, opera di Francesco Pacchioni, un affresco del secolo XV, sempre della Madonna col Bambino.

  • Chiesa del SS. Nome di Gesù Mirandola (MO)

    Dall’incompiuto prospetto, iniziata nel 1621. Il crollo del tetto ha danneggiato l’interno, ad aula unica, ricco di stucchi e statue del XVII e XVIII secolo, con altari adorni di pregevoli cornici in legno intagliato, di scuola mirandolese seicentesca. Di lato alla chiesa si allunga il severo edificio dell’ex collegio dei Gesuiti, istituito nel 1690, che da alcuni anni era sede del Centro culturale polivalente mirandolese.

  • S. Maria della Neve Mirandola (MO)

    A Quaràntoli, località originaria della famiglia Pico, signori di Miràndola, è raccomandata la visita alla pieve di S. Maria della Neve, eretta nel IX secolo, documentata nel 1044 e rifatta nel XII secolo; la facciata è seicentesca, il tozzo campanile del ’400, mentre la zona absidale si presenta alterata, causa gli interventi restaurativi novecenteschi che diedero luogo all’arbitraria creazione di un deambulatorio. La chiesa, gravemente danneggiata dal terremoto del 2012, possiede alcuni interessanti oggetti d’arte, testimoni della sua lunga storia: il più pregevole è un ambone, ritenuto della scuola di Wiligelmo, ricostruito con lastre recanti a rilievo i simboli degli Evangelisti, sorretto da due telamoni. Alla sinistra del presbiterio, una loggetta su colonnine con bei capitelli a gruccia, del XII secolo, racchiude la cappella battesimale, contenente un paliotto in scagliola di arte carpigiana (1686) e un dipinto, Madonna col Bambino, attribuibile a scuola veneto-cretese del XVI secolo.

  • San Martino Spino Mirandola (MO)

    A m 10, frazione la cui attività, propiziata dalla presenza di estese aree prative palustri, era fino a 80 anni fa circa, prima della definitiva bonifica idraulica, l’allevamento dei cavalli, per il quale venivano utilizzati sia un’antica villa dei Pico, detta palazzo di Porto Vecchio, sia le caratteristiche costruzioni ottagonali chiamate barchessoni, in parte tuttora sopravvissute nelle campagne.

  • San Prospero San Prospero (MO)

    Allungato sui due lati della statale è l’abitato di recente formazione di San Prospero m 22, ab. 6.011, nel cui territorio, fra le altre ville seicentesche affiancate agli argini dei fiumi Secchia e Panaro, meritano menzione i Torrioni, imponente costruzione signorile, ora in abbandono, con facciata a loggia conclusa da due alte torri, visibile in lontananza sulla sinistra della strada.

  • Sorbara Bomporto (MO)

    A m 27, con parrocchiale di S. Agata dai caratteri romanici (XII secolo) alterati nell’Ottocento; in facciata è murata una lastra marmorea, già parte di ambone, effigiata con un leone a rilievo, risalente alla costruzione originaria.

  • Bastiglia Bastiglia (MO)

    Appartata dalla statale e collegata a Sorbara da una strada secondaria che corre tra rigogliosi vigneti (la zona è famosa per la produzione di una delle più pregiate qualità di lambrusco), è Bastiglia m 27, ab. 4.197, anticamente luogo di transito sul canale Naviglio di Modena, prima che, all’inizio del XX secolo, il corso d’acqua fosse deviato e interrata la conca che occupava l’attuale centrale piazza della Repubblica. Connesso al Naviglio era il mulino, di aspetto ottocentesco ma di origini remote, che si vede ancora nella piazza. Alla vita contadina nella Padania e alle attività collegate al Naviglio è dedicato il Museo della civiltà contadina.

  • Museo della Civiltà contadina Bastiglia (MO)

    Dedicato alla vita contadina nella Padania e alle attività collegate al Naviglio. Ha sede sulla centrale piazza della Repubblica, in un edificio adiacente al municipio.

  • Santuario della Madonna di S. Clemente Bastiglia (MO)

    Elegante costruzione a croce greca (1689), nel quale si possono ammirare un Martirio di S. Ignazio di Antiochia di Sigismondo Caula, e una Pietà di Antonio Verni, copia da Guercino.

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
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