La pianura ravennate nord-occidentale. Lugo e Bagnacavallo

In collaborazione con Touring Club

L’itinerario, con partenza e ritorno a Ravenna, utilizza tratti delle statali 309 Romea, 16 Adriati­ca, 610 Selice o Montanara Imolese, 253 S. Vitale, e 302 Brisighellese Ravenna­te, collegati da strade provinciali di ottima percorribilità. 

Il tragitto iniziale insiste sulla medievale Strada Romea, che collegava Ravenna a Venezia nel tratto già percorso dall’antica Via Popilia, tracciata nel 131 a.C. dal console Publio Popilio, prolungando oltre Rimini, ver­so Aquileia, la Via Flaminia. 

Da Ravenna fin oltre Mesola, la Popilia si svolgeva però molto più a ponente del tracciato attuale (dove a quei tempi era il mare), toccando approssimativamente il sito di Sant’Alberto e Spina. Divenuta strada secondaria all’indomani delle invasioni barbariche, se ne perse traccia fin dopo il Mille, quando venne ripristinata, con un sensibile spostamento a oriente, a uso dei pellegrini che da Venezia e Ravenna si recavano a Roma (da qui il nome di Romea). 

Il panorama che l’accompagna è fortemente suggestivo, con la Cassa di colmata del fiume Lamone a occidente, uno dei più classici esempi di bonifica padana. Specie nelle vicinanze della città, stridente risulta il contrasto tra il pa­esaggio naturale e l’invadente presenza dei centri commerciali e delle industrie (raffinerie, fabbriche chimiche), impiantate negli anni ’50­’60 del Novecento all’indomani della scoperta di importanti giacimenti metaniferi. 

Rivestono inte­resse, oltre ai centri di Lugo e Bagnacavallo, dal consistente nucleo storico, quelli di Massa Lombarda e Russi. L’itinerario attraversa il territorio del Consorzio di Bonifica della Romagna occidentale, che si sten­de per circa 200.600 ettari in prevalenza nella provincia di Ravenna, ma parte anche in quelle di Bologna, Ferrara, Forlì­-Cesena e Firenze. 

I confini dell’area di pianura sono segnati a nord dal fiume Reno, e a ovest e a est, rispettivamente, dal torrente Sìllaro e dal fiume Lamone; il limite della zona montana è dato a sud-ovest dallo spar­tiacque appenninico. 

La bonifica del comprensorio di pianura ebbe inizio nel XVII secolo, con l’utilizzo della tecnica «per colmata», ricevendo nuovo impulso alla fine del XIX, quando si diede avvio alla realizzazione di un unico collettore, poco a sud del Reno, per convogliare in mare le acque di un territorio di circa 70.000 ettari: il canale di Bonifica in destra di Reno, la cui realizzazione si accompagnò a complesse vicende sociali, connesse all’impiego di migliaia di braccianti e alla nascita fra loro della figura dello scarriolante. 

L’opera fu ultimata nel 1930, ma già l’anno seguente il progetto venne rielaborato con l’impostazione del collet­tore lungo il tratto terminale del vecchio alveo del Lamone, e fu portato a com­ pimento solo alla fine degli anni ’60; in un momento successivo venne attuata la separazione dei terreni più depressi, da attrezzare con impianti idrovori e canalizzazioni scolanti.


  • Lunghezza
    121,4 km
  • Pineta S. Vitale Ravenna (RA)

    La pineta di S. Vitale, appartenuta all’omonima abbazia ravennate; un tempo unita, lungo il litorale, a quelle di Classe e di Cervia, è oggi compresa nella stazione Pineta di S. Vitale e Piallasse di Ravenna del Parco regionale del Delta del Po, e conserva un asset­to vegetazionale assai vario, con un ricchissimo sottobosco erbaceo. 
    Dal Centro informazioni e visita Ca’ Vecchia, che si raggiunge imboccando dalla statale Romea una strada bianca costeggiante la Canala, è possibile effettuare percorsi a piedi e in bicicletta.

  • Oasi Faunistica di Punte Alberete Ravenna (RA)

    Magnifico e raro esempio di bosco pa­lustre padano, dove farnie, salici, pioppi e ontani creano un ambiente adatto a molte specie di uccelli acquatici e palustri; la attraversa un solo sentiero, percorribile a piedi e in bicicletta.

  • Fattoria Guiccioli Ravenna (RA)

    Fattoria dove il 4 agosto 1849 morì Anita Garibaldi (busto bronzeo del 1985); le spoglie, inumate nel locale cimitero (sacello in memoria), nel 1859 furono trasferite a Nizza e successivamente a Roma.

  • Sant'Alberto Ravenna (RA)

    A m 3, piccolo abitato che, fondato nell’XI secolo lungo un’ansa del Po di Pri­maro, fu porto fluviale fino al XVIII, quando le rettificazioni e le diver­sioni modificarono il corso dell’acqua. Il Palazzone, costruito dagli Este nel XIV secolo come fondaco, divenuto poi osteria, ospita il NatuRa-Museo ravennate di Scienze naturali «Alfredo Brandolini».

  • NatuRa-Museo ravennate di Scienze naturali «Alfredo Brandolini» Ravenna (RA)

    Il museo ha sede nel Palazzone di Sant'Alberto e comprende una preziosa collezione ornitologica di avifauna locale, donata da Alfredo Brandolini, naturalista ravenna­te dei primi anni del ’900, e altre collezioni provenienti da donazioni e acquisizioni, tra le quali una raccolta entomologica, una collezio­ne di conchiglie del mare Adriatico ed esotiche, e alcuni esemplari di rettili e mammiferi, tipici delle valli del territorio.

  • Alfonsine Alfonsine (RA)

    A m 6, ab. 11.567, polo agricolo (frutticoltura) e commer­ciale sul torrente Senio. Deriva il nome da Alfon­so Calcagnini, erede del feudo donato nel 1465 da Borso d’E­ste al padre, e appartenne ai Calcagnini fino a tutto il secolo XVIII. La sua economia è stata storicamente legata alle risorse vallive (canne palustri, pesca) e, fino al Settecento, agli scambi commerciali connessi alla vicinanza del Po di Primaro. Declinate tali attività, la popolazione si impiegò prevalentemente co­me manodopera bracciantile, lavorando alle grandi bonifiche del Ravennate e di Ostia; sulla forte tradizione del movimento cooperativo si innestò l’impegno an­tifascista con la compatta partecipazione alla guerra di Liberazione, dalla quale il paese fu profondamente segnato (battaglia del 10 aprile 1945). Oltre il torrente arginato, nella centrale piazza Garibaldi si leva il monumento alla Resistenza (1973). Alle spalle, la moderna Parroc­chiale è fiancheggiata sulla destra dalla piazza della Resistenza, dove, all’interno del Centro culturale polivalente, ha sede il Museo della Battaglia del Senio.

  • Museo della Battaglia del Senio Alfonsine (RA)

    Ha sede all’interno del Centro culturale polivalente. Il museo, fondato nel 1981, rac­coglie immagini, documenti, armi, uniformi e testimonianze relativi agli avvenimenti militari e civili dell’ultimo anno della seconda guerra mondiale in Romagna, con particolare attenzione alle vicende delle formazioni partigiane e dei primi reparti del nuovo esercito italiano.

  • Casa natale di Vincenzo Monti Alfonsine (RA)

    Conserva cimeli e un busto del poeta opera di Cincinnato Baruzzi. Nello stesso edificio, al piano terra ha se­de uno dei punti informativi del Parco del Delta del Po; vi sono esposti pannelli che illustrano il paesaggio della bassa pianura ravennate e una mostra ornitologica composta da oltre 200 esemplari di animali imbalsamati, alcuni dei quali piuttosto rari.

  • Fusignano Fusignano (RA)

    A m 9, ab. 8.117, in gran parte ricostruito dopo l’ultima guerra, affianca all’attività agricola una fiorente industria calzaturiera. Documentato dal Medioevo (ma la zona era già compresa nella centuriazione romana), fu centro di smistamento del sale proveniente da Comacchio, essendo collegato al Po di Primaro da canali intersecanti le valli. L’insediamento originario, probabilmente connesso con l’antica pieve di S. Giovanni in Libba (forse ubicata a sud-ovest dell’abitato attuale), sarebbe stato distrutto dalle acque del torrente Senio nel XIII secolo e ricostruito in posizione leggermente più elevata. Venduto dai conti di Cunio agli Este, sotto il dominio dei Calcagnini (durato fino al 1797) fu inserito nelle grandi opere di bonifica cinquecente­sche. Diede i natali ad Arcangelo Corelli (1653­-1713).

  • Museo civico San Rocco Fusignano (RA)

    Inaugurato nel 2001 nel settecentesco complesso di S. Rocco, sorto nel secolo XVI come ospizio per i pellegrini, il Museo civico S. Rocco comprende una ricca collezione di targhe devozionali in ceramica (secoli XV-XX), che abitualmente venivano poste sopra l’ingresso o all’interno delle case, a scopo propiziatorio; sono caratterizzate da svariate forme e dimensioni, provengono soprattutto dall’Emilia­-Romagna ma anche da altre regioni italiane, e sono prodotte in prevalenza da manifatture toscane.

  • Santa Maria in Fabriago Lugo (RA)

    Nell’abitato m 11 è l’imponente castello, in stato di abbandono, fondato nel secolo XI dai Marcheselli di Ferrara ma in gran parte rifatto alla fine del XIX; originali sono una torre trecentesca e le sottostrutture del cassero. La chiesa di S. Maria, risalente al XVI secolo e più volte restaurata, è detta localmente chiesa di campanile per la struttura cilindrica del suo campanile (secoli IX-X), alto 22 m e a sei piani di finestre, che appartenne a una pieve altomedievale.

  • Conselice Conselice (RA)

    A m 6, ab. 9.643, sede di importanti industrie per la trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici. Fu nucleo commerciale e portuale al termine della via Selice provenien­te da Imola (da qui la denominazione antica di Caput Silicis), in un punto di irradiazione dei canali che, attraverso le lagune meridionali della deltazione padana, si dirigevano al Po di Primaro. Subì un declino rapido col progredire dell’interrimento della laguna, trovandosi circondata da paludi gradualmente colmate dalle deiezioni del Santerno e del Sìllaro. Infeudata nel 1372 al condot­tiero John Hawkwood (Giovanni Acuto), insieme a Bagnacavallo e Cotignola, poi ai Manfredi di Faenza, conobbe una ripresa alla metà del secolo XV con il do­minio degli Este, che la tennero fino al 1598. Il 21 maggio 1890 fu teatro di uno degli episodi più drammatici delle lotte bracciantili, che vide l’uccisione di un bracciante e di due mondine da parte della forza pubblica.

  • Massa Lombarda Massa Lombarda (RA)

    A m 13 ab. 10.378, una delle capitali della regione per la produzione e la lavorazione di frutta e or­taggi grazie alla particolare fertilità dei terreni che furono bonificati, fin dagli ultimi secoli medievali, con il metodo della colmata. Il toponimo è legato a un avvenimento del 1251: a Massa San Paolo si stabilirono numerose famiglie lombarde fuggite dai contadi di Brescia e Man­tova, per sottrarsi alle persecuzioni di Ezzelino da Romano signore di Verona. Nel VII secolo Massa San Paolo appartenne ai monaci greci del monastero di S. Maria in Cosmedin di Ravenna; ceduta da Federico Barbarossa ai conti di Cunio (1164), passò nel 1235 al Comune di Imola (che forse promosse la realizzazione dell’impianto urbanistico ortogonale) e, dopo alterne vicende, agli Estensi. Il territorio circostante presenta una suddivisione fondiaria a lotti rettangolari, probabilmente risalente al XIII secolo e successiva alla scomparsa del reticolo ro­mano causata dalle rotte del fiume Santerno. Entrando nell’abitato, oltre la piazza Ricci, si incontra la cinquecentesca parrocchiale di S. Paolo. Sulla piazza Matteotti prospettano due edifici cui lavorò Cosimo Morelli: la torre dell’Orologio e il Municipio. Lungo il corso Vittorio Veneto si dispongono invece la cin­quecentesca chiesa del Carmine, con annesso chiostro, e la chiesa di S. Salvatore, progettata in parte dallo stesso Morelli. Un edificio liberty in via Zaganelli è la sede delle più importanti istituzioni cittadine: la Biblioteca, il Museo civico e la Pinacoteca comunale. Fuori dall'abitato, una casa colonica ospita il Museo della Frutticoltura «Adolfo Bonvicini».

  • S. Paolo Massa Lombarda (RA)

    Cinquecentesca parrocchiale, parzialmente ricostruita nel 1948, la cui abside presenta, all’esterno, caratteri romanico­gotici. L’interno, a tre navate, con pregevole coro ligneo settecentesco, con­ serva nella 1a cappella destra, S. Giovanni Evangelista attribuibile ad Alessandro Tiarini; nella 2a, *Ss. Rocco e Sebastiano di Carlo Cignani; nella 4a, Madonna, S. Alberto e due devoti ascritta al Bastarolo; nella 5a, S. Maria Maddalena de’ Pazzi riferibile a Felice Cignani.

  • Museo civico «Carlo Venturini» Massa Lombarda (RA)

    Un bell’edificio liberty (1910), già scuola materna Pueris Sacrum è la sede delle più importanti istituzioni cittadine: la Biblioteca, il Museo civico e la Pinacoteca comunale. Il patrimonio librario della BiBlioteca, che conta circa 35.000 volumi com­plessivamente, comprende un fondo antico di circa 10.000 esemplari, costituito prevalentemente dal lascito fatto al comune nel 1884 dal medico massese Carlo Venturini (1809­86). All’illustre cittadino appartenevano anche le raccolte eterogenee del Museo civico: raccolte archeologiche (materiali ceramici di origine greca, magno­greca ed etrusca, con notevoli vasi attici a figure rosse; oggetti appartenenti all’instrumentum domesticum romano, alcune statuette di de­stinazione votiva; stele con iscrizioni puniche dal tofet di Cartagine); raccolte di arti decorative (maioliche abruzzesi e di produzione faentina dei secoli XVII e XVIII; notevole il desco da parto settecentesco della bottega Ferniani); raccolta numismatica (oltre 300 esemplari di età romana, e circa 100 pezzi ottocente­schi europei e tunisini; raccolte naturalistiche (fossili, conchiglie e minerali). 
    La Pinacoteca comunale documenta il percorso artistico locale a partire dal XVI-XVIII secolo, entro il quale si annoverano il Garofalo e Bastianino. La colle­ zione di Carlo Venturini è formata in massima parte da dipinti dell’Ottocento: opere dei massesi Giambattista Bassi e Angelo Torchi, per chiudersi con alcuni lavori di Orfeo Orfei e della famiglia Folli (Luigi, Guelfo, Umberto).

  • Museo della Frutticoltura «Adolfo Bonvicini» Massa Lombarda (RA)

    Ha sede in una casa colonica ed è articolato in due settori: nel primo sono sistemati gli oggetti tradizionali della casa e del lavoro rurale e si ricostruisce la storia della ’rivoluzione’ agricola iniziata a Massa Lombarda tra Ottocento e Novecento; nel secondo si riper­corre la storia della frutticoltura di Massa Lombarda, cresciuta tra le due guerre, con la nascita di attività industriali dell’indotto: segheria per la produzione di imballaggi, macchine irroratrici e disinfettanti, macchine selezionatrici (è presente uno splendido modello di questo tipo, in scala 1 a 4, costruito nel 1924), magazzini per la selezione e il confezionamento del prodotto, fabbriche per le conserve alimentari.

  • Sant'Agata sul Santerno Sant'Agata sul Santerno (RA)

    A m 14, ab. 2.905, agglomerato agricolo con impianti per la lavorazione dei prodotti ortofrutticoli e per attività connesse all’allevamento del bestiame. Disposto sulla sponda sinistra del Santerno, in un territorio dove è anco­ra leggibile il reticolo della centuriazione romana, risale, come pieve rurale, all’VIII secolo, divenendo centro fortificato nel XIII, con probabili funzioni di controllo sul fiume allora navigabile. Intorno alla centrale piazza Garibaldi si dispongono la torre dell’Orologio, detta anche la porta perché era l’accesso al borgo, il Palazzo comunale, ampia­ mente rimaneggiato rispetto alla struttura originale, e l’ottocentesca Parrocchiale.

  • Chiesa dell'Ascensione Lugo (RA)

    Eretta nel 1534: all’interno, nell’abside e in fondo alla parete destra della navata sono pregevoli affreschi (Risurrezione, Ascensione, Pentecoste, evangelisti, S. Pietro e lo storpio) di scuola ferrarese del secolo XVI.

  • Santuario della Beata Vergine del Molino Lugo (RA)

    Eretto nel 1943 su altro del 1497. Il nome deriva dal luogo in cui fu trovata l’immagine venerata. La Madonna col Bambino sull’altare è uno stucco, contraffatto, della scuola di Antonio Rossellino.

  • Lugo Lugo (RA)

    Principale centro della bassa pianura ravennate, a m 13, ab. 31.728. La sua florida economia si basa su un saldo comparto agricolo e zootecnico e su una fitta rete di piccole e medie industrie; interes­sante e ben conservato è il tessuto urbano e architettonico del nucleo storico, disposto lungo due assi ortogonali della centuriazione e ca­ratterizzato dalla presenza giustapposta della Rocca e del Pavaglione. Fu un piccolo agglomerato romano situato lungo la via Salara che collegava Bononia a Ravenna e così denominato, forse, da una vicina selva (lucus); crebbe d’importanza solo nel Medioevo, grazie alla felice posizione di nodo viario. Munito dagli arcivescovi di Ravenna di un castello distrutto dai conti di Cunio (1218) e ricostruito da Uguccione della Faggiuola (1297), dal 1377 fece parte, con una breve parentesi veneziana, dei dominî degli Este. In età moderna, a seguito dell’incremento delle rendite in agricoltura – dovuto sia all’intensificazione delle colture promiscue nella campagna centuriata sia all’attuazione di vasti piani di bonifica nel contado settentrionale – conobbe un discreto rinnovamento edilizio e fu sede di un’importante fiera. Elemento decisivo di questo sviluppo fu la presenza di una rilevante comunità ebraica, circoscritta nel 1639 all’interno del ghetto.

  • Rocca Estense Lugo (RA)

    Vasto complesso in laterizi il cui impianto attuale, nonostante restauri e superfetazioni, rispecchia la ristrutturazione operata nel 1568­-70 e conserva, della struttura precedente, solo il mastio cilindrico merlato a nord-ovest, innalzato nel 1298 da Uguccione della Faggiuola. Ospita attual­mente l’amministrazione comunale. Precede l’ingresso, sulla sinistra, un busto di Andrea Costa (1913); oltre il portone, ricavato dal legno del ponte levatoio, sulla sinistra sono i locali del vecchio carcere, fronteggiati da un cippo marmoreo romano proveniente da un tempio del secolo II a.C. della zona di Arpino (Frosinone). 
    Dal cortile (al centro, vera da pozzo con le insegne di Borso d’Este) si può accedere al giardino pensile col­tivato sui bastioni della rocca e allo scalone che conduce al primo piano. Nelle sale visitabili si segnalano: nella sala Baracca, che occupa la parte inferiore del torrione del lato sud, la decorazione affrescata in stile rinascimentale; nella sala d’attesa, oltre a ritratti raffiguranti eminenti personalità lughesi, un frammento di affresco cinquecentesco con la Madonna col Bambino, un pluteo del VI secolo, una lunetta in arenaria con bassorielovo in marmo (Madonna col Bambino, S. Giovannino e un angelo) attribuito alla scuola di Mino da Fiesole; nella sala Giunta, una statua della Madonna col Bambino in ceramica di Faenza (XVI secolo); nella saletta Rossini, ritratto di Gioacchino Rossini della pittrice francese Haudebourt Lescaut (1828) e ritratti dei genitori del musicista; nel salone estense, il soffitto ligneo è impreziosito da tavolette decorate raffiguranti stemmi e imprese estensi.

  • Teatro Rossini Lugo (RA)

    Il teatro Rossini (il compositore era di famiglia lughese) fu eretto nel 1757­59 su progetto di Francesco Petrocchi, con interno completato da Antonio Bibiena (1760­-61).

  • Palazzo Trisi Lugo (RA)

    Eretto nel 1764­-75 su progetto di Cosimo Morelli come sede dell’omonimo collegio. Ospita la Biblioteca comunale, dotata di oltre 260.000 volumi (di cui circa 12.000 mano­scritti e autografi, 117 incunaboli e 2.500 cinquecentine), e l’Archivio storico comunale, con documenti dal XIII secolo al 1945.

  • Pavaglione Lugo (RA)

    Bell’esempio di architettura civile ideato da Giuseppe Campana e articolato in un grande quadriportico (lungo 132 m, largo 84) che recinge la piazza Mazzini e fronteggia la rocca. In origine costituito da un doppio loggiato, disposto lungo i lati est (1570) e sud (1611), ricevette la struttura attuale nel 1783 per ospitare il mercato dei bozzoli dei bachi da seta; il braccio orientale venne ricostruito nel 1876. Ancora oggi è utilizzato per il mercato e come spazio per spettacoli estivi.

  • Piazza Trisi Lugo (RA)

    Sul retro del Pavaglione, la piazza Trisi è chiusa lungo il lato sud-ovest dal palazzo Trisi, eretto nel 1764­75 su progetto di Cosimo Morelli come sede dell’omonimo collegio, che oggi ospita la Biblioteca e l’Archivio storico comunale. Alla destra, il teatro Rossini, eretto nel 1757­-59 su progetto di Francesco Petrocchi. Oggi occupato dalla Banca del Monte, il palazzo già della Congregazione di Carità risale al 1768. Comple­ta il panorama architettonico della piazza il fianco della barocca chiesa del Carmine.

  • Chiesa del Suffragio Lugo (RA)

    Chiesa con facciata del 1720 ornata delle statue in marmo degli arcangeli Michele e Raffaele, conserva all’interno buoni dipinti di Ignaz Stern e di Cesare Ruina.

  • Chiesa del Carmine Lugo (RA)

    Chiesa barocca, ricostruita da Francesco Petrocchi. L’interno, decorato di stucchi dei fratelli Giabani, conserva alle pareti sei storie di S. Elia del XVII secolo e, nelle nicchie, statue dei santi carmelitani di Filippo Scandellari. Nella 2a cappella destra, Madonna del Carmine di Antonio di Giovanni Checchi (1481). Sull’altare maggiore, S. Ilario con i profeti Elia ed Eliseo di Benedetto Del Buono (1750); l’ancona ha statue (Provvidenza e Vigilanza) di Antonio Carboni. Nella 3a cappella sinistra, Annunciazione di scuo­la emiliana del secolo XVI. Pregevoli i due organi: quello di destra del 1750, quello di sinistra dovuto a Gaetano Antonio Callido, del 1797.

  • Ss. Francesco e Ilaro Lugo (RA)

    Colle­giata di origine medievale (1227­-34) ma ricostruita da Cosimo Morelli nel 1764­-84, è preceduta da un portico a tre archi; restaurata nel 1969 con la messa in luce di parte del primi­tivo portale ogivale in cotto risalente alla metà del XIII secolo, conserva resti romanici visibili specie sul fianco destro. Attiguo a questo è un bel chiostro del 1425: pertinente alla struttura del vecchio convento, reca al centro un pozzale coevo. L’interno neoclassico, a una navata con alta cupola, racchiude nella 1a cappella sinistra un affresco (Madonna del Soccorso) del XV secolo; nella 4a destra S. Antonio che rampogna Ezzelino da Romano di Giacomo Zampa; nelle altre cappelle, pale di Benedetto Del Buono; sull’altare maggiore un Crocifisso li­gneo trecentesco. Il tesoro annovera un reliquiario del secolo XIV.

  • Museo civico «Francesco Baracca» Lugo (RA)

    Nella casa natale dell’asso della prima guerra mondiale Francesco Baracca è stato allestito un museo a lui intitolato che espone lo SPAD VII S2489, l’aereo di fabbricazione francese (1917) della sua ultima missione, posizionato nella sala destra dell’an­drone d’accesso. L’attuale percorso museale prevede al primo piano una sala riservata alla dimensione privata del pioniere dell'aviazione con la ricostruzione della camera da letto; una stanza che documen­ta medaglie, attestati, riconoscimenti ricevuti nel periodo che va dal 1915 al 1918; una sezione incentrata sul mito di Baracca, attraverso lettere, giornali, pubblicazioni.

  • S. Francesco di Paola Lugo (RA)

    Chiesa costruita da Francesco Gualandi nel 1890 in stile neogotico su un luogo di culto trecentesco. All’interno, scandito in tre navate: nella 1a cappella destra, Madonna col Bambino e i Ss. Mattia e Agata di G.B. Bertucci il Giovane; nella 2a, Compianto su Cristo morto, gruppo in terracotta policroma di arte ferrarese di fine XV secolo; sull’altare maggiore, Crocifisso ligneo del XV secolo; nella 1a cappella sinistra, tela di Ernst van Schayck; nella 3a, Madonna della Cintura, scultura in legno dipinto tradizionalmente datata al XIII secolo, e S. Carlo in orazione, di scuola bolognese (Alessandro Tiarini?).

  • Chiesa della Croce Coperta Lugo (RA)

    Chiesa con interno un tempo decorato di affreschi votivi (Madonne, santi, Crocifissione, Cristo in pietà, Ultima cena) prevalentemente di scuola veneta e ferrarese del XV-XVI secolo; sull’altare maggiore, una statua marmorea della Madonna col Bambino di arte gotica del secolo XIV.

  • Barbiano Cotignola (RA)

    A m 20, borgo agricolo-­industriale (succhi di frutta) che nel Medioevo fu feudo dei conti di Cunio e patria del condottiero Alberico da Barbiano (1344­-1406); la Parrocchiale seicentesca fu disegnata da G.B. Aleotti.

  • Cotignola Cotignola (RA)

    A m 19, ab. 7.323, che all’economia agricola ha affiancato dagli anni ’50 del secolo XX, in virtù della scoperta di un giacimento di gas metano, alcune industrie. Quasi completamente distrutto dallo stazionamento del fronte dal di­cembre 1944 all’aprile 1945, è stato ricostruito rispettando il regolare impianto medievale. Inserita nell’agro centuriato, Cotignola è ricordata nel 1217 e fu alterno possesso delle città vicine (Forlì dal 1276, Ravenna dal 1328) e di signorie locali (dal 1375 fu per breve tempo di John Hawkwood). Dal 1411, per oltre cento anni, fu feudo di Muzio Attendolo Sforza (qui nato nel 1369) e dei duchi di Milano, conoscendo un discreto sviluppo economico grazie ai fiorenti traffici con il capoluogo lombardo; dopo la breve parentesi della dominazione veneziana, dal 1513 entrò a far parte dello Stato della Chiesa.

  • Torre di Giovanni Acuto Cotignola (RA)

    Considerata il simbolo della cittadina, è stata riedi­ ficata nel secondo dopoguerra ricalcando l’impianto della costruzione eretta dal condottiero nel 1376 sui ruderi di un campanile del Mille, riferibile alla scomparsa pieve di S. Stefano.

  • S. Stefano Cotignola (RA)

    La parrocchiale di S. Stefano custodi­sce: nella 1a cappella destra, una Madonna, S. Ignazio e santi gesuiti di Antonio Balestra; dietro l’altare maggiore, una Madonna col Bambino e santi di Felice Torelli; nella 5a cappella sinistra, un S. Michele arcangelo dello stesso; nella 1a, il Battesimo di Gesù di Francesco Albani. Nella canonica, una tavoletta (due santi) tardo-­trecentesca e due corali miniati della scuola di G.B. Cavalletto.

  • Museo civico «Luigi Varoli» Cotignola (RA)

    Il palazzo Sforza, ricostruito nel 1961 sulle vestigia superstiti della struttura originaria trecentesca, è oggi sede del Museo civico «Luigi Varoli», con opere dell’artista cotignolese e altre facenti parte delle sue collezioni, mentre la sala archeologica raccoglie reperti di provenienza locale. Di particolare interesse è la notevole stele del liberto Caius Varius del secolo III. Di fronte, la casa Varoli è pure sede del Museo; si riconoscono le atmosfere della casa d’artista, tra crani di animali, burattini, gessi, strumenti musicali, maschere, fotografie del primo Novecento. L’ulti­ma tappa del Museo è la casa Magnani; pittore, poeta e ceramista, Arialdo Magnani era l’allievo più naïf di Luigi Varoli. Fu abitazione ma anche un laboratorio, studio d’arte, galleria e punto di incontro per pittori, ceramisti, poeti e appassionati. Nella casa, ambienti, arredi e opere d’arte sono come Magnani li ha lasciati.

  • S. Francesco Cotignola (RA)

    Presso il cimitero sorge la chiesa di S. Francesco o dell’Osservanza e di struttura tardo­romanica. Preceduta da due coevi tratti di portico, accoglie nell’interno, a tre navate divise da colonne alternate a pilastri con volte ogivali: in fondo alla navata destra una lunetta (Pietà) di Francesco Zaganelli; dietro l’altare maggiore un affresco staccato del medesimo soggetto, di Girolamo Marchesi.

  • S. Francesco Bagnacavallo (RA)

    Neoclassica chiesa, prece­duta da un portico e affiancato dall’imponente convento seicentesco, in parte trasformato in hotel, in parte utilizzato per manifestazioni e mostre; la chiesa, di origine duecentesca, venne ristrutturata nel 1795­-98 da Gioacchino Tomba. L’interno custodisce: nella 1a cappella destra, un Crocifisso su tavola di scuola riminese del secolo XIV; nella 4a sinistra, a sinistra dell’altare, la lastra tombale di Tiberio Brandolini (XV secolo); la *3a cappella a sinistra, dedicata alla Beata Vergine di Gerusalemme che è raffigurata nella tela di scuola fiammingheggiante del XV secolo collocata sull’altare, è a pianta centrale con otto colonne; nella 1a, una Madonna col Bambino e santi di Ferraù Fenzoni. In sagrestia e nel corridoio del convento sono frammenti degli affreschi trecenteschi che decoravano la costruzione primitiva.

  • Piazza Nuova Bagnacavallo (RA)

    Piazza di forma ellittica, racchiusa da una struttura muraria porticata verso l’interno. Realizzata nel 1758, era un mercato coperto, con macellerie e pescherie, rispondente a criteri di razionalità e igiene; oggi ospita alcune botteghe artigiane e spettacoli all’aperto.

  • Piazza Libertà Bagnacavallo (RA)

    Piazza la cui articolazione è stata profondamente modificata tra fine ’700 e inizi ’800. A quel periodo risalgono infatti sia il Municipio, eretto su progetto di Cosimo Morelli (1791­-1803) con pianta rettangolare e alto portico, e il Teatro comunale Goldoni, progettato da Filippo Antolini e inaugurato nel 1845. La torre dell’Orologio (prima metà XIII secolo), a base quadrata, e il Palazzo Vecchio, originario del XII secolo ma ricostruito più volte, erano probabilmente entrambi parte di un antico sistema difensivo (il vicino Castellaccio, rinascimentale, sorge sull’impianto della prima rocca medievale).

  • Collegiata di S. Michele Arcangelo Bagnacavallo (RA)

    Ristrutturata nella seconda metà del XV secolo, secondo un progetto che, nella parte absidale, richiama influenze bramantesche; ultimata tra il 1584 e il 1622, fu nuovamente rimaneggiata nella facciata dopo il terremoto del 1688, tanto che della struttura quattrocentesca rimane solo l’absi­de poligonale, con belle finestre ogivali e decorazioni in cotto. Nell’in­terno, spiccano: alla parete sinistra del presbiterio, Redentore e santi del Bagnacavallo (1542); nella 6a campata sinistra, Madonna col Bambino e i Ss. Pietro e Paolo, di seguace (1540).

  • Bagnacavallo Bagnacavallo (RA)

    A m 11, ab. 16.502, cittadina agricola e industriale, il cui nucleo storico, ben conservato, è caratteristico per l’impianto radiocentrico, di origine medievale, e per le vie porticate fiancheggiate da palazzi di discreta qualità. Ancora leggibile risulta anche il tracciato della cinta muraria, di cui restano due porte. Il toponimo viene, forse, da una sorgente terapeutica che, secondo la leggenda, guarì il cavallo dell’imperatore Tiberio. Qui si formò in età romana, lungo la via tra Bononia e Ravenna, un piccolo agglomerato collegato a un luo­go di culto. Il disegno del tessuto urbano attuale deriva, probabilmente, dall’an­damento sinuoso della strada maestra (l’attuale via Mazzini) che, realizzata pri­ma del XII secolo, insisteva su un dosso curvilineo del Santerno e ha condizionato la disposizione radiale delle altre strade. Infeudato dalla metà del X secolo al 1250 ai Malvicini, fu, dopo alterne vicende, dei Manfredi (1329), signori di Faenza, e, dal 1375, del capitano di ventura inglese John Hawkwood (Giovanni Acuto) che lo vendette (1381) agli Estensi. È patria del pittore Bartolomeo Ramenghi, per questo detto il Bagnacavallo.

  • Via Garibaldi Bagnacavallo (RA)

    Imboccando la via da piazza Libertà si incontra subito la chiesa del Suffragio, la cui costruzione ebbe inizio nel 1674. La via piega a sinistra (sull’angolo, il palazzo Gradenigo del secolo XVIII, con elegante scalone e cortile a loggette) e conduce alla chiesa di S. Giovanni, di fondazione camal­dolese (circa 1340) e riedificata nel XVII secolo come l’annesso convento; nell’800 vi ebbe sede un educandato che ospitò la figlia di George Byron durante il soggiorno ravennate del poeta. Proseguendo si la­scia sulla destra l’ex oratorio dei Battuti bianchi (1715), oggi dedicato ai Caduti.

  • Museo civico delle Cappuccine Bagnacavallo (RA)

    Ha sede nell'ex convento delle suore Cappuccine. Nella Sezione di Arte antica della Pinacoteca si segnalano: un frammentario S. Lodovico di Tolosa di scuola riminese del secolo XIV; Pietà e santi di Andrea Lilio (1596); Madonna in trono e santi attribuita al Bagnacavallo; Sposalizio mistico di S. Caterina di Girolamo Mar­chesi da Cotignola; Compianto sul Cristo morto di un seguace di Federico Barocci; Madonna col Bambino e S. Felice da Cantalice di scuola guercine­sca; Adorazione dei Pastori di Ferraù Fenzoni; ritratto della contessa Sauli Visconti di Edgardo Saporetti. La Sezione di Arte moderna e contemporanea comprende un gruppo di opere di autori locali: Giuseppe Rambelli (ritratto della contessa Gamberini), Giu­seppe Bartoli, Giulio Ruffini, Giulio Avveduti, Sonia Micela. Accanto a queste personalità il museo spazia sui movimenti artistici in Italia del XX secolo: Pio Se­meghini, Giuseppe Novelli, Achille Funi, Arturo Martini; alcuni hanno esposto nel museo in mostre temporanee, lasciando loro opere: Virgilio Guidi (Testa tragica, Marina Spaziale), Remo Brindisi (Velleitario), Ernesto Treccani (Tre figure nel verde). Al bagnacavallese Enzo Morelli è dedicata una sezione speciale permanente, come alle sculture della collezione Dal Borgo (Giacomo Manzù, Tullio Figini, Giovanni Prini, Lello Scorzelli), con l'aggiunta di una testina di Medardo Rosso (Enfant juif). La Sezione Archeologica possiede reperti lapidei dalla necropoli romana; la Sezione scientifico-naturalistica documentazione su flora, fauna e ambienti della Romagna e una raccolta di minerali provenienti da tut­to il mondo; il Gabinetto delle stampe presenta firme prestigiose del passato (Dürer, Piranesi, Hogarth e Longhi) e di incisori contemporanei. La Biblioteca comunale «G. Taroni» possiede un patrimonio totale di circa 77.500 unità, com­preso un fondo antico di quasi 18.000 volumi tra cui 7 corali miniati.

  • Convento delle Cappuccine Bagnacavallo (RA)

    Ex convento delle suore Cappuccine di S. Girolamo che vi si stanziarono nel 1761 e qui rimasero fino al 1969. L’intero complesso, disposto armoniosamente attorno a un chiostro centrale, nel 1970 venne acquistato dal Comune di Bagnacavallo per allestire il Centro culturale Le Cappuccine, dove oggi convivono la Biblioteca, con annesso Fondo antico, l’Archivio storico, il Museo civico, il Gabinetto delle stampe antiche e moderne e la Sezione naturalistica.

  • S. Pietro in Sylvis Bagnacavallo (RA)

    Interessante chiesa in laterizi di tipo ravennate la cui costru­zione può collocarsi agli inizi del secolo VII. Restaurata nel 1932, ha una sempli­ce facciata con portale rettangolare sovrastato da una bifora con colonnina in marmo greco. Sul fianco sinistro, il campanile isolato è stato ricostruito in stile. L’interno, diviso in tre navate da pilastri senza base né capitelli e coperto da un soffitto a capriate moderno, conserva, all’inizio della navata destra, un affresco (Deposizione) del XV secolo; alla parete della navata sinistra, resti dell’antico ciborio; nel presbiterio sopraelevato sono il piccolo altare primitivo (VII secolo) e notevoli, sebbene lacunosi, affreschi (Redentore tra gli evangelisti, Apostoli e Cristo crocifisso tra la Madonna e S. Giovanni evangelista) eseguiti forse nel 1320­-25 da un maestro influenzato da Pietro da Rimini; altri brani di affreschi, non molto posteriori, sono leggibili anche sulle pareti delle navate e sui pilastri. Dalle estremità delle navate minori si accede alla Cripta, dove la mensa dell’altare in marmo greco poggia su colonnine in marmo corinzio.

  • Ecomuseo delle Erbe palustri Bagnacavallo (RA)

    L’Ecomuseo delle Erbe palustri tratta della complessità dell’ambiente vallivo, dei modi di vivere della sua gente, delle sue tradizioni e della sua economia rurale. Nell’area ver­de che circonda l’edificio (una ex scuola ristrutturata) sono presenti cinque ricostruzioni dei tradizionali capanni in canna palustre e un piccolo stagno che alimenta la vegetazione valliva utilizzata per le diverse lavorazioni. Il percorso museale illustra la lavorazione delle cinque principali erbe spontanee del cir­costante territorio palustre (canna, carice, giunco, giunco pungente, stiancia), dalla raccolta al manufatto.

  • Palazzo S. Giacomo Russi (RA)

    Eretto nel XVII secolo sui resti del castello di Raffanara (ruderi sul retro), fu residenza estiva della famiglia ravennate Rasponi; conserva in molte sale importanti affreschi di Cesare Pronti e Filippo Pasquali, mentre la cappella esterna, edificata nel 1757, venne ristrutturata da Cosimo Morelli.

  • Villa romana Russi (RA)

    A circa 1 km dall’abitato di Russi si trova l'area archeologica della Villa romana, risalente all’età augustea ma completamente ristrutturata all’inizio del II secolo; fu centro di una grande azienda, estesa ai limiti dell’area centuriata, i cui prodotti - agricoli e di alle­vamento - erano destinati soprattutto agli uomini della flotta romana stanziata a Ravenna. 
    Il suo declino coincise con l’allontanamento della flotta militare, ma vi contribuì anche il progressivo sconvolgimento dell’idrografia della bassa pianura. La villa fu parzialmente rioccupata quando la corte imperiale si trasferì a Ravenna (V e VI secolo) per poi essere definitivamente abbandonata. 
    Circondata da un portico esterno che fu parzialmente chiuso in epoca tarda, la villa è articolata in un quartiere residenziale con eleganti mosaici e in un quartiere rustico. 
    Il primo è costituito, nel nucleo principale, da un tablinum (stanza di soggiorno), affiancato da quattro piccole stanze; il quartiere notturno è composto da sei stanze distanziate dal tablinum. I pavimenti, per la maggior parte in mosaico bianco e nero, sono ben conservati e costituiscono un buon repertorio dei mosaici geometrici di questo periodo in Italia settentriona­le. 
    Negli anni 1989­-90 è stato rimesso in luce, sul lato est del cortile, l’impianto termale; era costituito da un ambiente riscaldato, con pavimento in marmo e mosaico, e una scala che consentiva l’accesso ad altre stanze sopraelevate dotate di suspensurae. Il quartiere produttivo, destinato alla lavorazione dei prodotti dei campi e all’abitazione degli addetti, si dispone attorno a un grande cortile con pilastri in mattoni. 
    A ovest si trova la probabile abitazione del fattore (procurator), anch’essa con pavimenti a mosaico, mentre sempre sul lato ovest del cortile si trovano una fornace per la ceramica, attualmente interrata, un ambiente con macine e una grande cucina con pozzo, focolare e canalette di scarico verso l’esterno. I materiali rinvenuti nella villa sono parte esposti al Museo nazionale di Ravenna e parte nella Rocca di Russi.

  • Museo di zoologia «La vita nelle acque» - Aquae Mundi Russi (RA)

    Allestito in un edificio di nuova costruzione, è un’espo­sizione a carattere scientifico, articolata in 5 sale, che spazia sui vari ambiti della biodiversità naturale espressa nell’universo acqua. Inizia con la collezione a secco di Crostacei da tutto il mondo, prosegue attraverso la collezione dei Molluschi marini (conchiglie), degli Echinodermi (stelle e ricci marini), dei Co­ralli tropicali e mediterranei. Grande risalto è dato ai Vertebrati che vivono in acqua: pesci marini e di acqua dolce, tropicali e nostrani, preparati a secco e ritoccati cromaticamente a mano. Di grande interesse la mostra dedicata agli squali conservati a secco e in liquido e la collezione delle bocche dei predatori. Completano l’esposizione le ricostruzioni di ambienti marini, salmastri e vallivi e una collezione di insetti.

  • Russi Russi (RA)

    A m 13, ab. 12.076, importante per la pro­duzione agricola e l’allevamento dei suini, come pure per il comparto industriale; ma è anche noto per avere restituito l’esempio più signifi­cativo in ambito regionale di villa romana. Sorge in un’area di antico popolamento, come testimoniato dai corredi tombali del secolo VI a.C. e dalla villa romana. L’origine del centro attuale è legata però alle lotte fra Ravennati (che costruirono nel secolo XI, lungo il corso medieva­le del Lamone, i castelli di Raffanara e di Cortina) e Faentini (che li distrussero nel 1234). Rimasta Ravenna senza difese a ovest, Guido da Polenta fece edificare nel 1371 il castello di Russi e gli conferì unità urbanistica, con una struttura viaria articolata in strade parallele alla principale. Sotto l’amministrazione pon­tificia le mura, persa ogni funzione difensiva, vennero adibite a conserve o alla lavorazione della seta, piuttosto diffusa fino al secolo XVIII. Dell’edilizia anteriore al XVII secolo poco è rimasto a causa delle guerre cinquecentesche e del terremoto del 1688, che ebbe il suo epicentro proprio fra Russi e Cotignola.

  • Museo civico Russi (RA)

    Nella Rocca trecentesca posta a lato del municipio (ne rimangono il maschio quadrangolare e due torrioni d’angolo), è allestito questo museo che raccoglie vari aspetti della memoria storica di Russi. Interessante soprattutto il Museo Archeologico con i reperti rinvenuti nella Villa romana. Sono esposti sia gli ultimi rinvenimenti portati alla luce nel 1998 (vasi di terracotta, un orecchino d’oro, monete, brocche di bronzo e scheletri di animali), sia pezzi ritrovati negli anni ’50 (mosaici, intonaci, laterizi ecc.). Altre collezioni riguardano opere e oggetti d’arte sacra, lavori di esponenti del Nove­cento (Silvio Gordini e Cino Cantimori), testimonianze di Luigi Carlo Farini e del ministro Alfredo Baccarini.

  • S. Apollinare Russi (RA)

    Riedificata nella seconda metà del secolo XVIII su progetto di Antonio Farini o di G.B. Campidori. L’interno, con pregevoli stucchi di Giuseppe Ballanti, conserva una cappella laterale resto della chiesa precedente del secolo XI; nel presbiterio, Sacra famiglia di Bernardo Guarini (1599); in sagrestia, Crocifissione, attribuita alla scuola di Melozzo da Forlì.

  • Pieve di S. Stefano Russi (RA)

    Precedente al 963 ma ristruttu­rata in età barocca e ripristinata dopo l’ultima guerra, conserva nella navata centrale pilastri rastremati e colonne in pietra con capitelli dell’antico impianto.

Ultimo aggiornamento 11/11/2022
SITO UFFICIALE DI INFORMAZIONE TURISTICA © 2024 Regione Emilia-Romagna | Assessorato Turismo e Commercio