L’Appennino Bolognese rappresenta una vera e propria scoperta sia dal punto di vista naturalistico che dal punto di vista culturale: uno scrigno di tradizioni e folklore.
Fino alla seconda metà del ‘900 le attività più remunerative in montagna e in campagna erano legate all’agricoltura e all’artigianato, oltre che alla silvicoltura e alla pastorizia. Queste attività sono state man mano abbandonate o comunque decisamente ridimensionate per importanza, assumendo contemporaneamente una grande importanza per lo studio della civiltà contadina. Attrezzi e oggetti di uso comune si sono trasformati in reperti da collezionare ed esporre: è soprattutto grazie alle raccolte private infatti che sono nati i musei etnografici dell’Appennino.
Questo itinerario vi propone tre musei perfetti per indagare a fondo la montagna, i suoi usi e costumi.
Il museo delle arti e dei mestieri Pietro Lazzarini si trova a Pianoro, a pochi km dalla città di Bologna. La collezione è composta da una raccolta di più di 1800 pezzi, tutti raccolti da Pietro Lazzarini, pianorese a cui il museo è stato poi dedicato. I reperti sono allestiti all’interno del fienile ottocentesco “Gualando”, raggruppati e allestiti per ricreare gli ambienti quotidiani e di lavoro (la stalla, i campi, il bosco) della civiltà contadina tipica delle valli del Savena, Idice e Sambro: gli utenti hanno così modo di entrare pienamente in contatto con la storia locale.
Nel corso del 2009 il Museo ha contribuito alle riprese del film di Giorgio Diritti "L'uomo che verrà", dedicato alla "strage di Marzabotto", prestando numerosi oggetti per la ricostruzione storica delle scene.
I contadini, come è facile ipotizzare, conducevano una vita molto semplice, se non addirittura povera, con una dieta poco variegata. Alcuni piatti però sono ancora oggi molto consumati e amati, come ad esempio la polenta: un tempo consumata da sola o con quella poca carne a disposizione, oggi regina delle sagre gastronomiche accompagnata da ragù, formaggi e umido di cacciagione.
Continuando il percorso lungo la Valle dell’Idice si raggiunge la piccola frazione di Piamaggio, a pochi km da Monghidoro. Qui è possibile visitare il Museo della civiltà contadina dell’Appennino Bolognese: l’allestimento ricalca in parte quello di una antica casa montanara, con la ricostruzione di una cucina arredata e alcuni ambienti di lavoro; tra i pezzi esposti si trova anche una pressa per la realizzazione del “treccino” (trecce di paglia utilizzate poi per la creazione di pedane, stuoie e canestri).
Completano l’esposizione la ricostruzione di una classe di scuola elementare, con banchi, lavagna, penne e calamai, e il modello (funzionante) in scala 1:3 di un mulino ad acqua. Il museo di Piamaggio ospita anche una sezione dedicata al tema dell’emigrazione, un fenomeno ricostruito tramite oggetti e testimonianze dal 1875 ad oggi.
Un piatto povero tipico della cucina contadina nella zona di Monghidoro sono gli “stianconi”. Si tratta di maltagliati di sfoglia piuttosto grandi e irregolari, conditi con l’”ajeda”, un pesto a base di aglio e noci. Oggi si possono ancora assaggiare in alcuni ristoranti, con condimenti più variegati e gustosi.
Spostandosi lungo l’Alta Valle del Reno si arriva a Poggiolforato, frazione del comune di Lizzano in Belvedere. Qui è possibile visitare il museo etnografico Giovanni Carpani, organizzato secondo un percorso di visita che prevede 4 sezioni: una dedicata alla castanicoltura, una all’artigianato (con un’attenzione particolare alla lavorazione del legno) e pastorizia, una alla religiosità e infine una alla tessitura.
La sala della castanicoltura sottolinea come questa attività fosse la più importante fonte di reddito per la maggior parte delle famiglie: i castagneti venivano curati in modo continuativo e le castagne raccolte potevano essere vendute, consumate o essiccate nei “casoni” per poi essere trasformate in farina. L’ultima sezione vede esposto un telaio, con relativi accessori, risalente al XIX secolo.
A pochi passi dal museo etnografico si trova anche la “casa-museo” Le Catinelle, un’autentica abitazione contadina con arredi originali in ogni stanza (cucina, camere da letto, stanza del telaio e cantina).
La montagna è tipicamente legata alla coltivazione delle castagne, che venivano utilizzate per molte preparazioni in cucina, sia dolci che salate. É ancora possibile assaggiare prodotti come frittelle di castagne, ciacci, patolle e il dolce castagnaccio in alcuni locali o presso gli stand gastronomici delle sagre.