Due giorni tra le terre della pianura bolognese alla scoperta dei numerosi palazzi e ville che sorgono in questi territori.
Costruzioni storiche appartenenti a epoche diverse che raccontano la storia delle civiltà e dei comuni che ancora le custodiscono.
Alcune ville sono private e non si possono attualmente visitare, ma ci sono altre dimore storiche che sono aperte al pubblico.
La prima tappa del nostro itinerario è il complesso di Villa Ronchi situato a Ronchi di Crevalcore.
È una grande residenza di campagna di proprietà dei Conti Caprara fino al 1821, composta da un palazzo padronale risalente al XVI secolo ed un’elegante chiesa settecentesca a pianta ellittica dedicata a San Matteo.
La Villa veniva utilizzata per ospitare i momenti di svago e gli amici della famiglia: nobili inglesi e olandesi, aristocratici francesi e spagnoli, uomini di Stato e personaggi dello spettacolo hanno qui preso parte alle battute di caccia e alle feste organizzate in loro onore.
Circondata da quattro ettari di parco, la Villa presenta un corpo principale, composto dall’imponente salone dei ricevimenti, e ali che sviluppano in lunghezza.
Il piano terreno custodisce la “zona caccia”, dove vi sono la sala “dei fucili”, la sala “della colazione” e la cantina.
Il porticato che collega le cucine con il giardino al livello del primo piano accoglie gli affreschi bucolici di Gianfilippo Usuellini. Più raccolto è il piano nobile, con gli appartamenti dei signori e dei domestici nell’ala ovest, e con gli alloggi degli ospiti nell’ala est.
A causa dei danni del terremoto, l’interno della villa è inagibile, ma si può visitare lo splendido parco che la circonda.
Qui si tengono molto frequentemente manifestazioni ed eventi di diverso genere, organizzati dall’Associazione “I Sempar in Baraca”, in collaborazione con l’Istituzione comunale Paolo Borsellino.
Da Crevalcore ci spostiamo verso Bentivoglio, che custodisce altre due dimore storiche: il Castello di Bentivoglio e Palazzo Rosso.
Il Castello di Bentivoglio venne fatto costruire tra il 1475 e il 1481 nell’allora località di Ponte Poledrano dalla nobile famiglia bolognese da cui prende il nome. Anche questa una dimora era utilizzata per ospitare i momenti di svago della famiglia e gli amici durante le battute di caccia e di pesca.
L'edificio ha le caratteristiche di una tipica dimora rinascimentale di campagna: pianta quadrata, accoglienti stanze con ampie finestre, grandi porticati, un vasto cortile, e le stalle.
Nel 1506, a seguito alla caduta dei Bentivoglio, il Castello passò in mano ai Pepoli, che ne rividero la pianta, fecendone una villa a due lati, aperta; sparirono mura e fossati, il castello divenne abitazione di famiglie bracciantili e le sue stanze divennero magazzini, ricoveri per animali e concerie per pelli.
Nel 1889 il nuovo proprietario, Carlo Alberto Pizzardi, incaricò Rubbiani per il restauro del castello. Nonostante il suo tentativo di ricostruire il castello come l’originale, l’intervento ha restituito un edificio di forte impronta ottocentesca. Durante le guerre mondiali il castello fu adibito a ospedale da campo e a sala cinematografica, ma nel 1945 subì la grave perdita della torre trecentesca.
Al suo interno, sono conservati splendidi affreschi cinquecenteschi e più recenti decorazioni in stile Æmilia Ars che raccontano la storia di questo luogo: nella suggestiva sala delle "Storie del Pane" è possibile ammirare gli affreschi che illustrano la vita agreste delle terre dei Bentivoglio, mentre nella cappella e in altre stanze si trovano decorazioni che richiamano la simbologia e la vita religiosa della Signoria Bolognese.
Il Castello ospita oggi i laboratori di ricerca dell'Istituto di Ricerca sul Cancro "Ramazzini" e viene utilizzato come sede di svariati eventi culturali organizzati dal Comune di Bentivoglio, tra cui il "Festival di musica da camera", in occasione del quale sono organizzate anche visite guidate.
La seconda dimora storica di Bentivoglio da non perdere è Palazzo Rosso.
Esso è uno degli esempi più noti della stagione Liberty bolognese. Venne fatto edificare nel 1887 dal Marchese Carlo Aberto Pizzardi come abitazione padronale.
L’edificio conserva le decorazioni raffiguranti scene di vita tipiche della zona palustre e decorazioni di ispirazioni naturale declinata con grazia e semplicità, realizzate da Achille Casanova su disegno di Augsto Sezanne.
Capolavoro di decorazione è la "Sala dello Zodiaco", realizzata tra il 1896 e il 1897 da Augusto Sezanne e utilizzata da Carlo Alberto Pizzardi come meridiana per la consultazione e l'interpretazione del cielo.
Considerata una delle migliori espressioni dell'Æmilia Ars, la sala presenta sul soffitto la raffigurazione dell'evoluzione terrestre e delle fasi lunari unite alla stilizzazione del Sole; alle pareti, partendo dall'alto verso il basso secondo una netta separazione tra tre diversi livelli, sono invece rappresentati i segni zodiacali, l'aria palustre tipica della zona con i suoi uccelli e l'acqua ricca di pesci e di vegetazione.
Oggi Palazzo Rosso ospita la Biblioteca Comunale, la Sala del Consiglio Comunale ed è luogo di attività culturali. La struttura è visitabile liberamente durante gli orari di apertura della Biblioteca Comunale.
L’itinerario prosegue a Casalecchio di Reno, dove si trova Palazzo Boschi-Rivani-Garagnani, oggi diventato Casa Museo Nena. All'interno del palazzo si percorre un viaggio emozionante in tre secoli di storia.
Il Palazzo presenta la tipica disposizione delle ville del bolognese, con loggia passante e sale laterali sia al pian terreno che al primo piano.
Al corpo centrale si affiancano due corpi laterali simmetrici, nonché un giardino all'italiana nel lato orientale. Presenta al suo interno un soffitto con decorazioni ottocentesche, un altare con paliotto di scagliola policroma, arte carpigiana del XVIII secolo, una Cappella dedicata al Sacro Cuore di Gesù e la loggia.
Le prime notizie riguardanti il Palazzo, appartenuto alla famiglia Boschi, risalgono alla fine del XVII secolo. Nei primi dell’Ottocento, insieme all'azienda agricola che lo circondava, diventa di proprietà della nobile famiglia dei Rivani.
Nel 1937, alla morte della nobildonna Angiolina Garagnani, vedova di Angelo Rivani, il palazzo passa in eredità al nipote Conte Vincenzo Garagnani, al quale si deve un ulteriore restauro dopo i danni causati dalla Seconda guerra mondiale. Dal matrimonio nascono due figlie, Maria Maddalena e Maria Letizia. È proprio dalla prima delle due figlie, soprannominata “Nena”, che la nuova Casa Museo prende il nome.
Il museo è un progetto nato al fine di riportare all’antico splendore il Palazzo, condividendo la bellezza di quadri, ceramiche, arredi e memorie conservati con cura.
L’itinerario si conclude nel territorio di Zola Predosa, a 12 km dal centro di Bologna, dove si trova Villa Edvige Garagnani.
Costruita nella seconda metà del ’700, la villa è un ottimo esempio di dimora borghese utilizzata per la villeggiatura.
Nel corso dell'Ottocento, per iniziativa dei Pancaldi, dei Giusti o dei Garagnani, che ne furono proprietari, l'edificio fu notevolmente ampliato. Al suo interno si trovano esempi di colonna libera, un elemento tipico della tradizione architettonica bolognese che conferisce respiro monumentale agli ambienti.
Meritano un’attenzione particolare le decorazioni che ancora oggi si conservano nella loggia passante orientale, dove il ricorso agli strumenti del trompe l'oeil apre le pareti su paesaggi illusori, e gli affreschi alla boschereccia, attribuiti al pittore Antonio Basoli.
Dal 1971 è di proprietà comunale. Recentemente ristrutturata, oggi ospita l’ufficio UIT dei colli bolognesi, impegnato nella valorizzazione del territorio. La villa è sede di eventi culturali, enogastronomici e musicali, di cui è un esempio "Zola Jazz & Wine", importante rassegna dove le espressioni del jazz si mescolano al profumo degli ottimi vini del territorio.